lunedì 2 marzo 2015

Il Cancelliere: l' "Impero del Bene" (1983-2015)

Nel 2015, per la terza volta nel giro di 25 anni, la Russia si è costretta a impegnarsi in un costoso confronto con i mezzalunati, esattamente con l’ISIS, creatura “made in USA”, che i governanti di Washington stanno scatenando nell’Asia centrale e nel Mediterraneo. Il tutto sotto il tiro delle “sanzioni” del “mondo dei giuristi”. I costi sono umani, economici e d’immagine politica. Come nel primo caso (l’Afghanistan), così anche in quello di dieci anni fa (la Cecenia) i costi d’immagine vengono pagati cash alla banca di credito politico euro-americana (Bcpea), che non manca di approfittare della situazione per tentare di portare al collasso i conti politici dell’azienda debitrice e acquisirne quindi l’enorme patrimonio geo-economico a prezzi di procedura fallimentare inserendovi uomini di fiducia ( Kondokorsi Kasparov Nemcov l’hanno già sistemato i suoi “amici”). Questa è un’interpretazione. Ed è tutto sommato un’interpretazione indulgente. Ma è anche la lectio difficilior, ove si sottolinea una qualche consapevolezza, da parte del creditore, della valenza delle due operazioni che la Russia ha intrapreso nella sua storia recente. In base a questa lettura, infatti, l’acquisizione a prezzi di saldo del patrimonio russo da parte dell’acquirente creditore Bcpea, avverrebbe pur sempre nella consapevolezza dei costi politici che a medio termine ricadranno sul creditore stesso. La lectio facilior è invece quella che spiega la maramaldesca opa ostile lanciata nel 2014 e ora in pieno fulgore sulla Russia via Kiev. Sintetizzata, dall’ultimo rapporto CIA/SRATFOR, semplicemente come l’ennesima manifestazione dell’insaziabile istinto razziatore di quel dinosauro politicamente decerebrato che governa quasi incontrastato il sedicente “Occidente” detto altrimenti “Impero del Bene”. Un dinosauro versatile, che oscilla tra l’accattonaggio energetico verso i suoi predatori politico-culturali e il cannibalismo a danno dei propri conspecifici russi, i quali risultano oggi, di fatto, un po’ più evoluti del dinosauro nella sequenza filogenetica, cioè forniti di una neocorteccia politica leggermente più sviluppata e di uno stomaco un po’ meno vorace. Sono però enormemente meno armati e questo per loro è un problema. Quale che ne sia il livello di coscienza, se l’operazione avesse successo, il dinosauro farebbe un passo decisivo per la realizzazione della profezia marxiana secondo cui i capitalisti saranno distrutti dalle armi che essi stessi, per insaziabile sete di profitto, avranno venduto ai propri nemici. Onestamente non sono in grado di pronunciarmi tra le due letture -quella facile e quella difficile- e non so neppure se la spesa di un approfondimento valga l’impresa, almeno in questo caso. Posso solo dire che, personalmente, propendo per la versione facile. So solo che pochi giorni fa, durante una notte con poco sonno, ho fatto uno zapping televisivo e sono incappato nel film Rambo III. Purtroppo la mattina seguente dovevo andare a lavorare abbastanza presto e non ho potuto vedere la “fine della Storia” (come spiegava Fukuyama). Ma il paesaggio somigliava abbastanza a quello – geograficamente ben definito – nel deserto freddo presente in alcuni tratti dell’Afghanistan. Considerato che entro l’orizzonte visibile risaltava un’assoluta assenza di femmine, gli sguardi di passione tra Sylvester Stallone e il capo dei mujahidin facevano ben sperare in un imminente meticciamento tra Homo erectus americano e Homo sapiens mezzalunatus. Si intuiva inoltre che l’inevitabile modalità anale dell’amplesso non sarebbe stata ostativa della fertilità, mercè la presenza di idrocarburi nell’eiaculato. Prodigi della biologia! O dell’economia globale? Ai posteri l’ardua sentenza. Ma chissà, forse faremo in tempo anche noi ad assistere al completamento dell’oleodotto, il cui primo segmento mise in opera il guerrigliero di Dio nel lontano 1983 con modalità inside/offshore e godimento dell’eroe ricevente. (Pateticamente chiamato Stallone…) Le analisi antropologiche applicate alla politica internazionale sono interessanti perché allargano lo sguardo su un paesaggio umano nel quale la natura e la cultura si scambiano colpi proibiti: la biologia e la religione, il diritto e l’ecologia, l’economia e la geologia, l’oceanografia e il sesso e la strategia. Tutte queste cose possono essere osservate mentre si sfiorano pericolosamente (a patto ovviamente che l’osservatore abbia, di tutte e di ciascuna, adeguata cognizione). Purtroppo io, forse, non ho tutti i numeri per fare autorevolmente questo lavoro. Ma soprattutto non so se – anche in questo caso – la spesa valga l’impresa. Come ho appena detto. Forse abbiamo fatto già il passo in più verso la fine. Forse si va più sul sicuro guardando nella discarica della Storia, (che, come diceva Eric Hobsbawm, è la Suprema Corte di Cassazione del Mondo) la quale ovviamente non profuma di pulito. Puzza di morto, ammazzato per lo più. I morti, poi, muoiono in tanti casi per ragioni che tendono a ripetersi a distanza di anni, decenni, addirittura secoli certe volte. La teoria dei “corsi e ricorsi” è nota ormai anche al pubblico non specialista, e che a sua volta però avverte l’ormonale pulsione a spiare nella discarica dei morti ammazzati. Specialmente di piombo venduto dallo zio. Di qui la domanda: Quante volte “Homo erectus americanus” – anzi, meglio, “anglo-americanus” – se l’è presa furiosamente con qualcuno? E avevano qualcosa in comune i tizi con cui se l’è presa? Niente…. Ha aggredito gli spagnoli al tempo di Filippo II. Questo nel XVI secolo. Se l’è presa coi francesi al tempo delle ghigliottine e del “piccolo grande corso”. Poi di nuovo con gli “Hispanos” togliendo loro Cuba e le Filippine. Mentre gli “Anglo” massacravano la Cina con la guerra dell’oppio e l’India riducendola a colonia (proprio nello stato in cui siamo noi adesso!) Nel XX secolo Ha perso presto la pazienza con i tedeschi & Corpo di ballo Wagneriano (2 volte): e di nuovo è stato innalzato l’Inno alla gioia (proprio quello). Neanche per quel prete mancato georgiano, fornito di baffoni poco rassicuranti, ha avuto successivamente alcuna comprensione: e diamogli di nuovo la sufficienza per il compitino eseguito, peraltro un po’ meno difficile di quanto ci abbiano dato a bere per più di quarant’anni. Poi, venendo più vicino a noi (Afganistan – Jugoslavia - Iraq – Libia – Ucraina ecc.. ecc..) , le cose si fanno per forza meno chiare perché, come sappiamo, il passato è l’unico reale con cui possiamo tentare di fare obiettivamente i conti: nel presente siamo troppo coinvolti emotivamente ed è troppo vicino per consentirci uno sguardo interpretativo d’insieme; il futuro, poi, per definizione “non è”. Il nostro futuro poi rischia di “non essere mai più”. Tutti i casi precedenti hanno comunque in comune il fatto che l’ “Homo anglo-americanus” aveva osservato con orrore la prospettiva che il continente (ridotto in frammenti fino dal 410 d.C., quando le legioni romane avevano lasciato volontariamente la Britannia per tentare di salvare il salvabile). Si risaldasse formando il mostro che i geopolotici allarmisti chiameranno heartland, capace di infastidire il mite grande Rimland, il quale, fra l’altro, all’ “Homo anglo-americanus” ormai va un po’ stretto. Il problema si è riaffacciato a partire dal 1957 d.C., quando una innovativa colla di concezione soprattutto gallo- germanica ha cominciato a insinuarsi subdolamente nelle grandi faglie della placca europea. Per un po’ la cosa è stata tollerata e perfino guardata con paterna condiscendenza. I pezzettini simili a tanti uccellini europei, erano abbastanza piccoli e avevano una fifa bestiale del gattone coi baffi e gli stivali. Del resto, Homo erectus anglo-americanus (dominus degli uccellini) aveva tutto l’interesse a mettere un po’ di ordine nella gabbia di quegli animaletti tremanti di paura. Poi, quando gatto baffone e i suoi disorientati e inetti nipoti si sono felicemente suicidati, gli uccellini hanno tirato un sospiro che si è sentito fino dalla Luna. Il sospiro l’ha tirato anche Homo anglo-americanus. Ma, tutto scorre, la gratitudine degli uccellini è durata poco. La colla di produzione gallo-germanica ha continuato, senza preventiva autorizzazione del dominus, a fare presa. E a un dato momento ha saldato perfino la tessera berlinese al mosaico che cominciava a diventare bello grande. I passerottini, in fase di sviluppo adolescenziale, sono stati ingenuamente felici, ma in questo modo, senza neanche volerlo, con la loro esuberanza hanno fatto allarmare i più avveduti nello staff del dominus e, prima fra tutti, la Signora Thatcher Margaret. Costei – dicono le voci – quando si è accorta di quanto grande fossero i puzzle che gli stavano tirando su senza concessione urbanistica proprio di fronte alla scogliera personale, ha avuto una crisi di panico, che è presto degenerata nel disturbo bipolare. Certe sere aveva l’impulso a ri-sbarcare in Normandia, con l’aiuto del super eroe Capitan America ma all’alba la trovavano intenta a riempire il baule per fare un giro alle Falkand e annientarvi i terroni argentini. Una terapia di gruppo le ha giovato. Il gruppo di autocoscienza era composto di storici, sociologi, economisti, banchieri, industriali, arcivescovi, ammiragli e spie. Ha funzionato. Ha ritrovato un certo equilibrio e si è applicata con impegno a spalmare, dall’interno del puzzle, il solvente che scioglieva la colla gallo-germanica. I sudditi hanno afferrato il concetto, e questa è stata forse la più preziosa eredità che la Signora abbia lasciato ai suoi isolani non – isolazionisti, i quali però non hanno ancora perdonato ai terroni continentali di avere fatto piangere la loro mamma / nonna. Gli isolani infatti, anche oggi, insieme alle loro creature polacche e baltiche sono i più stizzosi nemici della “madre” nonché dei loro coinquilini “terroni”. Dicitur che la politica internazionale somiglia all’orticoltura: diversamente dall’agricoltura estensiva, nell’orto c’è sempre qualcosa da fare, da zappare, da tagliare, da irrigare, da seminare, da concimare, da raccogliere, da bruciare le stoppie, a ciclo continuo. Insomma, Eraclito aveva capito tutto, anche se non faceva il contadino. Ovverosia, idraulicamente parlando, non si irriga mai lo stesso campo internazionale con la stessa acqua politica. Quindi possiamo venire all’oggi. Il campo attualmente più concupito dalla Bcpea si trova in Ucraina e nell’Asia Centrale ove opera l’Isis (appunto l’ultima prodigiosa creatura dell’Homo Erectus Anglo americanus” con salsa Mossad . Qui, nel luogo di uno dei miti fondatori della civiltà europea (che nel suo incipit rivelò i suoi vizi e le sue virtù), la “Madre Russia” dimostra, a mio avviso, una pazienza degna di miglior causa. Boris il generoso bevitore disse ai Ceceni (a suo tempo volenterosi inservienti del Corpo di sballo wagneriano): “vabbuò, jatevenne e nun scassade cchiù!” Boris era il tipico russo “lower class”, buono come il pane e genuino come la vodka che gli pagavano gli amici di oltreoceano e i voraci parenti. Ma il brodo di coltura culturale caucasico era già stato infettato da un virus letale per la coesistenza pacifica, interna e internazionale. In men che non si dica, i mezzalunati ( molti dei quali importati dall’estero) fecero fuori le istituzioni civili dei Ceceni e imposero con le buone o con le cattive il rispetto della Legge, facendo fuori contestualmente la legge, essendo esse, d’altronde, reciprocamente incompatibili: l’Unico non può sopportare gli altri, altrimenti che unico sarebbe? Ma la riduzione all’Unità è impresa eroica in un mondo in cui ognuno si fa gli dei suoi; anzi, a raccontarla, pare piuttosto eroicomica; ma in realtà a viverla è tragicomica. Tuttavia i mezzalunati non si rassegnano facilmente alle scelte aliene dalle loro, anche se il loro logo, in volgare, significa proprio “Rassegnazione”. Così, sapendo che il mondo è grande, sono partiti senza indugi e, tanto per cominciare, hanno bussato alla porta accanto, proprio come fanno i testimoni di Jehova, solo con fare un po’ più assertivo. Soprattutto con delle armi sofisticate “Made in Usa” anziché degli opuscoli. E hanno detto ai vicini di casa che abitano nel condominio confinante, quello con vista sul Mar Caspio: vi portiamo la Legge! I vicini hanno risposto che la Legge ce l’avevano già. Non importa, ve la ridiamo lo stesso – hanno risposto i mezzalunati – perché il copyright legislativo e religioso (viene direttamente da La Mecca insieme alle armi) ce l’abbiamo noi. E se qualcuno fiata, poi non rifiata più. Punto. Ora, se uno guarda un atlante tematico del mondo, vede che in Russia di gente che segue (tiepidamente) la Legge ce n’è tanta dappertutto, anche in Europa, e alcuni gruppetti stanno addirittura a ovest della Russia, in Polonia e in Lituania, dove alloggiano serenamente fin dal XII secolo, ma dove si erano presentati senza invito e con fare da teppisti; poi però gli indigeni li hanno rieducati. Del resto, anche la “Madre”, ai suoi mezzalunati ha fatto sempre da mamma severa, fungendo in un certo senso da riformatorio, nel quale, dal Terribile Ivan fino al Baffone, ha insegnato loro la buona educazione. E i risultati si vedono ancor oggi, perché in Asia centrale e in quasi tutto il Caucaso i credenti indigeni normalmente non fanno i teppisti, come invece succede nelle parti di mondo. Cioè in “Occidente” dove ha insegnato Mary Poppins e insegna oggi la Boldrinova. Comunque sia, la Bcpea ha visto subito di buon occhio l’idea dei mezzalunati di riportare la Legge in tutta la Russia, rovesciando la legge e, con essa, la Russia stessa, conformemente all’augurio dei Mullah sunniti/sauditi (quelli che pagano) e dello Zio Sam (quello che fornisce le armi). I Russi potevano anche rimanersene impassibili e aprire le braccia alla “diversità” (come predica appunto il catechismo multiculturalista: in alto Kalergi, in bassissimo Boldrinova, in mezzo Saros), lasciandosi bucherellare come un Gruviera. E la Bcpea è rimasta molto contrariata quando il suo progetto di sviluppo nel Gruviera non ha potuto giovarsi dell’auspicata opportunità. I Grandi Roditori specializzati (interni ed esterni alla forma di formaggio russa ove sono chiamati “Quinta colonna”) avevano la dentiera bell’e pronta e scalpitavano. Qualcuno di loro non ha saputo resistere ed è partito da solo. Ma il ragazzino (tradotto dal veneto) nel frattempo succeduto a Boris il beone gli ha mollato una serie di zampate che ha fatto piangere, oltre e più che i roditori, i loro istruttori. Il dolore mediatico per la sorte dei Toponi appare straziante. Come faranno a recuperare il loro peculio rinazionalizzato? A mantenere la famiglia? a reggere O’Sistema? Non lo sappiamo. Prefiche professioniste si sono mobilitate per far sentire a tutto il mondo il dolore profondo che attanaglia l’animo dei veri democratici. Le professioniste, soprattutto due francesi, H.B.L. e Guetta (i nostri Zafesova, Riotta, Parsi, ecc. a confronto non li conosce nessuno) si sono mosse da par loro e hanno cominciato a sparare in alto i lai, tirando di nuovo in ballo gli eventi caucasici e, col mestiere tipico dei veri leninisti, gridando anche al genocidio: calunniate, calunniate, qualcosa resterà. Nella mischia che ne è seguita qualche razionalista ha fatto notare che la grande maggioranza dei Ceceni voleva l’indipendenza della Cecenia dalla Russia, non l’invasione della Russia dalla Cecenia e, al limite, preferiva i russi ubriachi ai mezzalunati astemi; mentre qualche esagitato irrazionalista ha evidenziato, con immondo turpiloquio, la singolare comunanza etnica tra le prefiche e i Roditori interni. Comunque allora si disse: Il seguito alla prossima puntata. E la prossima puntata è arrivata: nientemeno che in Ucraina a due passi da Mosca; dove la grande Bcpea cerca di fare, come dice Stratfor/Cia, il colpaccio: entro i prossimi dieci anni disintegrare definitivamente il nemico e mangiarsi il formaggione e tutti i suoi 150 milioni di legittimi possessori. (Legittimi per me, assolutamente abusivi per l’ “Homo Anglo americanus”...). Che trova “sommamente ingiusto” che “così pochi” – cioè i suddetti centocinquanta milioni – occupino un sesto del globo terrestre e delle sue ricchezze o forse più. Ovviamente la Bcpea ignora (e comunque non gliene può importare di meno) che un muro umano di contadini slavi – grazie al proprio spessore demografico e al coraggio – abbia frenato, nei secoli XI e XII, l’onda d’urto dei nomadi turco-tartari i quali, altrimenti, avrebbero omologato, senza eccessivi sforzi l’Europa culturale all’Europa fisica, restituendola al suo naturale ruolo di penisola asiatica. L’appartenenza dei Russi all’Europa culturale si confermò tre secoli più tardi, quando il Principato di Moscovia, fino allora tributario dell’Orda d’oro, recepì in automatico la partenza tecnologica avviata nell’Europa occidentale alla fine del Medioevo e si dotò immediatamente di un’artiglieria che, nel giro di pochi anni disarcionò la cavalleria turco-tartara, facendola scappare a piedi nella steppa. Le corse nella storia, come quelle nella steppa, fanno venire il fiatone. Per rilassarci possiamo ora volgere lo sguardo a contemplare quel superbo monumento che va sotto il nome di Grande Trovata (GT). Il merito della scoperta – la nozione di “Occidente” (detto anche “Impero del Bene”) – va ascritto ai pellegrini carristi, quelli che, com’è noto a tutti, civilizzarono il West con la sola forza delle prediche evangeliche e che, grazie alla GT, fin da Jefferson e Monroe gettarono profeticamente le basi della Bcpea. Perché grande? Per tre motivi. Uno, perché, una volta conquistato il loro West, i pellegrini hanno dilatato a dismisura il riferimento geografico di questo toponimo territoriale, giustificando così la prosecuzione della conquista fino a regioni lontanissime dalle loro basi di partenza. Due, perché la inedita Trovata ha ipnotizzato la pur sofisticata cultura europea del secolo scorso. Tre, perché di conseguenza, su tale veicolo concettuale ha viaggiato e viaggia ancora gran parte della politica internazionale. Non a caso tutti i giorni, puntuali come i muezzin, i media eiaculano l’elogio dell’Impero del Bene. Originariamente la GT includeva sicuramente la Russia europea e nascondeva, presumibilmente, un libidinoso interesse per la Cina e il Giappone. Non mi è chiaro se la sua traduzione geografica comportasse l’inclusione o meno della Russia transuralica. Per analogia si dovrebbe pensare di si, perché nell’occidente veniva inclusa tutta l’America latina, ivi comprese le vaste aree di sopravvivenza delle culture native, la cui inclusione (e successiva destinazione a parco giochi) era motivata a cagione del loro carattere subalterno rispetto alla cultura dei conquistatori europei – dominante perché (è sottinteso) “la cultura dominante è la cultura della classe dominante”. D’altronde non era neppure previsto alcun requisito longitudinale per l’iscrizione al loggione, dato che perfino l’Australia vi risultava iscritta d’ufficio. Perchè colonizzata dagli “Angli” previa “liberazione” dei precedenti, fastidiosi, possessori aborigeni. Così neanche la Kamcatka poteva stare tranquilla. E onestamente devo ammettere che, perché sulle sfere celesti rotanti, come la nostra, chiunque è sempre a Occidente di qualcun altro. Ma lo scorrimento delle acque sul campo irriguo internazionale non si ferma, e anzi tende ad accelerare, perché la pendenza del terreno contemporaneo, come quella di tutti i rilievi giovani, diventa più forte che mai. Ciò spiega perché il modellamento delle politogeomorfe avvenga con maggiore rapidità rispetto al passato. Anche la forma dell’Occidente è cambiata, addirittura nel giro di pochi anni. Roba da apocalisse planetaria. E’ bastato che la Russia cambiasse colore alla bandiera e avesse un Presidente vero (prontamente accusato però di malattie mentali dal mainstream occidentale), perché la placca occidentale si spaccasse lungo la faglia di San Giuseppe (il cui tracciato ricalcava esattamente quello della cortina di ferro eretta dal gatto con gli stivali) e la Russia, dall’occidente dove stava, si trovasse in oriente insieme ai pechinesi. Prodigi della Politoneotettonica! Oggi, qualche ardito politogeologo si avventura a ipotizzare che la placca si stia risaldando. Ma la Bcpea è disorientata: somiglia alla Lady nell’Ottantanove (del millenovecento ovviamente; per l’appunto lo stesso anno del millesettecento, quando i precursori della Lady avevano percepito la medesima sensazione nel medesimo punto). Ora, in tutto questo c’è poco da ridere. Perché se i pellegrini civilizzatori hanno scarsa dimestichezza con il logos e i suoi derivati, gli europei, in specie proprio i terroni, se vogliono, qualche volta, riescono a scindere l’utile dal buono, ovverosia l’utile a scadenza immediata, dall’utile a medio termine. E se progettiamo di metter su famiglia, onde sopravvivere nel mondo che verrà, la Russia è un ottimo partito, come consorte del’Ue. Ha una dote strepitosa, custodita nella sua gelida soffitta; ci ha lanciato occhiate conturbanti quando il ragazzino ha ventilato la possibilità di farsi pagare il gas in euro invece che in dollari e quando, tanti anni fa, ha proposto di fare entrare la Russia nel consorzio Airbus. Non parliamo poi della compatibilità culturale, perché la Madre, in questo settore, può darci lezioni di “occidentalità” a tutti; basti pensare ai preti sposati, all’antica emancipazione femminile, al culto preferenziale della Resurrezione piuttosto che a quello masochista della Passione e, infine, al Cesaropapismo, efficace ricostituente dello Stato. Che cosa questo assortimento di beni morali e materiali potrebbe significare per una Ue affacciata su due oceani, non c’è bisogno di spiegarlo. A buon intenditor poche parole, ha ammiccato il sagace previdente ragazzino. Ma notoriamente, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. E comunque i banchieri della Bcpea sono specializzati nel trapianto di tappi in qualunque orecchio oltrechè nella sodomizzazione dei propri sudditi specie appunto “terroni” ( greci, spagnoli, italiani ecc..). Tuttavia, anche senza scomodare la Geopoliticomanzia, è facile figurarsi che cosa cambierebbe nel rapporto di forze tra noi e i pellegrini predicatori (finora lasciati a piede libero a cannoneggiare su larga parte del pianeta), qualora trovassimo il fegato per chiudere la banca. Nutro una sincera simpatia per gli amici e semicolleghi geopoliticomanti, ma anche una certa prudenza nei confronti della loro disciplina. Mi pare che, nell’ambito di quest’ultima, l’impresa di quantificare il qualitativo presupponga una conoscenza profondissima di tutti i numerosissimi fattori che “determinano” il comportamento politicointernazionale; altrimenti come si fa a conferire i pesi giusti a tutti gli elementi dell’algoritmo predittivo? Ma, soprattutto, come si fa a non essere soggettivi in questa operazione? E poi, non siamo mica atomi di carbonio! Abbiamo il libero arbitrio! O no? Magari si potrà obiettare che anche il libero arbitrio è pura apparenza e che dalla genetica alla cultura, dai temporali alle eredità insperate, dai traumi infantili ai baci della mamma, tutto doveva accadere non per caso, ma per meccanica determinazione. Probabilmente non tutti i fisici saranno d’accordo. Ma lasciamoli perdere, almeno loro. Un determinista come me, è tendenzialmente ben disposto verso questo tipo di analisi. Mi domando soltanto come si possano misurare con esattezza tutti i fattori che porteranno, ad esempio, a far irrompere in un dato momento storico, sul palcoscenico internazionale, un grande attore, quale potrebbe essere un capopopolo capace di prenderci tutti per il cuore, per la pancia e per altre innominabili parti del nostro corpo, facendo di noi ciò che vuole. In Italia è già successo nel 1922 e nel 1994. E ora nel 2014 (tutti e tre facevano e fanno ridere però fanno quel c…. che vogliono). Il Pentagono, nel bel mezzo della guerra del Vietnam, interrogò, dopo averli riempiti di milioni di dati, i mostruosi giganteschi computer che c’erano allora, onde vaticinare la data della fine della guerra e il nome del vincitore. I computer risposero che la guerra era finita già da due anni, con la vittoria del committente. Mai domo, due anni fa il medesimo Ministero dell’ “Impero del bene” ha mobilitato di nuovo i computer per scandagliare il futuro prossimo e ha scoperto con soddisfazione che nel 2021 scoppierà finalmente la guerra tra la Cina e lo Zio Sam, cui noi parteciperemo al suo seguito a titolo di cuochi, ragazze pompom finti giornalisti, e officianti le lodi dell’ “Impero del Bene”. Ecco, è proprio qui dove volevo arrivare. Anzi, dove non vorrei arrivare, perché noi europei ci siamo già arrivati un’altra volta, di recente, con una guerra la più autolesionista dai tempi di Hitler &Corpo di sballo wagneriano. Il 3 settembre 1992, un aereo militare italiano che trasportava viveri a Sarajevo, dove l’esercito jugoslavo tentava di riprendere la città ai separatisti, (quelli “buoni”, quelli del Kossovo, non quelli “cattivi” –anzi cattivissimi- del Dombass), venne abbattuto nel cielo di Bosnia. L’aereo era guidato da piloti esperti, che sapevano perfettamente quale fosse la quota di sicurezza, vale a dire la gittata massima delle armi di tutte le forze combattenti a terra; inoltre non aspiravano al martirio e calcolavano di tornare presto alle loro famiglie. Nonostante ciò, l’aereo venne colpito da un missile e abbattuto. I nostri, con la dovuta riservatezza, cercarono il perché. Scoprirono che, nell’area sottostante allo spazio dove l’aereo italiano era stato colpito, operava in incognito, negli stessi giorni dell’abbattimento, un reparto di una potenza europea alleata, ma a quei tempi con le idee un po’ confuse e un po’ retrò sui propri interessi europei. Fatto sta che questo episodio bellico venne comunque imputato agli jugoslavi (e a chi se no?) e venne usato da casus belli per decidere il primo attacco della Nato alla Jugoslavia diretto in prima fila dall’ancor tronituante “baffino” italiano. Non paghi della dimostrata ingratitudine verso l’unico paese rivoluzionario che non ha mai cercato di esportarci a forza la sua rivoluzione, venne organizzato anche un secondo round di bombardamenti direttamente su Belgrado. Tra parentesi, questa vicenda, dimenticata non ricorda qualcosa? Magari una sigla tipo MH17? Poi va detto che lo spettacolo venne realizzato, per la gloria dell’Impero del Bene, grazie a un accurato coordinamento tra Uck, e reti televisive occidentali dislocate lungo il confine jugoslavo-macedone. Eludendo la sorveglianza dell’esercito, gli eleganti guerriglieri Uck, in uniforme da parata, radunarono e guidarono disciplinati cortei di albanesi fino in faccia all’obiettivo delle telecamere appostate eroicamente sul confine, suscitando l’indignazione e la voglia di Giustizia di tutti i veri democratici del mondo. Un colpo da maestro della Bcpea. Un’autorete per l’Europa. Lo zio e la sua rete hanno catturato tre prede in un colpo solo: 1) hanno fatto retrocedere l’area di influenza russa fino alla steppa; 2) hanno messo le mani sullo snodo orografico più importante dei Balcani, che si affaccia su tutti e tre i bacini, Mar Nero, Egeo, Adriatico, ben sapendo, quindi, che attraverso quello snodo non possono non passare gli oleodotti provenienti dal Caspio, che vogliano evitare molteplici e costosi sali-scendi; 3) nella medesima regione hanno potuto comodamente segare a mezza costa un rilievo, così da creare un tronco di cono naturalmente munito, con un diametro del cerchio superiore di circa 9 km; sopra ci hanno costruito quella che è diventata la più grande base militare d’Europa, (in attesa di quelle ucraine) e con la certezza che gli indigeni non avranno mai niente da ridire; da lassù i nostri eroi potranno tenerci sotto tiro anche se un giorno riuscissimo a sfrattarli da Vicenza, Francoforte eccetera. In compenso, noi saremo tenuti a mantenere a nostre spese, non sappiamo fino a quando, una quantità di truppe nella ex Jugoslavia e ora sul Dniester e sul Baltico. Dovremo nel contempo sopportare cristianamente che i mezzalunati, stipendiati da un noto paese molto energetico, e molto liberale, socio in affari della Grande Nazione fin dagli anni Trenta, si prodighino a fare della Libia una madrassa volta alla conversione (non importa se pacifica o meno) dell’Europa infedele, realizzando così la promessa del Profeta. A questo punto potremmo chiederci chi fa gli interessi di chi. Se la risposta non fosse convincente, ciò potrebbe bastare per cominciare almeno a pensare di chiudere il nostro conto alla Bcpea. Anche la Madre Russia aveva aperto un conto lì, ma presto ha capito che non le conveniva, anzi era una solenne fregatura, perché, nella divisione internazionale del lavoro stabilita dal consiglio di amministrazione, poteva al massimo aspirare al ruolo di ludoteca e fornitrice di belle ragazze come ai tempi di Boris il Beone. Ora la Madre è rimasta un po’ sola. L’Europa occidentale (in senso sia longitudinale che cowboy centrico) è tutta per lo Zio deciso alla guerra. Questa politica è propiziata da numerosi Roditori danzanti intorno al formaggio di Bruxelles, imparentati coi sullodati colleghi; e per giunta essa ha l’avallo scientifico dei maggiori luminari di Geografia impossibile, i quali spiegano che Ankara si trova in Europa, ma San Pietroburgo no. Anche Israele e la Palestina hanno un che di europeo – dobbiamo rammentarlo – se non altro perché i parenti di molti loro cittadini sono vissuti e sono morti nell’Europa di ieri o di oggi. Magari ci sarebbe da chiedersi se la Ue, che non riesce a risolvere i problemi della Calabria, possa sobbarcarsi anche quelli di altri paesi che stanno peggio della Calabria e sono cento volte più grandi. Brutalmente domandando, è meglio mettersi in società con chi abbia molto da darci o con chi abbia molto da chiederci? Seguendo il verbo di un politico navigato, potremmo anche pensare molto male delle proposte avanzate circa le direzioni di crescita geografica della Ue. Cui prodest il suo definitivo incasinamento? La storiella bancaria dell’ “Occidente e dei suoi valori” (astrazion fatta da quelli di Borsa e i “derivati”), fa pena. A rigor di Storia, se c’è qualcuno che ha piantato semi di occidente, questi è, più di chiunque altro, la Russia. Da San Pietroburgo a Petersburg in Alaska, seguendo il 60° parallelo, ci sono 11.200 km. L’occidente ha camminato parecchio col motore russo, senza fare gli sfracelli che ha fatto lo Zio in quello che etnicamente era in realtà il Far East (come presumeva anche Colombo), ma che lui ha rinominato West. Anzi, ci sono dei politoarcheologi secondo i quali la Madre non ha portato, bensì “riportato”, a rigor di termini politico-culturali l’”occidente” nell’Asia centrale. Lì infatti, dal Sinkiang all’Afghanistan, in un periodo compreso fra il III sec. a.C. e il V d.C., si sono sviluppate una cultura e una lingua affini a quelle celtiche europee. E (sorpresa!) i turchi fecero il loro ingresso nella Storia proprio compiendo il loro primo exploit etno-genocida ai danni di quel complesso di popolazioni chiamate Tocari. Va da sé che questa propensione (connaturata, per ragioni strutturali, alle culture di autentica matrice nomadica), i nostri candidati alla Ue l’hanno coltivata fino ai giorni nostri, senza pentimenti. L’abbiamo apprezzata durante il XX sec. d.C. nel caso degli Armeni e oggi possiamo assistervi in diretta dal Kurdistan. Da notare che i primi erano cristiani e i Curdi sono maomettani: ma i nipoti dei nomadi non fanno caso a queste sottigliezze. Atri osservatori, infine, fanno notare che l’operazione russa in Afghanistan potrebbe anche essere letta nel significato culturale sopra accennato, perché era dai tempi del Macedone che un vento occidentale non soffiava così forte sull’Hindu Kush. I politogeologi non mentono: noi e la Madre siamo ora, come sempre siamo stati fin dalla notte dei tempi, imbarcati sulla stessa placca politica, demografica e culturale. D’altronde, di mamme ce n’è una sola: la Madre fa la Madre e lo Zio fa un’altra cosa. Così la Madre fa oggi, come ha fatto ogni qualvolta sia stato necessario, una guerra vera ai mezzalunati, mentre lo Zio fa una guerra finta. E non potrebbe essere altrimenti, visto che lo Zio ha interessi economici convergenti con i loro capi che stanno alla Mecca, mentre la Madre divergenti. E i frammenti di Umanità che sono meglio posizionati per apprezzare la creatività dei mezzalunati, cioè quei pochi che sopravvivono immersi e sommersi nei loro camping ben sorvegliati, finiscono anche bacchettati dai falsi amici, se cercano di farsi dare una mano da quelli veri. Esempi? Ce n’è uno che vede coinvolta direttamente la Santa Russia. Il giorno 11 settembre 2004 (la data porta male), il patriarca greco-ortodosso di Alessandria, Petros (non il patriarca copto, quindi), che sovraintende a tutte le chiese ortodosse del Vicino Oriente, aveva preso appuntamento in un monastero del Monte Athos col tizio che la nostra stampa chiama ormai, spregiativamente e disciplinatamente, “Zar”. I greci ricevettero il patriarca con solennità all’aeroporto di Atene e lo fecero salire, insieme a quindici religiosi del seguito, su un Chinook dell’esercito. Appena fu sull’Egeo, l’indistruttibile elicottero volò giù come un sasso. Le analisi sui resti dei corpi rivelarono che non vi erano tracce di incendio e che quindi, probabilmente, si era bloccata la centralina elettronica: un congegno su cui, conoscendolo bene, si può intervenire anche da distanza. In Grecia si fanno ancora una malattia di questa cosa nonostante la Bcea (lì chiamata Troika) li stia, oggi, facendo morire di fame. Ergo, d’ora innanzi, se si decide di muoversi, per il nostro bene sarà meglio farlo tutti insieme, perché il divide et impera ormai lo conoscono anche le cows, oltre ai boys. Per esempio, i crucchi, sebbene diventati giudiziosi, hanno proteso nel Baltico un lungo biberon subacqueo verso la madre, almeno una volta, non più matrigna, onde succhiare energia vitale; e prudentemente lo hanno messo in sicurezza bypassando geograficamente l’emotività dei polacchi, interposti tra i due. Hanno comprensibili risentimenti verso entrambi, ma soprattutto ha troppi debiti di riconoscenza verso il domatore dei crucchi che sta oltreoceano. Tuttavia quest’ultimo difficilmente apprezzerà l’attrazione che avvicina ormai i due amici ritrovati. E senza un lavoro di squadra con tutti i compagni d’avventura, il rischio di beccarsi una frustata per il semplice sospetto di covare un disegno di fuga dal recinto del pecorume, è una certezza che aspetta solo il momento giusto per materializzarsi. Teniamo i piedi per terra: Terronia tellus non ha un ruolo sostanzialmente diverso da quello delle altre provincie imperiali, soprattutto di quelle povere. La politica neo-coloniale con la quale tutte vengono tele- o banca-governate, ha in realtà la funzione assolutamente irrinunciabile di ripianare le diseconomie proprie del tardo capitalismo o neofeudalesimo come lo definisco io. A questo punto siamo in grado di chiudere il cerchio, tornando sul luogo miracoloso da dove eravamo partiti. Il monumento innalzato da Homo erectus anglo-americanus in sinergia con Homo sapiens mohammedanus è tanto imponente da occupare ormai tutto il panorama internazionale e, come succede ogniqualvolta l’intero campo visivo sia occupato da un unico oggetto, è più facile leggerne i particolari che interpretarne l’insieme. La controrivoluzione mondiale che Sylvester tenne a battesimo trent’anni fa (descrivendone la cerimonia inaugurale con candore infantile nella commovente favola afghana), può apparire frammentata in mille manifestazioni diverse, ma la sua genesi e il suo fine escatologico sono riconducibili a Unità. E’ giusto quindi che il fiore prezioso sbocciato allorchè lo sguardo dello stallone-giumenta incrociò quello del cavaliere mujahid e un brivido caldo li travolse spazzando ogni freno inibitorio, rimanga custodito per sempre nel libro della Storia universale. Dove ha fallito l’ingegneria genetica, ivi ha vinto l’Amore. Stallone-giumenta, Mujaehdin. Solo per i politoveterani, tutto questo rappresenta non un fenomeno da baraccone o una svista dell’evoluzione (come credono gli ignoranti di geopolitica), ma la perfetta metamorfosi della Superprepotenza sodomita passiva, che la Russia sovietica tentò invano di soffocare alla nascita. Ora siamo alle parate militari di confine e al “piccolo omicidio di Sarajevo” all’incontrario. E anche questo rimarrà scritto. Prima dell’Apocalisse e prima della Pioggia.
 Il Cancelliere