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Il giornale di Travaglio scrive come ai tempi dell'avversione verso il Pd. Ha sempre pensato che quella fosse l'unica strada per mantenere in vita un "non" partito, contro tutto e tutti. Nella versione governativa si è fatto conoscere in tanti aspetti e protagonisti, spesso caduti nella facile ironia. Era strutturato come oppositore, aspetto più facile ed eseguibile dai tanti scappati di casa, senza lavoro. Se pensiamo che il leader di governo era Di Maio, diventa più facile. Anche la scelta (disperata) dell'avvocato di Volturara, dimostra la mancanza di una classe dirigente. Essere arrivati a catturare oltre il 30% degli elettori, significa però che i cittadini scontenti sono una fetta gigantesca. Lo stesso problema lo sta affrontando Fratelli d'Italia, allenati nei ghetti dell'opposizione, mai nei campi del potere. Intanto la crisi del Pd viene a galla, nonostante i tentativi della propaganda di nascondere la Elly, sotto il tappeto arcobaleno. I consiglieri campani sconfessano la segretaria a tempo. In ballo c'è la regione finora (realisticamente) rappresentata da De Luca. Il De Filippo della politica meridionale. Lui vuole il terzo mandato che (forse) non permetterebbe l'ennesima sconfitta. Questo però crea polemiche nei confronti degli altri candidati. Pensate a Bonaccini, costretto ad emigrare nella sicura Europa. Anche per gli altri partiti il terzo mandato sarebbe, alle volte, utile. E noi perdiamo, cantano al Nazareno. Il 5 di novembre, un martedì che si paventa nero per tutti i democratici di questo mondo, avremo la soluzione almeno delle due guerre su procura degli States. Due candidati che denotano la debolezza degli ex padroni del mondo. Eppure chi vince prende tutto quello che è rimasto. Noi siamo nei resti. massimo lugaresi