sabato 1 giugno 2019

Il Gattopardo

È proprio vero. Il popolo più conservatore della terra è quello italiano. Ne è la riprova il risultato delle elezioni della settimana scorsa. Sembrava di ritornare ai tempi gloriosi del Partito Comunista, quando era sindaco di Rimini Walter Ceccaroni e Veniero Accreman era parlamentare, quando la Democrazia Cristiana vedeva rifulgere personaggi come Giuseppe Babbi, Zannini, Gino Mattarelli, Della Biancia e Pippo Gemmani e i bagnini erano appannaggio dei Repubblicani. Insomma, un sistema perfettamente in equilibrio tra pesi e contrappesi. I “ciellini”, con Sanese in testa, sbraitavano contro il Comunismo e portavano sulle bandiere Solidarnosc, per poi spartirsi la fiera di Rimini. Ai comunisti andavano i Comuni nei quali erano rossi anche i gatti e ai “culi gialli” spettavano l’azienda di soggiorno e la Cassa di Risparmio. Quest’ultima rappresentava uno status symbol, come si può capire dalle parole pronunciate da Andreotti all’allora presidente della Cassa di Risparmio (defunta assieme ai risparmi di tanti azionisti) prof. Franco Montebelli: “Caro Franco, la presidenza della Cassa è come e più del Sindaco di Rimini”. Tangentopoli, la fine del C.A.F., il maggioritario, la seconda Repubblica, sembravano avessero cancellato per sempre questo retaggio del passato. Sembrava che finalmente gli italiani si fossero affrancati dal vizio tutto italico di accontentarsi dell’uovo oggi invece che della gallina domani. Insomma, che il detto di Aldo Moro “Avanti adagio, quasi indietro”, fosse solo un ricordo. E invece no. Un’analisi del voto di domenica conferma che il “gattopardismo italico-riminese” è tutt’altro che morto. Buoni a sbraitare e mostrare manette e cappi al bar, quando è nel segreto dell’urna, il riminese non vuole rinunciare alla pacca sulla spalla di Sindy, a una bella piada con i sardoni a prezzo politico nel Borgo Circus, a chiedere 100 euro per organizzare la Sagra del lupino. Di colpo, tutti ritorniamo conservatori. “T’an sare’ miga mat! Mei piutost, che gnint.” Ed allora se la Lega arriva al 35% (chi troppo in alto sale cade sovente precipitevolissimevolmente), niente paura, il Partitone tiene anche se un po’ flette. In un modo o nell’altro il Partito non dimentica i suoi figli e un incarico, un posto in un ente amico, una consulenza, una presidenza, un assessorato… non si nega a nessuno. Questo è successo domenica. Il risultato delle europee vede il governo (Lega e 5 Stelle) ottenere la maggioranza dei voti, mentre nei Comuni il Pd (più o meno mascherato da lista civica con l’appoggio della Curia, per la quale è meglio trattare con chi si conosce, cioè gli ex scomunicati favorevoli all’aborto, al divorzio, alle unioni gay e di fatto… piuttosto che fare un salto nel buio) vince. Insomma, meglio la Alice Parma nel Paese delle meraviglie di Santarcangelo dei Teatri, di Amazon e delle varianti ad hoc, delle Coop, benedette dai poteri forti locali, che stare vicino al piccolo ceto medio moderato, abbindolato ancora una volta dallo spauracchio comunista al contrario e dalla parrocchiale carità pelosa, dimenticando la spaventosa disoccupazione giovanile e la precarietà del lavoro. La conferma di Morelli a S. Giovanni in Marignano, dove né lo scempio del compartone, né la fusione con Cattolica, né i ritardi sulla gestione delle aree di espansione produttive, né gli appelli accorati della avvocata Montanari, che pensava che le suore avrebbero seguito i suoi consigli a non votare Morelli, sono stati sufficienti a far pensare e riflettere i “paesani”. Ipnotizzati ancora una volta dal motto “Calma e… Gessi”, si sono fatti abbindolare e hanno votato non secondo coscienza, ma secondo il Partito: noi siamo qui e ci saremo sempre, con la camicia di altro colore, ma sempre qui con voi e sempre noi, immutabili, fermi e inossidabili come le mura del Cremlino. Come per il referendum tra repubblica e monarchia, scegliere la prima rappresentava un salto nel buio, così i Misanesi hanno preferito scegliere lo scudiero Piccioni anziché l’imprenditore Claudio Cecchetto, il quale avrebbe sicuramente avuto una vision più moderna e competitiva sia sull’autodromo che sul turismo, trascurando gli insediamenti di nuovi supermercati. Quindi dopo l’ex socialista Stefano Giannini, un vero esperto nel settore dell’acqua di Ridracoli (insieme al suo amico, il granitico bersaniano Tonino Bernabè in Petitti), Misano si dovrà accontentare di Fabrizio Piccioni… Cecchetto avrebbe volato troppo in alto. Solo a Bellaria al PD è fallita l’operazione di restaurazione e Bucci è rimasto a casa, nonostante l’alacre lavoro sul territorio di re Nando Fabbri e della CNA… e tre ! Sembra proprio che il Gattopardo sia stato scritto qui in riviera. Con i dati attuali, con una pacca sulle spalle ai bagnini, una sfilata degli alpini agli albergatori, un po’ più di Conad, un po’ di ruota, un po’ di colore rosso sulle ciclabili e un po’ di spritz, il successore di Niassi XIV lo Splendente non dovrebbe avere problemi e tutto rimarrà in mano a “zio” Melucci e al Partitone. E i Riminesi faranno la fine del “buon Selvaggio”, quando i Conquistadores regalavano loro perline, vetrini colorati e sveglie da appendere al collo e anelli da mettere al naso. Con qualche “patacata” dimenticheranno il mare di debiti accumulati in questi 10 anni di regno dal Signore del Borgo (il suo) e i problemi rimasti irrisolti (“pacco” del mare, tubone di piazzale Kennedy che non sappiamo se eviterà la “Basta merda in mare”, colonie, questura, grande viabilità, mercato coperto, commercio). Forse saremo così fortunati da essere comandati da un suo degno successore quale novello Pizarro ora capo dei “pizzardoni” e dal cognome impronunciabile per i più (si preferisce infatti chiamarlo Jamil). 
 Don Camillo