mercoledì 19 giugno 2019

Suona il campanello.

Driiiiin, driiin, ore 4,30 di domenica 29 gennaio 1993. Ero in casa con mio figlio, allora aveva 21 anni, mia moglie e l'altro figlio erano in gita con il Circolo Tennis di Viserba. Apro. Entrano quattro poliziotti, in borghese, che mi consegnano un avviso di..galera per ragioni che non riuscì a comprendere alla prima lettura. Telefono all'amico (avvocato) che mi spiega sommariamente come stanno le cose. Mi portano alla Dozza di Bologna. Ho capito dopo le ragioni della malvagità. I quattro agenti che conoscevo come soci di cooperative a cui avevo assegnato le case nel peep, sono stati gentilissimi. Li ringrazierò sempre. Il passaggio da libero cittadino ad incarcerato in attesa di giudizio, senza sapere perchè, è traumatico. Lo dovrebbero provare i tanti magistrati che bramano per le loro ed altrui poltrone. Il procuratore che richiese il mio arresto non lo nomino, dicono sia ancora in servizio. Ho sognato per anni un incontro (solitario) in una stanza chiusa. Ho perso la speranza. La cattiveria della mia carcerazione per una testimonianzaun boss come persona informata, che il procuratore tramutò in bugiarda, conteneva anche l'assurdo giuridico del "nemo tenetur se detegere". Con l'aggravante che la domenica non puoi ricevere nessuno in carcere. Ho cercato, lo giuro, un appiglio in alto, per finirla li. Non auguro a nessuno di provare la tortura dell'ingresso in un carcere senza commettere reati. Il lunedi mi misero in stanza con un giovane che mi fece da tutore per resistere. Era accusato di commercio d'armi... pesanti. Un giovane boss. Ci siamo scambiati gli auguri per alcuni anni. Poi silenzio. Era calmissimo e mi diede le prime istruzioni per sopravvivere. Ho imparato a farmi la barba riscaldando l'acqua sul termosifone. Nell'ora d'aria lo dovevo seguire e non parlare con nessuno. Una lezione di vita che forse pensavano mi mancasse. Arrivo al lieto finale. Mercoledi finalmente Incontro un giudice (vero) che per la prima volta mi interroga alla presenza degli avvocati. Credetemi: i due (famosi) difensori non hanno aperto (quasi) bocca. Mi sono difeso da solo. Il giudice dopo avere ascoltato la mia istintiva arringa diede l'incarico al cancelliere, vecchio amico dello sport, di sbrigare tutte le pratiche per la mia immediata scarcerazione. Mi strinse la mano, mi chiese scusa. Perchè l'ho raccontata? Non lo so, dovevo farlo prima o poi. 
PS Per anni il rumore dei passi sulla scala esterna, ha turbato le mie notti.
M.Lugaresi