lunedì 4 novembre 2019

L'Umbria è Vicina

Ormai anche gli ex komunisti vanno a messa, anzi sono proprio quelli che occupano le prime panche. Sono accolti con larghi sorrisi dai sacerdoti, che si prodigano non poco per salvare le pecorelle smarrite. Loro, le pecorelle, magari tirano ogni tanto qualche bestemmia, ma se lo fanno, lo fanno bonariamente, con il sorriso e quel buonumore romagnolo che, per esempio, aleggia da sempre al di là del ponte di Tiberio, il punto più romagnolo del mondo, quel puntino sull’Adriatico che tutto il mondo ci invidia…persino Friburgo. Orbene, qualche anno fa, per recuperare le pecorelle smarrite, l’”Associazione riminese dei preti democratici” mi chiese di celebrare una Messa per i politici locali. Era un’occasione per rivedere il mare e per assaporare semplicemente, nudamente e crudamente, una bella piada con i sardoni con la fresca cipolla alla Alice di Santarcangelo. Ironia della sorte, il Vangelo di quel giorno era quello di MATTEO: “E Pietro prese a dire a Gesù: Signore, è bene che stiamo qui; se vuoi farò tre tende, una per Te, una per Mosè ed una per Elia”. Quelle parole un po’ equivocate avevano toccato il cuore dei presenti. Tra uno sbadiglio e l’altro il signore di Rimining, Niassi XIV lo splendente, ebbe un sussulto: dobbiamo iniziare un’opera di dehorizzazione di Rimining… Dio lo vuole e enca me! Lo Splendente giustificò l’operazione descrivendola come la costruzione di un ponte (ponti e passerelle sono da sempre un suo pallino) tra il puntino sull’Adriatico (Rimining) e la quarta sponda del Mediterraneo. Lì, nei deserti all’ombra dei palmizi da Mille e una Notte, le popolazioni locali sono use ricevere gli ospiti ed offrire loro tè e datteri, seduti sotto tende sontuose adorne di ricchi tappeti persiani. Una vera e propria operazione interculturale da premio Nobel… almeno. Per l’operazione risultò il più adatto il fido ciambellano di corte Jamil, il quale dopo aver fatto sloggiare le centenarie e misere tende degli ambulanti da piazza Malatesta, che impedivano al ciacare (i dialoghi) della Rocca con il Teatro, convocò un tavolo di lavoro condiviso per stendere il Regolamento dei Dehors. L’operazione filava liscia come l’olio, i tendoni fiorivano come rose del deserto. Vennero installati persino tendoni da circo sotto i quali fare esibire importanti chef stellati. Il tutto in perfetta sintonia e letizia. Però un giorno la sovrintendenza locale, dopo avere concesso di bucherellare le antiche mura del Porto antico, autorizzato la costruzione di una nuda e cruda passerella nell’invaso del Ponte del BORGO FORTUNATO e chiuso un occhio sulla perforazione di un muro del Museo Fellini (ex Castel Sismondo), aveva avuto l’ardire di sentenziare che i Dehors sono “strutture temporanee” soggette ad autorizzazione rinnovabile e che dovevano essere smontate una volta all’anno. ANATEMA SU DI LORO! Il Signore di Rimining precettò tutte le associazioni di categoria, i sindacati, i presidenti beneficiati dei vari incarichi, i partiti, le fondazioni, gli amici, le genti dei borghi, i parenti tutti e persino QUI QUO QUA ad insorgere contro l’iniquo provvedimento. Si stava preparando la più grande battaglia politico-legale degli ultimi 50 anni. Uffici e funzionari comunali erano in allerta rossa e Jamil imperversava con dichiarazioni ed interviste sulle amiche testate locali di giornali, radio, tv. La guerra santa a suon di carte bollate era pronta. Di fronte a tale potenza di fuoco le Belle Arti non poterono fare che un rapido dietro front. Cari fratelli, vedeste mai tale prontezza di reazione, ma soprattutto vedeste mai aprirsi una discussione così fervente attorno ad altre decisioni che interessarono il governo del territorio di Rimining? Per esempio in merito al nuovo piano del traffico, i soggetti intervenuti in difesa delle disposizioni del Princeps, mostrarono mai tale determinazione? Forse un timido intervento si ebbe da Indino, ma fu il canto del cigno prima di essere incaricato alla presidenza del CAR. Guai a contraddire lo Splendente: addio incarichi, prebende ed avanzamenti di carriera… La Curia benedice e prega, ma forse l’Umbria è sempre più vicina. 
 Don Camillo