martedì 23 febbraio 2021

Dividi et Impera

E’ evidente l’erosione degli organi collegiali, la vicenda è emblematica e meglio adatta per un concorso canoro, che di fatto sta avvenendo sotto i nostri occhi in quella fucina di Vulcano che è Rimini, luogo ancora una volta che si distingue a labaro più che a laboratorio politico, ove pare vengano lasciati ai singoli e alle correnti la capacità di portare scompiglio nell’Agorà e al modus operandi tradizionale, proprio dei partiti chiesa novecenteschi, ormai superati da questa nuova tendenza. Mi permetto da spettatore di valutare come un’involuzione di sistema questo dualismo, siccome slegato da una visione di insieme, foriero di lasciare strascichi divisivi ancorché possa sopraggiungere una soluzione in extremis che possa pacificare le diverse sensibilità in evidente movimento magmatico. Uso questi termini presi a prestito dalle scienze che studiano i fenomeni della terrea motus perché esprimono, a mio parere più di altri, quel concetto di “liquidità” e le relative conseguenze a cui ripetutamente hanno fatto ricorso i segretari del PD, non ultimo Renzi, per descrivere quella che era considerata una necessità riorganizzativa, per meglio fronteggiare l’ascesa di quella nuova forza politica che è apparsa sullo scenario attraverso l’uso di mezzi innovativi quali: la rete, le piattaforme e la partecipazione diretta dei cittadini tramite un click o un like, che hanno di fatto rivoluzionato, volenti o nolenti, la partecipazione dei singoli all’attività politica, nonché la formazione della coscienza critica. Tuttavia non tutto ciò che è nuovo è sinonimo di efficienza e funzionalità. Oltre ai pro ci sono anche i contro. Lo spettacolo che sta andando in scena, per un uomo forse troppo legato a forme sacramentali, riti, celebrazioni ed “eucarestie”, esaltazione di un percorso collettivo e condiviso, che danno un senso comune ad una appartenenza di intenti e fini, in vece di una dissidenza verso forme di esaltazione dell’individualismo divisive, non è certamente apprezzabile. Non mi sono mai astenuto dal lesinare critiche, anche viscerali, nei confronti del PD forse proprio perché intravedevo questa progressiva quanto inderogabile inclinatio o grave declinazione verso forme auto-celebrative, impositive, che hanno in sé, in re ipsa, portato e certa dose di induzione all’autoritarismo, siccome investiture slegate da una discussione di sistema e scevra dall’approfondimento del senso stesso che sta alla base e alle origini della comunità di intenti che deve possedere un partito per poter definirsi tale, altrimenti è altro. Il più delle volte un mero centro di interessi, una lobby o un comitato d’affari. Di quanto esposto, per una volta, non vorrei se ne cogliesse esclusivamente l’aspetto critico, ma con presunzione mi piacerebbe venisse data luce al consiglio appassionato che muove dalla consapevolezza di quanto siano indispensabili per il corretto funzionamento del sistema politico democratico gli enti intermedi e le organizzazioni tutte che svolgono l’indispensabile funzione di selezionare la classe dirigente, perché questo fa un partito politico fra tutte le altre tante cose. Qualora, invece, si decida di cedere agli istinti, al sentimentalismo viscerale, c’è il rischio di rincorrere il potere fine a se stesso, slegato da progettualità di sistema, finendo al bivio in cui si trovano i 5stelle, in un cul de sac (dis)valoriale aggravato dal tradimento delle ragioni stesse non solo della genesi, ma anche della palingenesi, che hanno portato alla nascita dei partiti politici e al loro impulso di rinnovamento. Si capisce solo così perché assistiamo ad un progressivo settarismo, alla mancanza di ruoli femminili, sebbene si perori la causa dell’emancipazione che si dirada alla prova dei fatti nell’evanescenza della rincorsa alle nomine di peso, e, infine, alla bolla triviale degli insulti agli avversari in vece del confronto serrato, della critica ideale, del ragionamento propositivo, manifestazione che si atteggia come una involuta e presunta superiorità culturale che, a sua volta, conclama il medesimo neo auto celebrativo, arbitrario, e, ciò che più preoccupa, autoritario e presuntuoso che credo mal si concili con i valori della “sinistra”, anche del e nel XXI secolo. 
P.S. Est modus in rebus, sunt certi denique fines, quos ultra citraque equità consistere rectium (Orazio) 
Roberto Urbinati