lunedì 20 marzo 2023

Putin e Trump

Due bersagli, spesso uniti dalla nostra propaganda che ha subito pronunciato l' obbedisco ai padroni del mondo, come fece Garibaldi al Generale La Marmora. La scelta della Schlein, con il dito puntato contro la nemica Meloni, ha già creato qualche problema di comprensione delle agitate espressioni. Impossibile non pensare che il mandato d'arresto per Donald Trump non sia collegato con quello (virtuale) di Putin. Sono i preparativi per annunciare che la guerra su procura è finita? A chi pensa, al posto di Biden, converrebbe una fine negoziata del conflitto e non lasciare ai repubblicani una prateria elettorale con una situazione finanziaria instabile. Alla fedele europa atlantica, con tassi in ascesa e banche in fallimento, non rimane che l'obbedir tacendo. Le due distrazioni per le masse mondiali, nascondono il fallimento bellico difficile da raccontare su procura. Hanno consegnato la Russia, alla Cina. Non è sola, c'è l'altro mezzo mondo potente. Un risultato che presto le "bretelle" di Rampini ci racconteranno dalle finestre americane. Le accuse a Putin stanno salendo di peso. Sono passate dall'autodistruzione del (suo) Nord Stream, al rapimento di migliaia di bambini ucraini e filorussi, reato vergognoso, in risposta alle sue accuse di nazismo ucraino nel Donbass. Si è alzato il livello della propaganda in previsione di una sconfitta che accompagna tutta l'Europa. L'aspetto curioso (?) è il capovolgimento delle posizioni italiane. La Giorgia è inserita nell'album dorato dell'atlantismo, mentre sui compagni grillini, piovono sospetti e polpette avvelenate. Travaglio è il ministro della difesa a 5 stelle. Il mandato di cattura spiccato contro Vladimir Putin dalla Corte penale internazionale dell’Aia cambierebbe poco per le prospettive del negoziato. Né gli Stati Uniti, né la Russia e nemmeno la Cina hanno firmato il Trattato che istituisce il Tribunale sovranazionale (Conferenza di Roma, 1998). Altro colpo della propaganda. Devono apparecchiare, senza apparire sconfittti, il tavolo delle trattative. Rimane il vulnus tragicomico: l'America non può mandare il suo Presidente.
massimo lugaresi