martedì 31 dicembre 2019

Un Bilancio

Ci accingiamo a salutare un nuovo anno. L'ennesimo. Reduci di un passato nel quale abbiamo amato partecipare e provare sempre a dire la nostra. Il primo giugno 2002 ascoltai ex post quanto si bofonchio' nella prestigiosa fucina di Vulcano, ove furono vergati i più grandi generali della storia del sud degli USA, l'accademia militare di West Point. Ricordo l'effetto di un lungo brivido che mi strinse la schiena. Un sussulto estremo di morte giuridica e orrore umano. Ivi venne tracciato col vomere un solco profondo che immaginai essere cosparso anche di granelli di sale. Quello che i capi non avevano nell'isipente zucca! Venne enunciata la cd. Dottrina Bush, ossia l'impegno ad "estendere democrazia, libertà e sicurezza in tutte le regioni" del mondo. La solita retorica, avrebbe detto Nuvola Rossa, che il grande capo delle giacche blu rassegna con lingua biforcuta. Il mezzo per raggiungere lo scopo preoccupava il vecchio saggio capo indiano. Si chiama(va) "guerra preventiva". L'ambizione del risultato era non solo pari, bensì superiore a quella di Icaro che, almeno, pagò individualmente con il progressivo incenerirsi delle ali all'avvicinarsi della meta. A distanza di ormai quattro lustri, prossimi alla maggiore età dei figli, potremmo tentare un bilancio. Sulla scorta di quella sciagurata enunciazione fu dato impulso ad una azione ritorsiva dopo la clamorosa azione terroristica dell' 11 settembre. Iraq e Afghanistan subirono le ire, talvolta trasmodanti nella vendetta, delle forze occidentali. Gli eserciti della civiltà contro le orde nere del male. Il nostro Parlamento ripetutamente voto' il finanziamento a queste missioni travisate suggestivamente con i panni bonari paliati dal termine anglosassone "peace skipping". In Italia quando si vuole indorare pillole o più volgarmente ungere supposte si ricorre all'idioma d'oltre manica. Del resto l'inglese si è sempre studiato poco nelle scuole di ogni ordine e grado e quindi ben si presta a confondere il falso dal vero. L'onda lunga di quelle scelte ebbe ricadute dottrinali nelle determinazioni spicciole e dozzinali di geopolitica provinciale. Così la Siria e poi la Libia si unirono alla lista, dopo le boutade e il fuoco di paglia delle cd. Primavere arabe. Dissanguati dalle ingenti spese di guerra, la "culla della civiltà" sta segnando il passa davanti alla incontrovertibile rinascita della potenza Russa e all'espansione di quella cinese. Nel mezzo tanti, nuovi e diversi, tycoon e alfieri dell'espansionismo nazionalista, a cominciare dal sultano Turco. E l'Italia?! Non aveva considerato, superficiali e inconsistenti come sono i dirigenti, alle conseguenze anche solo umanitarie, dovute alle indotte migrazioni di popoli e profughi. Eppure sarebbe bastato seguire i precetti del diritto se non quelli di dio. La Carta delle Nazioni Unite, l'art. 11 della nostra vituperata Costituzione, che non permettono che il tintinnio di lame e manette indisciminatamente assurgano quale mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali. Questa riflessione di fine anno è diventata lunga e noiosa, sebbene sia rimasta in estrama superficie; tuttavia nel congedarmi dal vecchio, come un novello messia di provincia, voglio augurare per il nuovo che sia la luce del diritto a squarciare la remunerativa tenebra dei portatori di morte. Sia la voglia individuale di ognuno di noi a cercare la via e questa non sia indotta e confezionata dalla retorica nechilista di chi possiede lingue di fuoco e paura, masmedia e verità assolute. Non parteciperò né a Sanremo, né a Miss Italia, ma dal 2020 mi aspetto che qualcuno prenda come esempio chi forse perdendo ha sotterrato per sempre con l'ambizione la propria ascia. Ne vale la pena!
R.Urbinati