lunedì 2 maggio 2022

Alla Fine della Fiera



 Alla fiera dell'est per 2 soldi un topolino mio padre comprò, poi il figlio crebbe ed anche lui fece lo stesso seguendone l'esempio … L’incipit di questa canzone si attaglia al momento, ne tratteggia e descrive i grandi sogni ideali che dal trattato di Maastricht, firmato sulle rive della Mosa, il 7/02/1992 dai 12 paesi dell’allora CE, oggi UE, alla globalizzazione economica e finanziaria, pare rimanga. La montagna ha partorito un topolino? Ma vi è qualcosa in più. Se la prima traccheggia con una guerra che divampa ai suoi confini orientali, sulla seconda possiamo dire suonino già le campane a lutto. Il travaso che vi è stato nelle capacità produttive fra Occidente e Oriente, in particolare la Cina, è evidente che non abbia portato i risultati paventati. Quest’ultima, è bene riconoscerlo, ha saputo interpretare meglio il fenomeno indotto, paradossalmente laddove il controllo politico sull’economia è rimasto più forte che altrove, il dinamismo produttivo è stato meglio indirizzato e programmato. E quando fenomeni epocali falliscono, anche con certo clamore, costruzioni ideali stentano (Gramsci diceva: “Quando il vecchio mondo sta morendo, quello nuovo tarda a comparire. E in questo momento chiaroscuro nascono i mostri”) è pressoché automatico che nei riassetti e nelle rielaborazioni che ne conseguono delle forze in campo, si faccia strada il più grande business del mondo e quel “concetto di chiusura a-sistematico” a cui gli uomini danno il nome di guerra! Quelle relativamente più piccole e regionali, interessano poco. I bambini yeminiti non hanno la stessa rilevanza di quelli ucraini. Dimenticati figli di un Dio minore, sacrificati ai petroldollari della rinascimentale ed assai democratica Arabia Saudita, ove pare che anche giornalisti dissidente possano impunemente venire brutalmente assassinati nel silenzio generale. Ragioni di real politik, si dirà, giustificano e sorreggono tutto, anche la vendita di armi. La prima domanda che suggerisce l'intelligenza è perché questa disparità se non ci fossero ragioni politiche palesi e/o recondite? Perché le invasioni o le missioni di guerra, mascherate abilmente con il termine mimetico di “peacekipping”, ben riassunte dal Letta ritratto in gillet di kevlar ed elmetto, non sono mai state additate essere contro il diritto internazionale o l'art. 11? La cd. "dottrina di guerra preventiva" è stato o no un abominio giuridico? E quale posto dare all'ipocrisia di complici, conniventi e fiancheggiatori afoni, muti come pesci in acquario, che oggi invece strillano dai divani televisivi dei talk show pressoché all’unisono e a pieni polmoni, restii a fare sforzo di memoria, obliosi rispetto alle grossolane bugie, come quella della provetta offerta a presunta prova provata di armi di distruzioni di massa da Colin Powell, per dare motivi ad invasioni che ragioni non avevano, conclamandosi come strumenti di propaganda a servizio di un pensiero unico, concorrendo a limare le differenze fra democrazie occidentali e i più variegati regimi e totalitarismi esistenti, laddove non si ammette il sano confronto, si emargina il dissenso, limita la discussione e, infine, danno e tolgono patenti, inflazionando pensieri come fossero patacche. Anche chi si affretta a tentare improbabili paragoni con altre epoche storiche, partecipa ad un banchetto dove viene divorata la cultura e precipita ad osannare un nichilismo foriero di progressive tragedie. È evidente che in gioco c'è di più del concetto di "sicurezza nazionale" che ha mosso Putin all'aggressione dell'Ucraina. Questo quid pluris, che affiora evidente e prepotente, conferma indirettamente i tumori Russi, tanto da convincerli a farsi autori di un unilateralismo d’azione che espone il mondo intero a pericoli e rischi incalcolabili se non si analizza la vicenda con la dovuta serietà, moderazione, attenzione, implicazioni, in uno scenario in repentino mutamento dove i pezzi del puzzle sono tanti e molteplici gli argomenti. Ciò che davvero mi pare il fulcro del ragionamento che meriti analisi e attenzione è come l’egocentrismo, la centralità della cultura anglosassone, che ha dominato per secoli il mondo, a partire dal great empire colonialista inglese fino all’imperialismo americano, venga messa in discussione, mentre la costruzione dell’UE langue, si pensi non a caso alla Brexit, presa in mezzo a due o tre fuochi sia da presunti e apparenti amici, ma con palesi interessi contrapposti, sia dagli avversari storici. Ed è inutile domandarsi se la Russia sia di cultura prettamente europea, pur estendendosi maggiormente nel continente asiatico o viceversa, perché i nuovi protagonisti che scalpitano per trovare nuovo spazio economico e commerciale, nonché di leadership internazionale, vedono l’Europa, attualmente, spettatrice pagante di un confronto globale fra vecchie potentati e chi ambisce a diventarlo in un nuovo mondo. Il rischio vero è dunque che il Vecchio Continente paghi il prezzo più alto e veda una estensione delle aree di conflitto o guerra più o meno aperta nel proprio territorio. Pertanto la prima cosa da fare è evitare un allargamento territoriale del conflitto, una escalation che porti la misura del conflitto da meramente territoriale a continentale con un depauperamento di vite e risorse indispensabili per reggere il confronto futuro e il possibile riassetto. Ecco dunque che alla fine della fiera non ci si può accontentare di un topolino, magari servito a compendio di una partecipazione, non solo emotiva, perché la vecchia Europa ha saputo dare un senso alla propria cultura, trovando quella pace tanto agognata sulla scorta che la vita è a prestito dalle nuove generazioni e la terra lo spazio, l’eden, dove il tempo esaurisce la corsa del singolo rinnovandosi nel nuovo ciclo dei discendenti. Giocare ai maschi alfa non può e deve contemplare la faciloneria della minaccia di ricorrere ad armi nucleari, parlarne con la disinvolta superficialità degli stolti, perché in questo caso non vince nessuno ed è più vero che mai rimanga d’infinito solo la stupidità umana. La grandezza culturale dei nostri Padri nobili e degli avi più illuminati ci assista e ci indichi l’unica strada possibile.
Roberto Urbinati