martedì 27 dicembre 2022

L' Italietta della Meloni

Ho letto Linkiesta, prima di guardare Dagospia, come faccio sempre, per iniziare bene la giornata. L'attenzione e (perfino) rilettura è caduta su un articolo di Mario Lavia, uno dei tanti demopassionali senza limiti. Quando devono (spesso) oltrepassare l'asticella del politicamente corretto, ricorrono agli specialisti della denigrazione, chic. Make l’Italietta Small Again questo è il titolo post natalizio. Naturalmente riferito alle origini geopolitiche della Giorgia Meloni. Il raffronto è con il (loro) campione, scovato da Berlusconi, ma defenestrato brutalmente dalla maggioranza politica. Il giornalista ha soppesato, con la bilancia democratica, quella dei generi misti, i pedegree dei due personaggi, dimenticando volutamente l'aspetto più inquietante. La Meloni è stata eletta dal popolo (fa chic) italiano, il banchiere di lusso, imposto dai nostri creditori. Una differenza che ai tempi di Enrico..Berlinguer, era indiscutibile. Proseguo, pensando però che per un partito della sinistra, per quanto in maggioranza di stirpe democristiana, difendersi con queste argomentazioni, solo una rapida ed augurabile estinzione, può emendare un ventennale passato a governare con tutti i disponibili ed il presente tra  ius soli e generi misti. La destra invece prega che i "rivali" rimangano come li difende Repubblica ed il blog di Capalbio. Il pedigree politico, tutto italiano (anzi, solo romano) di Giorgia Meloni, ci porterà secondo l'illuminato difensore dei resti piddini, alla rappresentazione di una Italietta al cospetto dei grandi governanti democratici. Dove li vede? Il più potente è un barcollante presidente americano, attorniato da badanti, terrorizzato dallo storico nemico repubblicano. Cercano con l'aiuto del loro Congresso di non farlo più correre per le prossime elezioni. Meloni non è certo Mario Draghi, per cultura, esperienza, personalità, relazioni e questo a Bruxelles come a Washington si noterà subito. Avete capito, non stanno soppesando il voto che li ha travolti, ma il peso specifico del loro idolo, rapito al centro di Berlusconi. Il nostro Bonaccini, esperto funzionario di partito, sta rafforzando le trincee regionali, utilizzando forze sindacali e cooperative, le ong degli sbarchi, sono diventate pericolosi strumenti. Una battaglia per la vita, nelle retrovie del regime, rimaste quasi intatte. Può contare sul "sabotatore" del bilancio. Finire in mani grilline, caro giornalista, è una fine meritata. Meno peggio della meritata scomparsa? A Croatti l'ardua sentenza.
massimo lugaresi