martedì 8 aprile 2014

Speranzoso da Rimini

Gentilissima Redazione, vorrei, se possibile, rispondere alla lettera di Silvio di Ancona. Silvio stigmatizzava il fatto che Luigi Valentini, noto imprenditore riminese che dalla città ha avuto tanto, soprattutto in termini edilizi, non metta mano al portafogli per restituire alla città almeno una piccola parte di quello che ha ricevuto. Valentini ha molti amici a Rimini ma soprattutto a Bologna e conosce bene come funziona il meccanismo, tanto da saperlo far girare sempre nel migliore dei modi. Oggi ci troviamo in una situazione amministrativa disastrata, dove si assiste impotenti allo stallo della città ed al naufragio di importanti aziende pubbliche, che riversano debiti e fallimenti sulle spalle dei riminesi. Un Mecenate degli amministratori locali, oggi, sarebbe sicuramente salutato con favore da tutta la città. Ma perché mai un imprenditore privato dovrebbe tirare fuori i suoi soldi per metterli nelle mani di una classe dirigente incapace che ha portato Rimini a questi livelli? Certo, se avessimo un sindaco come La Pira, Zangheri o Cacciari, per non scomodare la storia, converrei con Silvio di Ancona. Visto però che Rimini si ritrova Gnassi e la sua Band al governo della città, qualsiasi aiuto economico non sortirebbe gli effetti desiderati. Valentini, grande imprenditore, sa bene come si fa ad investire i soldi, e sa bene anche come non si fa. Dare dei soldi, oggi, a questi amministratori sarebbe come costruire una villa nel mezzo del Sahara. Una bella cosa, ma contornata dal deserto, che, prima o poi, si mangerà anche la bella villa. Il giorno che avremo un vero sindaco capace di amministrare una città, unirò la mia voce a quella di Silvio per chiedere agli imprenditori locali di fidarsi dell’Amministrazione. Oggi, francamente, non me la sento. Speranzoso da Rimini