Riprendendo da quanto scritto su Rousseau e Locke per tentare di facilitare il percorso del pensiero
contingente per giungere poi a Marx mosso nel tentativo dall’ambizione di spiegare, aiutato da un contributo di
Umberto Cerroni dal titolo “Per una teoria del partito politico”, edito da Critica marxista del 1963.
Il tratto caratteristico del sistema rappresentativo moderno sta, nel contesto polemico ove è sorto in
contrapposizione al sistema assolutistico dell’ancien regime, nell’instaurazione di un governo inteso non più
come autorità precostituita dalla legge divina e anticipata rispetto ai governanti, bensì come autorità
laicamente condizionata e fondata dai governanti medesimi.
Una volta recisa l’insindacabilità e la sacralità dell’autorità ove la volontà del monarca e quella del popolo
erano indistinguibili, essendo entrambe causa secunda rispetto alla voluntas superioris espressa dalla legge
divina occorreva trovare una nuova fonte di legittimazione del potere; inizia a prendere forma con i cd.
teorici della sovranità laica dello Stato (Macchiavelli e Hobbes in primis) una concezione della politica come
mera arte o meglio tecnica della conquista e conservazione del potere.
Sebbene non vi sia ancora per la condotta politica quel punto di riferimento della ricerca del consenso di
tutti, né il problema di cosa sia e come si costituisca la volontà generale del demos, ovviamente questa
legittimità del potere nel suo raggiungimento e conservazione, reciso il cordone divino che tutto teneva,
viene elaborato nel concetto di rappresentatività: non è più sufficiente cioè che cessi di essere autorità
"per grazia di Dio" , ma occorre un quid pluris, deve anche costituirsi come autorità per "volontà della
nazione".
E qui casca l’asino! Perché la nozione stessa di autorità rappresentativa è contraddittoria, potendosi
atteggiare diversamente se è designata dal popolo affinché ricerchi e attui una verità di ragione (per es.
despota illuminato), ovvero manifesti la volontà popolare (governi rivoluzionari post 1789).
Nel primo caso l’autorità è rappresentativa in quanto designata, quindi è rappresentativa-sostitutiva e si
muove nella ricerca di una ragione extrasociale, nel secondo caso, invece, è rappresentativa in quanto
vincolata alla volontà popolare, ma la “verità” che persegue non è di pura ragione, bensì di ragione-
consenso. Di talché a seconda del valore attribuito al principio di sovranità popolare, comunque ben si badi
fondamento dello Stato moderno, nel dualismo sopra indicato verrà a concepirsi solo come un principio di
mera designazione e la politica tenderà a gravitare verso l’antica concezione meramente tecnico-
razionalista, o per contro come principio di vincolazione e la politica tenderà progressivamente a
congiungersi con il mondo degli interessi e dell’economia; oggi diremmo nell’ultimo step della finanza.
Il carattere contraddittorio sopra esplicitato è messo in chiaro dall’interpretazione liberale e da quella di
Rousseau per il quale "la sovranità, non essendo che l’esercizio della volontà popolare, non può mai essere
alienata" pertanto "il corpo sovrano, il quale non è che un ente collettivo, non può essere
rappresentato".
La continuità col passato, e, dunque, con quella sorta di discendenza dal diritto divino, ora sostituito per
legittimare l’esercizio del potere col concetto di rappresentatività della sovranità discendente dalla volontà
popolare, viene ricavato (Vedi anche Locke) nella limitazione all’accesso al suffragio . La politica è il braccio
secolare della ragione, è la ragione applicata alla società ed è perseguibile soltanto da una elite illuminata o
“capace” ed “interessata”, nonché “indipendente”. Da quest’ultimo aggettivo rampolla la convinzione che a
discriminare la nuova elite non sarà più come nel passato la voluntas superioris espressa dalla legge divina,
bensì la proprietà privata intesa come posizione di interessamento sociale che si presume emancipato dalla
dipendenza sociale.
L’evoluzione del pensiero conduce, mi si permetta la brutale semplificazione, a dire che la borghesia è
entrata a pie pari definitivamente nella storia. Con la successiva evoluzione del pensiero a cui ha contribuito
certamente anche Marx, ma non solo lui, anche il cd. “terzo stato” entrerà nella storia.
Roberto Urbinati
Roberto Urbinati