lunedì 27 settembre 2021

Ego te absolvo

Idro e il suo lago è uno dei luoghi più disperatamente amati, in questo autunno che è appena nato dolce e feroce di foglie secche, profumo di terra bagnata che sembra vetiver, radici e acqua che si fa largo nei legni. Fresco l'autunno, che s'infila leggero nelle giacche, lasciando il suo marchio di improvviso brivido, sorrisi, sogni di camini e frutta arancione. Trenta anni fa, ragazzi nei nostri anni fulgenti, con Mattia andammo a cercare un pezzo di questo bagoss. Oggi, più sereno e consapevole, innocente come allora, sono andato a comprare lo stesso formaggio. Ecco la mia verticale di Bagoss: Il primo ha un anno di vita, lo senti profumato di alpeggio, di malga. Il sapore di noce forse, un sentore di amaro così leggero da essere immaginato, il gusto aromatico pieno della sua stagionatura che offre il sapore di paglia, di fieno, il suo ricordo di castagna. Il latte si sent appena, in apertura, per poi aprire le porte all'estate piena dei suoi sapori caldi. Lo immagini il vento che d'estate sfiora gli alpeggi, i cardi, i fiori viola e gialli di alta montagna, il tempo che scorre azzurro e bianco di nube, stesi al sole a guardare le forme strane che prendono, i modi strani con cui le nostre vite ci vengono incontro cambiando le strade che vorremmo prendere. Il secondo ha diciotto mesi, ed è stato fatto con latte di malga. I sapori sono più amalgamati, viene fuori di più la paglia, la consistenza si fa più compatta e soda, consistente e non friabile. Il latte da cui è partito è un ricordo felice. È il formaggio dell'autunno, lo dovresti mangiare con un camino acceso davanti, amici fidati di fianco con cui ridere. Le castagne, i colori s'intensificano, è un cesto giallo dove il profumo è di festa e notti di stelle favillanti. Il terzo ha due anni. Lo senti un po' più rigido, gli aromi si sono mescolati, c'è più forte di tutto l'aria degli alpeggi, il profumo delle distese d'erba e dei loro silenzi, la linea salina, quasi di mare che col tempo si è creata, sapida, a reggere il sapore. Una notte d'estate gelida d'alta quota. Il silenzio si amplifica, si allarga Il quarto ha tre anni, e qui il cuore del formaggio si è colorato di minerale, e si sfa in scaglie. La sua durezza si è alzata, sembra un grana vecchio, una pietra preziosa ancora grezza, un pugno di grano. I sapori si son fatti unitari, decisi e assoluti. Ha preso di piccante, di pienezza, il sapore di un campo di grano, un prato in alta quota, un terreno salino preistorico salito in alto. È il sapore di questa notte sul Lago di Idro, dove dodicenne ho fatto il mio primo campo scout, ho visto le nuvole passare sul volto mutevole del lago, ho passato una notte limpida a guardare nel profondo del cielo la luce antica delle stelle. Ancora a sedici anni, quando oramai sapevo di essere grande e guidavo una squadriglia, ancora a cercare nella mia Veglia alle Stelle nel profondo della notte una risposta, provare a sentire la distanza dalle stelle. Da Capo Scout ancora poi, negli anni bellissimi in cui mi dividevo tra politica e servizio. E questa notte. Che è sempre ciascuna di quelle notti, il fuoco ha lo stesso profumo anche se è di carbone, il lago è uno specchio increspato e largo, come un miracolo rovesciato sotto al cielo, nell'aria si alza l'odore di erba tagliata, bestiame, foglie e autunno che arriva. Il profilo rotondo e aguzzo dei monti attorno al lago, come ciascuna di quelle notti, è sfumato e affondato nel cielo, è una tonalità verde del nero. Gli amici cari di sempre sono qui, e quelli che non ci sono è come se fossero proprio appena più in là. La notte è la stessa notte di quelle notti, le stelle lontanissime e serene, la luna è mezza e passeggia indifferente con la sua luce di formaggio. Si allunga e si mostra in un declinare di un monte. Come tutte le notti è un pezzo di Giudizio Universale in questo tempo che non esiste. Io sono grande ora, più sereno e consapevole, e sono adulto e posso sposarmi. Ma la verità è che io sono lui, lo vedo muoversi a dodici anni molti anni fa. Il tempo non esiste, tutto sta succedendo ancora, io sono qui per la prima volta e per sempre. 
Samuele "Fra Tac" Zerbini