Ancora una volta i guru politici che condizionano, con le loro scelte, i destini di Rimini, si
stanno impegnando per rendere difficili le cose facili.
Avventurarci per scandagliare i motivi è opera troppo complessa e avvolta da una fitta
coltre nebbiosa, che verrà valutata a seconda della piega che prenderà tutta la storia.
Allo stato attuale il centrodestra ha tre opzioni (senza considerare quelle occulte): due
candidati a sindaco “civici” e uno “autocandidatura politica” nata… per spirito di servizio (si
diceva così una volta in certi ambienti).
I civici sono Lucio Paesani e Gianni Indino (?), la candidatura “politica di servizio” (quasi
sacrificale) è quella di Alessandro Ravaglioli… Vediamoli nel dettaglio.
Lucio Paesani è la novità del panorama politico riminese. Ha 45 anni, ha fondato sei mesi fa
il sindacato M.I.O. e ha costituito la lista civica “Noi ❤️ Rimini”, accreditata già al 6-8%.
Gianni Indino, presidente della Confcommercio (associazione che negli anni ha visto ridursi
notevolmente il numero degli iscritti), non si è distinto nella difesa degli interessi dei
commercianti. Inoltre, è stato nominato dal principe/sindaco Andrea Gnassi presidente del
Centro Agro Alimentare di Rimini (è ovvio che la sua candidatura presuppone la rinuncia
preventiva alle due poltrone). Insomma, fa parte di quella categoria che viene
bonariamente chiamata “dei vecchi tromboni” che “piace alla gente che piace”.
Paesani è il civico nuovo per entusiasmo e per l’aria fresca che porterebbe nelle stantie
stanze di palazzo Garampi. Il suo è un programma rivoluzionario, che vedrebbe Rimini come
fulcro per il rilancio della Romagna.
La Lega, che dovrebbe avere in mano il pallino della situazione, è in bambola come quei
pugili suonati all’angolo, “menati dalla candidatura politica di servizio” (Ravaglioli).
L’onorevole Morrone non riesce a leggere la realtà delle cose e, appoggiando la candidatura
di Ravaglioli, andrebbe in rotta di collisione con il suo segretario nazionale Matteo Salvini. È
la solita manovra per perdere?PS. In tutto questo, c’è il gran silenzio di Gioenzo Renzi, l’ultimo dei Mohicani.
Barboni… come il generale Custer?
Tuco