I cinque pilastri che rendono invincibile le Coop:
1) Regole interne che le rendono blindate contro qualsiasi ipotesi di scalata da parte dei soci non caratterizzati politicamente o di orientamento politico diverso rispetto alla nomenclatura;
2) Il collateralismo politico e i rapporti privilegiati con le amministrazione di sinistra che si traducono in corsie privilegiate nell’ottenere le autorizzazioni ai piani di sviluppo e nel garantire situazioni di monopolio impedendo alle imprese concorrenti della G.D.O. di potersi insediare nei territori controllati dalle “amministrazioni amiche”;
3 )Il volano della raccolta del cosiddetto prestito sociale che consente loro di autofinanziarsi a condizioni più favorevoli rispetto ai concorrenti;
4) Le agevolazioni fiscali che costituiscono anch’esse un vantaggio competitivo e una distorsione della concorrenza;
5) La facilità con cui possono fare proselitismo stante la eccessiva esiguità della quota di capitale sociale (del tutto simbolica) da versare per diventare soci.
Ma il loro grande e straordinario punto di forza è la fiscalità vantaggiosa di cui godono senza averne più diritto. Le coop, pagando le tasse in misura ridotta rispetto alle altre tipologie di imprese, non contribuiscono, in modo adeguato ed equo, alla fiscalità generale dello Stato e quindi al progresso civile del Paese. Contribuire, con una quota proporzionale dei propri utili, a finanziare il sistema scolastico, lo stato sociale, la realizzazione delle opere pubbliche, le infrastrutture, il sistema della giustizia, della sicurezza pubblica, della difesa e quant’altro necessario al buon funzionamento dello Stato è un dovere che compete a tutta la comunità, siano esse persone fisiche che imprese. Non si capiscono le ragioni di una anomalia che vede le coop esonerate dall’obbligo di pagare le tasse in misura equa, posto che contribuire alla fiscalità generale è la regola principale su cui si regge la convivenza e la coesione sociale di qualsiasi comunità e popolo civile. La giustificazione che tali forme di imprese non perseguono, come recita la Costituzione, finalità di lucro a carattere privato, non è sufficiente. Tale motivazione, da qualsiasi punto di vista la si voglia esaminare, non è di per se un elemento etico e morale sufficiente per esonerare grandi imprese e grandi colossi che operano nell’economia alla stessa stregua delle imprese di capitali, dal partecipare, tramite la fiscalità, al benessere e al progresso civile del Paese. Non stiamo parlando di un segmento marginale dell’economia nazionale, ma di un sistema imprenditoriale che occupa uno spazio di rilievo come dimostrano i seguenti dati : dal 2001 al 2006, in Italia, le cooperative sono passate dal 2 al 7,5% del PIL (Prodotto Interno Lordo), impiegando un numero di addetti che in cinque anni è passato da 500 mila a 1,2 milioni. Occorre tener presente che la stragrande maggioranza delle coop non svolge più da tempo nessuna funzione sociale e mutualistica che le differenzi in modo sostanziale dalle altre forme di impresa e che giustifichi il trattamento fiscale di favore; pertanto tale situazione appare non solo politicamente discutibile ma anche socialmente ingiusta. Mettere mano, con appropriate misure legislative, ad una siffatta stortura, significa affrontare un tema di grande giustizia sociale, civile e morale. Significa, in una parola, mettere sullo stesso piano tutti i soggetti che compongono la comunità nazionale quando si tratta di contribuire al bene comune del Paese.
mario frau