venerdì 19 maggio 2023

Via della Seta n°0

Occorre dire che hanno fatto più i 5 Stelle, in due anni (scarsi) che il Pci in 70 anni di docile adesione. Il Made in Italy trionfava a Mosca, la Via della Seta ci portava a Pechino ed apriva canali commerciali sconosciuti, con tanti riconoscimenti dalle nazioni dell'altro Patto. Eppure, allora i giornali, in assenza di ordini da rispettare, non scrivevano niente. Fare affari con quei paesi era una benemerenza. Terminata la catena politica degli Obama e quasi esauriti i Kennedy, furono costretti a scegliere, per posta celere, un presidente miliardario, ma barcollante, bisognoso di cure ed altre collocazioni. Il Gendarme del Mondo ha iniziato la preoccupante discesa. La fuga da Kabul ha raschiato il fondo della credibilità. Essere filo putiniano era un riconoscimento che molti contendevano. Il Cavaliere, esperto dell'accoglienza erotica, girava nelle saune russe come in quelle di Arcore. Perfino i cantanti bolliti dal mercato italiano, trovavano accoglienza. Rimini turistica festeggiava l'arrivo giornaliero di aerei strapieni. Fellini, nella versione aer
oportuale, sembrava uno scalo vero. I grossisti della moda brindavano. Arriva il madetto virus, sorvegliato da Speranza e ravvivato da una pattuglia di sconosciuti virologi da schermo, cambia il nostro piccolo mondo, ci trasformano in reclusi con il bavaglio, come fossimo nei monti sardi. Tre anni senza condizionale sono tanti, gli effetti si sentono dopo. Quello politico, paventato da Repubblica, è stato la vittoriosa cavalcata, contro nessuno, della Giorgia Meloni. Grande e convincente interprete della Donna, Dio, Patria e Fratelli. Dall'altra parte erano rimasti a Letta. Rimane da spiegare come i due principali partiti, eredi di forze antitetiche e belligeranti tra loro, si possano trovare sul lettino psicoanalitico, nella stessa posizione dei peccaminosi 90 gradi atlantici. Rimane l'assenza di una informazione riparatrice delle bugie rovesciate nei 500 giorni della strana guerra, con morti e feriti solo da una parte. Quella della verità. Abbiamo capito che Bonaccini con il cappello in mano non è la rappresentazione migliore. E' più bravo ad inaugurare che tranquillizzare. 
massimo lugaresi