giovedì 18 ottobre 2012

In Borsa

Un imprenditore trevigiano ha chiesto un risarcimento di due milioni di euro ai fratelli Moratti, proprietari della Saras, per via della quotazione della società petrolifera di famiglia. Come è noto, Saras sbarcò in Piazza Affari il 18 maggio del 2006 ad un prezzo di 6 euro per azione – valore che, per inciso, non raggiunse mai,  mentre stamani alle 10.15 il titolo è scambiato a 1,062 euro per azione (+0,19%). Grosso modo una perdita che supera l’80 per cento. Sotto accusa, come spiega La Tribuna di Treviso, i titoli acquistati dal trevigiano il 18 maggio 2006, data del collocamento, attraverso una società del Lichtenstein, la Gersec Trust di Vaduz. In tutto 375.652 azioni ordinarie della Saras al prezzo singolo di 6 euro e per un controvalore di 2.253.912 euro. Gli industriali milanesi, scrive ancora il quotidiano nordestino, avrebbero dovuto comparire davanti alla curia mercatorum (la camera arbitrale, ndr) di Treviso per il tentativo obbligatorio di mediazione che precede la causa civile. Oltre alla Saras, nel mirino dell’imprenditore anche le banche responsabili della quotazione, JP Morgan, Morgan Stanley e Banca Imi (ex Caboto) e la società di revisione PwC. L’imprenditore è assistito dallo studio Calvetti & Partners, che a quanto risulta a Linkiesta avrebbe raccolto le adesioni di altri 500 risparmiatori per un valore di acquisto complessivo di 3 milioni di euro, per promuovere una class action. Nel febbraio 2011 il pm milanese Luigi Orsi ha chiesto l’archiviazione del procedimento aperto da un esposto presentato nel 2007 da alcuni risparmiatori nei confronti di nove manager del pool di banche internazionali, da Morgan Stanley a Jp Morgan fino a Caboto (gruppo Intesa), indagati per falso in prospetto e aggiotaggio nell’ambito della quotazione di Saras. In base ai rilievi della pubblica accusa non sarebbe stato possibile risalire al soggetto che, in ultima istanza, è penalmente responsabile di aver immatricolato la società dei Moratti ad un valore nettamente superiore alle valutazioni di mercato. In altre parole, chi è stato l’uomo decisivo nel dolo. Come raccontano le cronache finanziarie dell’epoca, i fratelli Moratti guadagnarono 1,6 miliardi di euro, mentre gli istituti consulenti dell’operazione ricavarono 42 milioni di euro in commissioni. Eccessivo (circa il 30% in più del valore indicato dal consulente della Procura che si è occupato della perizia tecnica) il prezzo di collocamento a 6 euro per azione, tanto che il 18 maggio 2006, giorno dell’offerta, il titolo lasciò sul terreno il 13,3%, chiudendo la seduta a 5 euro e 20 centesimi. Mentre i Moratti e le banche si sono arricchiti, a sei anni di distanza i piccoli risparmiatori brancolano ancora nel buio. Chissà che l’imprenditore trevigiano non riesca a smuovere le acque. 
linkiesta.it