giovedì 22 novembre 2012

Comunicato M5S

INTERROGAZIONE: 
PARTECIPATE PUBBLICHE E IL PRINCIPIO DI CONCORRENZA
 Gent.le Sindaco, gentili Assessori, colleghi consiglieri
 Il comma primo dell'art. 13 della Legge 223 del 4 luglio 2006 (Decreto Bersani)  stabilisce che le società a capitale interamente pubblico o misto costituite dalle amministrazioni pubbliche per la produzione di beni e servizi strumentali, all'attività di tali enti devono operare esclusivamente con gli enti costituenti ed affidanti, non potendo svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati. La ratio della norma è quella di evitare che un soggetto, che svolge attività amministrativa, eserciti allo stesso tempo attività d'impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso può godere in quanto pubblica amministrazione, rimediando ad una commistione che il legislatore ha ritenuto distorsiva della concorrenza. La Corte Costituzionale con sentenza n. 326 del 1 agosto 2008 ha affermato che "il divieto imposto alle società strumentali di detenere partecipazioni in altre società è volto ad evitare che le società in questione svolgano indirettamente, attraverso proprie partecipazioni o articolazioni, attività loro precluse" precisando che l'applicazione del precetto di cui all'art. 13 ricorre in presenza di "detenzione di partecipazioni in società o enti che operino in settori preclusi alle società stesse". Nel caso di specie si rileva il caso della Fiera di Rimini dove talune società di servizi, all'interno della compagine societaria, come il gioco delle scatole cinesi, rimandano alla "controllante" Fiera di Rimini. Se ne citano alcune: - Società che operano nel settore del catering (Summertrade), degli allestimenti fieristici (Promospazio), dell'organizzazione di eventi (Eventioggi), e da qualche tempo anche di vigilanza privata (Vigilanza Malatestiana). Il citato Decreto Bersani prevede che tali società svolgano servizi o altro solo ed esclusivamente per la società controllante, in autoproduzione ciò al fine di impedire turbative in un mercato di libera concorrenza che oggi, con la grave crisi che investe il sistema economico, è diventato ancora più difficile. La concorrenza risulta ovviamente sleale nei confronti delle aziende private: basti pensare all'investimento in strutture, sistemi di gestione, risorse umane con budget illimitati perché coperti da iniezione di soldi pubblici. La situazione, in un contesto di grave recessione, risulta di grandissimo rilievo ed attualità. "Le società partecipate determinano un enorme dispendio di denaro pubblico, sovente finalizzato, dietro lo specchietto delle allodole di una maggiore efficienza, a distribuire poltrone su base clientelare, a gonfiare indebitamente i compensi, ad assumere nuovo personale senza alcuna garanzia nel reclutamento, a distribuire consulenze superflue, ad aggirare i limiti imposti per le gare di evidenza pubblica a tutela della concorrenza, ad operare in conclusione al di fuori dei fondamentali canoni di trasparenza e buona amministrazione, garantiti da seri controlli" (Cfr. Antonio Vetro, Pres. On. Corte dei Conti). Rimini ne ha ben 22. La stessa Corte Costituzionale, con sentenza n. 326/2008 ha tenuto a precisare che: "A norma del comma 1 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori, le societa' a capitale interamente pubblico o misto, costituite dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti ed affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, ne' in affidamento diretto ne' con gara, e non possono partecipare ad altre societa' o enti. A norma del comma 2 della stessa legge, le predette società sono ad oggetto esclusivo e non possono agire in violazione delle regole di cui al comma 1." Alla luce della Giurisprudenza costituzionale possono di già essere formulate alcune fondamentali considerazione: 1  "Fino a quando permanga inalterato nella sostanza l'apporto finanziario dello Stato mediante una partecipazione esclusiva o prevalente al capitale azionario delle S.p.A." e cioè sino alla "effettiva dismissione delle quote azionarie in mano pubblica", la forma privatistica adottata per l'ente, non ha alcun effetto sui connotati sostanzialmente pubblicistici che permangono invariati nell'ente stesso. 2  La costituzione di società con capitale totalmente o prevalentemente pubblico si presta ad "alterazioni o distorsioni della concorrenza", materia tutelata con particolare vigore dalle norme comunitarie, tanto da richiedere anche l'emanazione di norme statuali stringenti a tutela del libero mercato. 3 Il prospettato abuso nella costituzione di enti che, per definizione, "sottraggono l'agire amministrativo ai canoni della trasparenza e del controllo da parte degli enti pubblici", ha raggiunto dimensioni intollerabili, tanto è vero che la più recente normativa ha adottato criteri sempre più restrittivi, da ultimo, quelli contenuti nella così detta "spending review" (d.l. n. 95/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135/2012) e nel d.l. 10 ottobre 2012 n. 174. Si osservi che: il Consiglio di Stato, in Adunanza plenaria, con sentenza n. 10/2011, dopo aver citato l'Art. 3, co. 27, l. n. 244/2007 secondo cui "al fine di tutelare la concorrenza ed il mercato, le amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del d.l. 30 marzo 2001, n. 165, non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società". Tutto ciò premesso chiede al Sindaco: - ritiene opportuno fare piena luce attraverso una apposita commissione speciale ai sensi dell'art. 40 del regolamento del Consiglio Comunale a garanzia del principio di concorrenza, al fine di far cessare le attività di produzione e servizi delle partecipate qualora tali attività risultino in spregio alle norme citate? Nelle more della costituzione di tale citata commissione speciale dichiara sin d'ora di trasformare la presente interrogazione in mozione e successiva assegnazione per competenza alla V commissione. 
 Carla Franchini, Consigliere M5S Rimini