martedì 5 gennaio 2016

Tra nomadismo psichico e paradisi alchemici

“Dio promette la vita eterna" disse Eldritch. "Io posso fare di meglio; posso metterla in commercio. “ (Le tre stimmate di Palmer Eldritch)“ “La realtà è quella cosa che, anche se smetti di crederci, non svanisce.“ (Philip K. Dick)

E finalmente ha riaperto anche il Cocoricò, come da copione. Non ci sono state lamentele giudizi inquisitori pletore infinite di piagnoni e sono stati salvaguardati finalmente i “sacri” posti di lavoro, gli unici stabili, quelli dei dj, tanto per intenderci. Sì, ci sono state timide contestazioni alla sindaca Tosi, rea di aver reso Riccione un mortorio, ma connesse per lo più con chi lavora nel mondo della notte, nulla di più. Lo stesso giorno della ri-inaugurazione blindatissima, è stato arrestato il solito spacciatore, notizia da catalogare come scontata al pari di quelle del Carlino, del nuovo che si scopa Belen, o delle minchiate dell’abusivo fiorentino. In definitiva del Cocoricò non frega più niente a nessuno, sembra che giustizia sia stata fatta e finalmente, aggiungo. Ma si sa, viviamo in una società liquida e le notizie scivolano via al pari delle scorie eliminate dall'acqua che elimina l'acqua e che ti fa fare poi tanta “plin plin”! Ultimamente infatti, mi sono trovato a discutere con uno dei tanti teorizzatori della riduzione del danno, il quale alla mia domanda su che cosa spinga un ragazzo a liquefarsi il cervello, nell’indifferenza più totale e più propensa a difendere gli interessi privati di un gestore di discoteca, mi ha risposto prontamente che il soggetto non è stato sufficientemente informato sugli effetti e sull’assunzione. La ritengo una risposta alquanto insoddisfacente. Premesso che non sono né uno dei fautori benpensanti del proibizionismo, intransigenti a qualsivoglia droga, ma poi piuttosto indulgenti al benefico + che lo spaccio procura al Pil. Né tanto meno liberista, perché questo significa non affrontare il problema alla radice. Allora mi sono imbattuto, alla ricerca di risposte, in un mondo parallelo, per quanto concerne l’uso di queste nuove droghe sintetiche, inusuale e inaspettato, una vera filosofia di vita con tanto di portali dedicati al tema e tutti aperti al cosiddetto “nomadismo psichico”. Una cosa è certa, i portali dedicati alla “psiconautica” sono molto più accattivanti di quelli del ministero della salute. Detto ciò, l'alba delle droghe coincide sicuramente con quella dell'uomo. I nativi americani Inca e Aztechi erano già propensi all'uso del peyotel (fungo allucinogeno) e alla coca. Ma anche nell’antica Roma i riti orgiastici, i baccanali con l’ebrezza del vino associati alla promiscuità e all’occasionale scelta del sesso (non me ne voglia il pudico Adinolfi ma il Gender sembra abbia radici ataviche), hanno portato gli uomini a sperimentare sin dall’antichità le soglie extrasensoriali. Fino a giungere al medioevo in cui Cina e Arabia raffinavano le tecniche dell’uso delle deroghe naturali esportandole in Occidente. Con la scoperta dell’etere in campo medico alla fine dell’illuminsmo abbiamo già gli elementi necessari per un uso “ artistico” ed estetico delle sostanze psicotrope. Basti pensare all’ abuso di oppio da parte dei poeti bhoemien francesi. Uno fra tutto Baudelaire. Per approdare alle forme di contestazione statunitensi unite agli studi psicanalitici, a cavallo degli anni ‘50 e ‘60 della beat generation. Burroughs, era solito assumere etere per entrare in contatto con il subconscio e “cagare se stesso”. Per giungere alla fine degli anni ‘60 data di nascita delll’attuale “generazione chimica” con le sperimentazioni dei “figli dei fiori” di mescalina e LSD. Poi uno stop transnazionale che ne vietava persino l’uso e lo studio medico di queste sostanze. Relegando il fenomeno a subcultura, che prepotentemente e silenziosamente è ritornato alla ribalta, coinvolgendo scrittori, artisti e scienziati di ogni risma. Il motto? Lo studio e la sperimentazione del droghe sintetiche e la loro interazione con il corpo e la psiche sancisce la fine del divorzio tra scienza e spirito! Tutto molto bello ma con una controindicazione. Dagli anni ‘80 a oggi generazioni di giovani si stanno offrendo, per sperimentare sempre nuove droghe chimiche, direi in modo alquanto superficiale e senza controllo medico. Perlopiù mossi dal fenomeno del rave party che in inglese significa delirio. Il luogo di nascita è Detroit, che a contatto con la musica techno, troverà più fortuna in Europa, incontrando la cultura psichedelica che con l’associazione di sostanze stupefacenti, spingerà i fruitori, fuori dalle città creando eventi illegali. Occupando treni bloccati stazioni fatiscenti capannoni sfitti fabbriche in disuso, e trasformandoli temporaneamente in sale per (s)ballo. “Siamo come profughi In cerca di un rifugio” è così che si definiscono i ravers. Dal declino di queste aggregazioni, negli ultimi anni si è passati quindi da una occupazione gratuita degli spazi, a veri i templi deputati, discoteche ad hoc, per provare una introspezione collettiva per tutti singoli casi di alterazione della coscienza che vogliano sperimentarla . Sembra di intuire che anche le nuove droghe sintetiche abbiano seguito il colore del denaro. E che il concetto di protesta abbia lasciato spazio a quello di commercio e marketing. Io ti dò lo spazio il fine settimana per il tuo sballo, in modo che, il Lunedì mattina tu possa ritornare più pronto di prima ad essere il consumista e produttivo di sempre, tradendo così le premesse di base di opposizione al “sistema” e il tutto sotto l’occhio vigile del “grande fratello ”. Ma mi chiedo, a preservare i nostri giovani da questa situazione così complessa chi ci penserà? L’INNOMINATO