sabato 28 marzo 2020

Riflessioni Antagoniste

27 marzo 2020. Internet grazie a Dio ci consente di prendere o rifiutare informazioni di vario genere, anzi di varia o avariata natura. Ci permette di comunicare e ragionare oltremodo, con chi è disposto a farlo senza proselitismi religiosi o scientifici. L’arroganza di alcuni, scientificamente attestati, oppure dei loro opposti senza alcun titolo, lascia il tempo che trova. Forse occorre invitare tutti a lasciare una propria riflessione da qualche parte, superando i timori di poter risultare fastidiosi oppure ignoranti. L’ignoranza è quella di chi dissuade gli altri dall’esprimersi nella maniera in cui sono capaci. Mescolo ricordi più o meno recenti; alcuni risalgono a quando da ragazza gareggiavo in un impianto sportivo situato proprio sul porto di una grande città italiana, dove grosse navi mercantili stazionavano per giorni, forse mesi, e dove non ricordo di aver intravisto (ma ripeto io non sono del mestiere, io non sono titolata!!!) sistemi di controllo con scansioni o attrezzature simili. Penso anche a quello che mi racconta chi lavora in ambienti di stoccaggio merci, di ogni tipologia e provenienza. Sicuramente tutto è sottoposto a protocolli di controllo e igienizzazione, ma poi effettivamente il come, il chi e il quanto vengano rispettati, come viene controllato e certificato? Abbiamo un’idea della mole di prodotti che continuano a essere trasportati su gomma, su nave, su rotaie, e delle loro condizioni igieniche dalla produzione alla lavorazione, al confezionamento, allo stoccaggio, allo smistamento e alla vendita? Con quante mani infette, saliva e altri liquidi umani e animali queste merci vengono a essere in contatto? Gli esperti in ogni settore, o anche i non esperti ma magari semplici lavoratori, possono fare questi ragionamenti senza che l’intellettuale analista di turno gli vada a tappare la bocca? Credo di si. Non è forse questa epoca attuale una grandiosa occasione per rivedere e rivalutare, dopo un’attenta auto-analisi, ogni singolo aspetto delle nostre vite, nella gestione quotidiana dei più piccoli movimenti? Ogni singola azione che facciamo proviene da altre azioni che la determinano e la condizionano, e di conseguenza la nostra azione di risposta sarà determinante e condizionante per quelle successive con le quali va a legarsi. Sembra facile avere un’opinione. Meno facile che sia fondata. Ancor più difficile poterla esporre per un confronto con altri che sicuramente hanno più ragione di noi. Da questo punto di vista, data la difficoltà di reperire fonti certe, non è il caso di rivedere, come citato poc’anzi, una a una le nostre abitudini giornaliere, da cosa abbiamo in tavola a ogni pasto, a quanto e cosa acquistiamo ogni giorno -passandoci in mano banconote e monete- a quanti luoghi pubblici tocchiamo, a quante persone incontriamo e avviciniamo, ai prodotti e servizi che crediamo indispensabili e che alimentano un commercio che, checché se ne dica, è da sempre uno spostamento di merci da luoghi lontani e remoti fino a casa nostra? Non vogliamo richiamare restrizioni, uso di guanti e mascherine a vita, e coprifuoco da qui all’eternità. Semplicemente promuovere un momento di riflessione e responsabilizzazione individuale, poi collettiva. Poi la scienza, così certa e rigorosa nelle sue analisi, pareva definire la nostra modernità occidentale sicura grazie a farmaci vaccini e altri presidi contenitivi che hanno in passato determinato la salute pubblica generica. Ma ora si è tornati all’ennesima situazione fuori controllo. E’ ciclica. A queste condizioni, non si fugge dalla sua ciclicità. Nel dibattito pubblico in rarissime occasioni professionisti inascoltati hanno tentato di promuovere una revisione dei protocolli sanitari a fronte di una globalizzazione spinta e sempre più “inglobante”. La storia sembra dimostrare che è a fronte di un pericolo esploso che si attua la ricerca di una soluzione. Le analisi statistiche però si fanno su dati certi sui fatti avvenuti e conclusi (malati, guariti, deceduti) e questi dati vanno poi interpretati, INSIEME e non a dispetto, alle altre discipline storiche economiche sociologiche eccetera per produrre previsioni. La certezza non può esistere. La ricerca scientifica da sola non può andare lontano. Come anche la politica e in generale l’economia e la finanza. Forse occorre posizionare al centro del dibattito politico la salute, e al centro di quello sanitario l’economia e la sociologia dello sviluppo. Però senza lasciare questo onere ai soli addetti e senza pretendere certezze. Questa quarantena è fisica, non mentale. I ragionamenti, per definizione fatti su ipotesi, si possono fare. E’ possibile ragionare per assurdo. Per assurdo ognuno potrebbe contribuire al dibattito. Diamo spazio all’esperienza di ogni singola persona, che possa essere valorizzata e presa in considerazione senza accuse né dietrologie, solo perchè con questa grande rete mondiale di internet, l’unica cosa che non infetta è lo scambio di idee. Non ci sono formule preconfezionate per risolvere una situazione che ha alcuni aspetti in comune con quelle del passato, poichè altre condizioni saranno sempre, inevitabilmente, nuove. Forse anche la testimonianza di ognuno può contare, senza pretendere un atto risolutivo; noi comuni mortali possiamo apportare esperienza e analisi delle nostre vite, osservando le nostre vite operare in un raggio di azione molto ristretto, per vedere come questo raggio di azione, in epoca di globalizzazione, si amplifichi togliendoci la capacità di gestirlo, ma non di esserne consapevoli. Oltre a vaccini cure e strumenti di intervento immediato (sacrosanti!) serve un cambio di approccio per dare vita a nuovi paradigmi, nuovi termini di paragone costruiti con l’apporto delle discipline accademiche e con quello delle persone direttamente coinvolte con “le cose della vita”, che possano avvalorare le ipotesi riscontrandole nella quotidianità, e non sentirsi un peso come il paradigma capitalistico ha fatto con l’umanità.
Arianna Adanti