venerdì 27 marzo 2020

Scivere, Scrivere

Scrivere, scrivere come fosse una condanna. E poi cosa resta?! Quante parole buttate al vento, ciclostilate, arringangate e discusse... Perdute! Che scuola immensa la politica. Mi ha dato tanto, forse tutto. E mentre leggo e studio, le Erinni si prendono gioco di me, in quanto sconfitto. Non fosse altro per questo. Poi vedo sulla linea del Piave la resistenza di quelle linee scavate con le braccia dei nonni, che neppure gli stolti padri sono riuscite ancora a vincere, scimmiottando di essere protagonisti con il 18 politico. Oggi vince negli ospedali un'idea, un sogno, nell'universalita' delle cure e nelle risposte sta la verità. Nella scelta di non barattare nessuna vita e la salute sull'altare dell'apparente efficientismo di facciata per una celeste ricompensa terracquea. Un baluardo ridotto allo stremo, creduto superfluo, eppure superbo e ancora capace di raccontare come sono davvero gli italiani nelle prove più estreme e difficili. I politici infine sono coloro che decidono dove usare i denari che fa un popolo. Non è poca cosa. Che prova?! Ci sono sempre lingotti per le missioni di guerra. Paiono tutti dei Cavour che mandano soldati in Crimea, cambiando la parola guerra con quella edulcora di peace skipping credono di farsi statisti. Ci sono per gli F35 e ci sono stati per tante altre idiozie il cui elenco sarebbe stancante. Leggo che gli USA hanno testato il loro missile ipersonico con successo. E i Russi hanno provato il super Akula, un sottomarino d'attacco che può spazzare via l'umanità con una virata di timone. E tutto questo nonostante un virus, una bestemmia di dio verso l'uomo, che da solo e semplicemente ha scoperto i giochi, le carte dei bari e ribaltato i tavoli verdi. Non cambieranno le teste, né le menti anche dopo questa sfida. Non si cambia l'uomo. La vinceremo comunque questa partita, abbiamo troppa storia alle spalle per perdere. Come qualsiasi Augusto, baciati dalla sorte e da auspici benevoli, che ci hanno risparmiati, grideremo nella notte rivendicando le legioni perdute a Tetoburgo. Anni fa conobbi una professoressa scandinava, bella come una valchiria che mi diceva: "sei troppo pieno di te. Sei troppo italiano!" Non seppi mai risponderle con la stessa forza con cui mi attaccava. Parrà strano ma conservai la freddezza degli avi e la portai a vedere, per confutare le accuse, la bellezza a cui siamo abituati
senza accorgercene. La vidi commuoversi davanti a più di un'opera d'arte dei nostri Maestri. Non siamo fatti per la guerra se non per difendere ciò che più amiamo. E credo sia la felicità il nostro obbiettivo. Non ce l'ho con l'Europa. Credo sia una grande occasione. Ma se va nel verso della nostra medesima ricerca. La vita è breve! Nello spazio di pochi mesi la mia gente ha perduto ormai gli effettivi di due legioni romane, composte fra tutto ognuna da oltre cinquemila esseri umani. Quello che di più atroce c'è in questi casi è che certi nemici sono subdoli, talmente tanto che nemmeno i politici possono nulla, sebbene avendo alle volte poco da invidiare. A perdere stavolta siamo un po' tutti. E tanto per cambiare non mi sottraggo nemmeno questa volta. Del resto sono abituato. È che il concetto di sconfitta che hanno taluni per me conta nulla, esattamente come sono loro. Io l'avevo capito... Non c'era bisogno di un virus.
R.Urbinati