giovedì 22 marzo 2012

Non Passerà l'Estate

Forti del gemellaggio ci siamo permessi di operare uno stralcio del bellissimo articolo di E.B su Rimini Politica, lettura che dovrebbe essere obbligatoria nel Palazzo, dove sembra stiano predisponendo un Bilancio, piacerebbe avere interlocutori e non piantatori di palme da spiaggia, come dice il nostro capo redattore li avete votati.. 


4)E veniamo a noi. Per quel che si prospetta nei prossimi mesi a fronte dell’enorme arricchimento del sistema finanziario, si prospetta l’assoluta inutilità del lavoro e delle idee. Purtroppo Rimini, bene o male, ha sempre vissuto, nella sua parte sana, di lavoro e idee. Fino a non molto tempo fa. Ora non più. Quindi per noi il colpo sarà molto più duro che altrove. Non siamo una Roma che vive di stipendi pubblici (praticamente lasciati indenni) o Milano che vive (anche) di finanza. Da noi non vi sono, in misura preponderante, nè gli uni nè l’altra e il lavoro semplicemente non serve. Le conclusioni sono fin troppo facili da tirare. A questa situazione si aggiungono gli errori specifici da noi commessi. Il “noi” comprende, oltre alla classe politica inetta, la massa di cittadini inerte. E’ anni che ne parliamo, ma i nodi vengono al pettine ora. Tutti insieme. Quasi tutti gli investimenti sono stati dedicati alle opere “faraoniche” non solo inutili, ma anzi enormi zavorre che da oggi in poi, anzi, domani più di ieri, dovranno essere pagate con il denaro dei contribuenti. Per sempre. Ma i contribuenti il denaro non ce l’hanno più... Quello che è rimasto serve per sopravvivere non certo per investire. La città vuota e triste è la miglior prova di quanto diciamo al di là delle scemenze “di regime”. 
5) Ci spiace dirlo, ma questa città difficilmente “passerà l’estate”. Lo ripetiamo da tempo, Imu e IVA hanno e avranno qui un effetto diverso da quello che hanno e avranno altrove molto più pesante. Mortale. Una città di artigianato, professioni, commercio non può sopravvivere alla fine di un mondo che non sopporta l’ “autonomia” sotto alcuna forma. L’ “autonomia” oggi, sia economica sia culturale, è un reato e una devianza. Già in sè, come semplice idea o parola, ha qualcosa di sovversivo in un mondo che può essere concepito solo per (pochi) privilegiati e (molti, moltissimi) sudditi., che dovranno dare tutto sè stessi, corpo e beni, per il benessere dei primi. D’altra parte, anche alle stesse vittime di questo nuovo sistema, il meccanismo non è ben chiaro: ed è giusto così. L’annientamento culturale di questo decennio ultimo non poteva che avere questa conseguenza. Oggi i sudditi, almeno una parte, applaudono i loro carcerieri quando questi sciorinano le loro squallide performances in tivù. Una volta, almeno, cercavano di scappare.