lunedì 31 dicembre 2018

Il Marchese in Fiera

Ed ora abbiamo anche la Marzotto’s version. Fino ad oggi l’ex vice presidente di IEG,  aveva taciuto sulle ragioni del suo allontanamento dalla società e sulla mancata quotazione in Borsa. Ha deciso di togliersi i sassolini sulle scarpe e lo ha fatto alla vigilia di Natale con una lunga intervista a Il Giornale di Vicenza nella quale spiega perché, a suo giudizio, il presidente Lorenzo Cagnoni e l’amministratore delegato Ugo Ravanelli hanno tenuto “un atteggiamento incomprensibile e inaccettabile”. E non è che la prima parte della sua controffensiva perché nella stessa intervista conferma che il 15 gennaio sarà in commissione a Rimini per raccontare appunto la sua versione dei fatti. Spero (invano) che la televisione curiale faccia una diretta sull'avvenimento. Ci sono decine di consiglieri anche piddini, "preparati" per azzannare. Marzotto sostiene che “se fossimo arrivati pronti per Piazza Affari nella primavera di quest’anno, oggi IEG sarebbe quotata”. Tutto sarebbe stato vanificato con il blitz del 6 aprile quando tutti i consiglieri di parte riminese si sono dimessi. “Che senso aveva, si chiede Marzotto, forzare fino a questo punto il socio di minoranza che si era sempre dimostrato leale?”. Cagnoni ha dichiarato che Marzotto si era fatto un film. “Il film, replica l’ex vice presidente, l’ha girato lui senza dire a nessuno quale fosse la trama. Giocando a carte coperte, salvo far saltare il banco con quella mossa priva di senso e di inutile violenza”. Marzotto sul presidente Cagnoni afferma anche che “dovrebbe ricordare che opera in una società pubblica da padrone, senza esserlo”. L’intervistatore (di casa) gli riporta l’accusa, mai espressa pubblicamente, (ma guarda!!) secondo cui Marzotto e l’ex direttore generale Corrado Facco stavano preparando un golpe per far fuori tutti i dirigenti riminesi. Marzotto replica girando l’accusa e passa a dire la sua sul famoso rapporto, stilato da una società di consulenza, che aveva dato poco lusinghiere valutazioni sui dirigenti espressi appunto da Rimini. “Il signor Cagnoni quel piano lì non lo ha voluto nemmeno leggere”. La tesi dell’ex vicepresidente (ingenuo) è che si sono accumulati ritardi inspiegabili sul piano industriale e sulla quotazione in Borsa, arrivando poi a dare di Facco una valutazione diametralmente opposta a quella espressa da Cagnoni: “Avevamo in casa il miglior manager su piazza quanto a core business fieristico e la scelta di licenziarlo e di ripescare un amministratore delegato perché esperto di quotazioni, nonché riminese, mi è parsa balzana”. Marzotto interviene anche sull’atteggiamento dei soci vicentini che hanno voluto dai loro membri in cda una lettera di dimissioni in caso di quotazione in Borsa. “Una stranezza finita in un pasticcio comunicativo, ho sbagliato. Ero stanco di tutto il chiacchiericcio su certe richieste della maggioranza rispetto a me e al dopo Ipo (la quotazione, ndr)”. Aggiunge poi “Credo che Vicenza sia stata nel complesso troppo arrendevole rispetto a Rimini”. Cagnoni ha dichiarato che i presunti meriti di Marzotto e Facco sono stati quelli di portare Vicenza a 45 milioni di debiti. Mentre io ho donato alla Città di Rimini una Conchiglia di... “E’assolutamente falso che la Fiera di Vicenza fosse alla disperazione”. L’intervista affronta anche il tema dell’articolo de La Stampa e l’accusa di aver dato l’incarico per i nuovi padiglioni allo stesso studio che ha progettato Rimini e il Palacongressi. Marzotto ribadisce che lui voleva una gara ma di non aver potuto fare niente perché “dal 6 aprile in avanti non mi hanno fatto toccare palla”. Dure accuse anche contro Ravanelli. “Si è seduto nel primo cda del nuovo corso il 27 aprile e dopo un’ora ha presentato una rivoluzione, grazie a deleghe straordinarie, cosa per me ben curiosa, concesse da uno statuto abbondantemente modificato. Lui aveva il potere di fare e disfare tutto, incluso licenziare il dg, che infatti dopo 10 minuti era fuori. Così come ha smontato pezzo per pezzo il piano industriale appena varato (e pagato), l’assetto organizzativo, licenziando subito il responsabile delle risorse umane. Mi fermo. Sono le frasi di un matrimonio destinato a fallire senza consumare amplessi. Ho già espresso la mia opinione, suffragata da aspetti riscontrabili solo dall'interno o da un Sindaco che volesse compiere finalmente il suo dovere di socio di maggioranza geografica e politica. Non meni il can per l'aia. Il suo ruolo glielo impone e se ha un consiglio comunale pieno di mezzecalzette e due giornali...questo non significa che la città debba essere all'oscuro delle imprese rischiate con i nostri soldi. E' la parte più offensiva di una vicenda nata male e finita come doveva. Marzotto ha mostrato i limiti del neofita rispetto a vecchie volpi. Cagnoni ci ha regalato un'altra spassosa interpretazione del Marchese del Grillo in Fiera.
PS Auguri. Non sarà un anno diverso.