domenica 12 luglio 2015

Rimini e la Fantapolitica

E’ singolare osservare come in un Partito dinamiche simili portino a comportamenti uguali, anche se in ambiti totalmente diversi. Se parliamo del Partito Democratico è chiaro che l’appartenenza necessita di chiudere un occhio, tapparsi il naso, essere il peggior sordo (quello che non vuol sentire), parlare meno e fare l’indiano… insomma le tre scimmiette dopo un corso di aggiornamento a Corleone. Questo “filtro culturale” produce lo stesso tipo di persone da Matteo Renzi ad Andrea Gnassi, gente legata mani e piedi ad interessi che, ovviamente, non sono quelli della Comunità che rappresentano. Quali sono questi interessi? Non sta a me prendermi una denuncia per dire qualcosa che è messa in drammatica evidenza nel sistematico tradimento di tutte le promesse elettorali. Il risultato finale è che questi signori non rappresentano altri se non l’inezia delle persone che hanno interesse a mantenerli in piedi, non certo il loro elettorato che, nel migliore dei casi, è composto da anziani confusi e comitati in cerca di favore. Sebbene il risultati elettorali siano ancora parzialmente garantiti da una drammatica disaffezione al voto, che spinge in cabina solo maniaco compulsivi e serbatoi di voti, la scarsa rappresentatività produce effetti dirompenti nell’operatività. Decisioni che non rappresentano nessuno, oltre a provocare crisi di coscienza in alcuni (ancora troppo pochi), portano a contestazioni gestibili solo con espedienti. Un esempio tipico è quanto capitato proprio a Rimini in questi giorni, dove la maggioranza consiliare deve ricorrere a trucchi meschini per far passare decisioni impopolari. Andiamo con ordine. Una delle promesse elettorali del locale Taglianastri era quella di non toccare il mercato. Certo di promesse ne ha fatte tante e ci sarebbe quasi da ridere guardando i suoi video preelettorali, se poi le conseguenze non fossero quelle che sono. Da Comune palazzo aperto, “chi propone soluzioni non deve essere considerato uno scocciatore”, alla firma sul contratto per mantenere l’acqua pubblica, il Primo Cittadino ha fatto delle sue promesse carta straccia. Senza alcun percorso partecipato e probabilmente approfittando dei più fronti su cui sono divisi gli ambulanti (c’è sempre qualcuno che pensa di poter strappare qualcosa trattando), è stata calata dall’alto la decisione di smembrare il mercato e sparpagliarlo per il centro, forse per la gioia delle ottantenni che quest’anno si sono iscritte alla Maratona di New york. C’è solo un piccolo problema, per imporre qualcosa bisogna avere i muscoli e, nel caso specifico, bisognerebbe avere i numeri per garantire la realizzazione dell’iter di qualcosa che nessuno condivide. Il Partito Democratico di Rimini non li ha. Nel primo Consiglio Comunale in cui si è cercato di imporre la delibera in questione il PD è potuto rimanere in aula, in un primo momento, solo per l’appoggio di Savio Galvani (FDS), che evidentemente fa fatica disaffezionarsi alla Maggioranza nonostante le dichiarazioni. Poi l’anello mancante dell’evoluzione dal comunista al baciapile è stato richiamato all’ordine con una telefonata e ha lasciato il campo, consentendo di far cadere il numero legale. Apro una breve parentesi per coloro che pensano non sia lecito far cadere il numero legale. In un normale rapporto tra maggioranza e opposizione, come vi potrebbe raccontare l’esperto Lugaresi in uno dei suoi post di storia politica, vi è sempre stato un do ut des, o perlomeno un do ut facias. Questo perchè è ovvio che agendo di aritmetica la minoranza non avrebbe mai i numeri per raggiungere i suoi obbiettivi minimi. Se nei percorsi decisionali v’è partecipazione il consenso inevitabilmente si allarga anche alle minoranze, che, ricordo, rappresentano istituzionalmente l’altra parte del voto, quello non ottenuto dalla maggioranza. Se invece si rinuncia al meccanismo di bilanciamento offerto dall’opposizione una delle conseguenze è l’ostruzionismo, di cui fa parte sicuramente il far mancare il numero legale. Sulle decisioni prese d’imperio la maggioranza dovrebbe garantirsi da sola il numero legale, altrimenti dovrebbe abbassare la cresta e trattare. L’unica opposizione prevista dal PD di Rimini è quella interna, quella di chi sotto bilancio mette il suo prezzo. Purtroppo per i Demokrat e per la loro tendenza alla reazione isterica, le minoranze, alle soglie di una nuova tornata elettorale, sono perfettamente in grado di far cadere il numero dei consiglieri utili a rendere legale un Consiglio Comunale. Basta che a un Consigliere prenda la cacarella e tutto cade. Si può governare una città in questi termini? Parrebbe controproducente, persino per Gnassi e la sua banda di mozzarelle light. Il problema però è che le chiavi di casa le ha ancora lui, a dispetto dei disastri fin qui provocati (Aeroporto, TRC, morte del Turismo, degrado della città, uomini con il culo sporco di dentifricio alle rotonde) e le soluzioni che ancora gli sono concesse permettono di perseverare nella caduta libera. Il pessimo Gallo, Presidente del Consiglio Comunale, il giorno dopo la debacle, convoca via SMS i Consiglieri in un consesso senza interrogazioni con ragione d’urgenza, senza peraltro specificare quale sia l’urgenza, ne saperla spiegare a chi gliene chiede conto. La chiamata è doppia: una per Sabato e, nel caso non dovesse esserci di nuovo il numero legale, una seconda per domenica. Attenzione a questo passaggio importante. Forse non tutti sanno che in seconda chiamata, sullo stesso argomento, alla maggioranza basta un terzo del totale dei consiglieri per far passare le sue istanze. L’intenzione è palese. Sabato, infatti, in Consiglio non si è presentato nessuno della Maggioranza, tranne il Consigliere Brunori che, in rotta da tempo, si siede al suo banco, cosa che non fa Galvani ancora preda ad una improbabile crisi di identità. L’opposizione, quella vera, si presenta, per godersi lo spettacolo della meschinità fatta politica. Tutto rimandato a Domenica, quando, in virtù del trucchetto del numero legale, Gigi il Bullo avrà l’occasione ancora una volta di dialogare con se stesso, dandosi ragione. Alla faccia dell’educazione democratica e dei cittadini.. sì, anche le famiglie degli ambulanti lo sono. Il Partito Deocratico (qualsiasi cosa esso sia), non ha i numeri per decidere questioni troppo importanti per questa Rimini straziata dalla Crisi e dalla Criminalità. Inoltre è riuscita a creare in nuovo filone di fantapolitica, quella della Disney. La trama è questa: dei 12 enni hanno desiderato forte forte di scambiarsi i corpi con dei Consiglieri Comunali e magicamente ci sono riusciti (pensa a chi gli è capitato il corpo di Bertino). Ora governano con il solo metodo che conoscono: sbattere forte i piedi per terra.
 P.S. “La differenza tra Democrazia e Dittatura è che in Democrazia prima si vota e poi si prendono ordini; in una Dittatura non c’è bisogno di sprecare il tempo andando a votare”. [Charles Bukowski, Compagno di sbronze, 1972] 
 @DadoCardone Citizen