giovedì 18 giugno 2020

Locke

Da Rousseau a Locke il passo non è breve. Proseguiamo nella nostra piccola e affatto ambiziosa analisi del pensiero occidentale con l’augurio che serva il presente. Russell disse enfatizzando, ma non senza qualche motivo di interesse che se “ Hitler era conseguenza di Rousseau, Roosevelt e Churchill lo erano di Locke ”. Perché questa presa di posizione drastica? Credo perché Locke ribalta per certi versi, pur partendo da un’analisi condivisa, i fattori. Se ricordate Rousseau, Locke ci dice, invece, che:  Lo scopo fondamentale per cui gli uomini si uniscono in comunità e si sottomettono ad un governo è la conservazione delle loro proprietà , di tal guisa che il potere supremo non può togliere ad alcuno una parte delle sue proprietà senza il suo consenso. Una rivoluzione copernicana. La cornice in cui il pensiero si determina nel XVII sec. vede l’antagonismo di due teorie all’origine del governo. L’una, tradizionale, secondo la quale è Dio ad avere affidato il potere a determinate persone, ed esse e solo esse con i loro eredi diretti lo possono esercitare e costituiscono il governo legittimo, il ribellarsi al quale non è solo tradimento, sedizione, bensì empietà. Per l’altra, invece, il governo civile trae fondamento da un “contratto” fra uomini, a cui l’autorità divina non prende parte alcuna. Ovviamente sia Rousseau, sia Locke erano rappresentanti, per quanto diametralmente differenti, di questa seconda visione. Sembra questione di dettaglio andare a vedere, sarà vostro compito, quale siano le declinazioni che distingueranno il percorso teleologico del pensiero fra Locke, Hobbes, Rousseau ... Per Locke il governo, attenti, non è, ne più ne meno, che una delle parti contraenti del contratto sociale, per cui è lecito resistergli nell’ipotesi in cui esso si renda inadempiente alla parte di patto a cui si è impegnato. Attualissimo concetto, come vedremo, se non lo mortificasse prevedendo, sebbene tacitamente, l’esclusione dei poveri e delle donne dai diritti di essere cittadini. Il discrimen che egli poneva allo status di cittadino era dato esclusivamente dalla proprietà, nel senso che chi non possedeva nulla non poteva accedere ai diritti concessi ai cittadini. Pur tuttavia quanto sopra esposto, se non vi siete accorti, avvicina il pensiero di Locke, pur coi sui limiti di censo, al futuro cd. Stato di diritto, laddove pone l’autorità alla pari dei cittadini nella stipula del contratto e indichi come tutti i soggetti protagonisti, nessuno escluso, e, quindi, anche l’autorità, siano sottoposti alla legge. Vi è un quid pluris, un et et ! Il limite a questa visione, oltre a quella che intuibilmente discende dalla limitata “base” della partecipazione permessa solo ai ricchi, che nemmeno la Rivoluzione francese emenderà completamente, ma solo la nascita del movimento socialista porrà come condizione dell’evoluzione del pensiero occidentale, è oggettivo e sta proprio nella mitizzazione del contratto che tutti i cittadini sono chiamati a sottoscrivere, anche i nuovi nati ... quando, dove .... Per esemplificare brutalmente non è dato sapere. E sta, altresì, nello stesso concetto di “maggioranza”, soprattutto se la base sociale è ridottissima, giacché può diventare tirannico alla stessa stregua del diritto dogmatico su base divina del Re. Insomma il pensiero occidentale è frutto di un lungo cammino fatto di piccoli grandi passi a cui ogni pensatore ha contribuito con la propria elaborazione incubando proprio in quei secoli i concetti del moderno Stato. Potrà sembrare disquisire di lana caprina per chi non ha passione, ma se pensate che nell’odierno Iran c’è ancora la teocrazia, il dettaglio vi convincerà di quale sia, invero, la forza della cultura e quanto ogni singola goccia sia capace col tempo di scavare la roccia. 
Roberto Urbinati