martedì 24 maggio 2016

CS Una Mano X Santarcangelo

Cosa dire di questo POC….a costo di sembrare un disco incantato che ripete le stesse cose, questo POC conferma le nostre convinzioni. Possiamo parlare quanto vogliamo di riqualificazione ecc.ecc. Finché si dà la possibilità di realizzare così tanto “nuovo”, anche se a partire da premesse condivisibili, non sarà mai economicamente conveniente riqualificare pienamente l’esistente. E con uno strumento come il PSC attuale, che consente espansioni generalizzate nelle zone più svariate, l’amministrazione non ha veri strumenti per opporsi alle richieste, legittime e legittimate degli strumenti urbanistici, dei privati; ma anzi, il POC risulta scritto dalle istanze dei privati, che vengono accettate senza verificarne la coerenza con una strategia complessiva che non esiste, dato che il PSC è un PRG camuffato. E così andiamo avanti con espansioni, ad esempio commerciale, e non sappiamo se fra qualche decennio anche alcune di queste si trasformeranno in luoghi vuoti, come molti edifici esistenti nelle aree artigianali e commerciali attuali; e intanto il suolo sarà stato consumato. In alcuni casi questo è estremamente evidente, come nel caso dell’area antistante il centro Teorema, dove dovremmo gioire del fatto che vengono ridimensionate le possibilità previgenti; ma non potete chiederci di dimenticare che quelle previsioni erano sbagliate, e dovremmo rallegrarci del fatto che il risultato sarà un po’ meno peggio di quanto poteva essere. Oltretutto questo POC non chiede nulla in termini di qualità architettonica, ci sono prescrizioni di indici e superfici, ma non obblighi di qualità architettonica, ad esempio attraverso concorsi di idee o requisiti progettuali. Il lavoro di coordinamento dei tecnici incaricati si è limitato a mettere insieme in modo organico le proposte arrivate, inserendo elementi come piste ciclabili ecc. ma non vediamo una guida organica ai progetti da realizzare. L’idea di riqualificazione che emerge da questo POC ci sembra coincidere con la scelta del numero e dimensione di interventi necessari per consentire gli interventi pubblici previsti da questa amministrazione. Purtroppo però le lacune del PSC si riflettano nel POC è evidente in alcuni interventi, pendiamo ad esempio uno dei più innocui, quello all’oleificio Brasini, dove per consentire una riqualificazione, giusta, si deve concedere una realizzazione residenziale in area fluviale; cosa se che si sarebbe potuta evitare se, come più volte da noi proposto, nel PSC fossero state previste delle aree in cui trasferire diritti edificatori da concedere a chi riqualifica, cosa che avrebbe consentito, interventi molto diversi da quelli che vediamo nel POC; ad esempio, sarebbe forse stato possibile ridurre l’altezza dell’edificio Gallavotti, concedendo una compensazione altrove? . Un altro esempio lampante di questo permanere dei vizi ed errori di fondo della vecchia pianificazione è l’espansione residenziale in zone in cui non se ne sente la necessità o con destinazione incongrua rispetto a questa destinazione d’uso; parliamo di casale San Vito, in un’area destinata al produttivo, dove infatti già con questo Poc si attuano ampliamenti di attività produttive; espansione residenziale di cui vorremmo che un tecnico ci spiegasse, in quale visione strategica si inserisce? Per parlare semplice, quella porzione di residenziale, a nostro avviso comunque sbagliata, doveva servire a trasferire la volumetria degli edifici residenziali che dovevano essere sostituiti dal produttivo, cioè che le case che si trovano in mezzo all’area del Triangolone; oggi invece siamo la possibilità di utilizzare quei volumi ad un solo soggetto, così se un giorno dovesse partire davvero il Triangolone…quei volumi non sapremo più dove metterli, primo caso di trasferimento anticipato di diritti edificatori. In pratica ce li giochiamo per allargare un po’ la strada. Per entrare nel merito, questo POC prevede un incremento di residenziale e soprattutto commerciale. Sul commerciale abbiamo moltissimi dubbi. Per cominciare, nel valutare la necessità di nuove edificazioni, si è tenuto conto di quanti edifici in disuso esistono? Perché a noi sembra che ce ne siano abbastanza. Inoltre, uno dei vanti di questo paese, di cui non smettiamo mai di riempirci la bocca è il cosiddetto “centro commerciale naturale”; ora vengono previsti almeno due insediamenti di una certa dimensione, destinati al commercio al dettaglio, alle due “porte” del paese, area Paglierani e area Adriauto; quali saranno gli effetti di queste nuove aperture sulle nostre care botteghe? Il nostro comune è accerchiato da centri commerciali poco distanti già esistenti, in più, grazie all’amministrazione del comune di Bellaria, è prevista la realizzazione di un mega outlet a Bordonchio, ovvero dietro l’angolo, di cui forse ancora non abbiamo ben valutato l’impatto anche sulle nostre attività locali; insomma noi la coerenza fra queste previsioni ed il modello di sviluppo che a parole questa amministrazione persegue non ci è chiaro. Residenziale: non servono esperti per sapere che a Santarcangelo le case sono mediamente care, sia da acquistare che in affitto, per cui in teoria l’enfasi sulla edilizia residenziale convenzionata (ERS) è condivisibile; il dimensionamento però non ci convince per niente; di fatto si prevedono circa 400 unità residenziali aggiuntive senza nessuna mappatura degli appartamenti sfitti esistenti; da noi chiesta più volte, ma senza alcuna risposta; sarebbe bastato un ordine di grandezza (ad esempio incrociando i dati imu 2° casa a tasi); invece ci affidiamo ad una strana deduzione che porta a stimare circa 800 famiglie in coabitazione “forzata”. Alla fine della fiera ci troviamo con circa 400 appartamenti da costruire. Con un accesso gli atti abbiamo chiesto un po’ di dati; ebbene gli uffici ci hanno risposto che a Santarcangelo ci sono 10.488 unità abitative e 8.777 famiglie residenti, quindi con un “eccesso” di circa 1.711 unità; le utenze domestiche TARI, pagate anche dai domiciliati non residenti sono 8.674 le utenze ENEL non domestiche sono 1.100, cui sommare quelle di altri gestori; ci sembra che tutti questi dati siano abbastanza congruenti, e secondo noi un dato fra le 1000 e le 1500 unità non utilizzate non è scientifico ma probabile; a voler considerare tutte le particolarità possibili, quanto lo vogliamo ridurre, della metà? Di un terzo? Se fosse un terzo, sarebbero comunque almeno 500 case vuote esistenti; non lo sapremo mai, perché un censimento non è stato fatto, forse non è una priorità. Ma secondo noi prima di consentire nuovi utilizzi del territorio dovremmo conoscere meglio l’esistente e usare tutti i mezzi a disposizione dell’Amministrazione perché il patrimonio esistente sia utilizzato. Secondo aspetto, se queste nuove case fossero sicuramente destinati a famiglie santarcangiolesi esistenti, cioè senza incremento di popolazione, avremmo solo il problema dell’utilizzo del territorio; ma siccome non possiamo porre vincoli in tal senso. È molto probabile che parte delle nuove costruzioni si traduca in nuovi trasferimenti, quindi nuove famiglie, nuove macchine, nuovi studenti, nuovi anziani e nuovi bambini, e allora la domanda è: me dove sono i servizi per questi nuovi abitanti? Perché il POC prevede l’ampliamento della scuola media (per le esigenze attuali) ma non, e questo ci stupisce, la nuova scuola elementare, che fra tutti è probabilmente l’edificio più inidoneo alla sua funzione, non ci sono nuovi asili, non c’è un adeguato dimensionamento dei servizi. FRAZIONI Sulle frazioni, la relazione parla di “studio per la riqualificazione delle frazioni, per valorizzare ogni singola identità e per migliorare la funzionalità dei servizi e delle dotazioni dell’ambito rurale. “ E ALLORA SAN VITO? A cosa serve l’espansione prevista? Per avere un centro civico si aggiunge residenziale in una frazione già troppo popolata per la viabilità che ha, oltretutto di difficile gestione dato che il territorio è diviso fra 3 comuni, nessuno dei quali può intervenire per risolvere interamente i problemi. BUZZI UNICEM Leggiamo dalla relazione “Il progetto di riconversione del complesso Buzzi Unicem costituisce una straordinaria opportunità per il nostro territorio. Il riuso di strutture industriali di grande suggestione va unito ad un nuovo progetto funzionale che deve costituire un elemento di forte attrazione nel percorso della Valmarecchia.” Esaminando i documenti relativi a quest’area non possiamo non notare come nelle altre schede per la riconversione (Adriauto, Pagliarani, Brasini ecc) è sempre previsto un contributo economico, mentre per la Buzzi/Unicem non è previsto niente. L'unico “onere” è "la cessione gratuita dell'area indicata nel masterplan, pulita e bonificata, compreso le strutture esistenti che devono essere cedute in sicurezza, da destinare a Polo culturale ricreativo"; questo significa che la proprietà della Buzzi non realizza alcuna delle opere pubbliche (vedi il centro di quartiere) che dovrebbero essere collocate negli edifici ceduti. Dovendo essere queste opere realizzate con finanziamenti pubblici è molto probabile che saranno realizzate in un orizzonte temporale molto molto lontano. Come già evidenziato nella nostra proposta al forum, la riqualificazione è tutta interna all'area industriale e lascia inalterati, se non addirittura li aggrava, i problemi cronici della frazione di San Michele (viabilità, qualità del tessuto urbano, dotazioni territoriali): è un'area a sè stante con funzioni di scala territoriale che non dialoga con il resto dell'abitato ma solo (forse) con l'asta fluviale di cui vorrebbe costituire una porta d'accesso Di fronte a queste due obiezioni, risulta quasi marginale notare che nella scheda è stata inserita un'area agricola (quella indicata con la lettera D) che non era prevista nella scheda del PSC, cosa per noi abbastanza grave, ma quel che è più grave è che questo progetto smentisce (soprattutto il punto 1) tutti i "buoni propositi" dell'amministrazione comunale e rivelano l'operazione per quello che è: la valorizzazione a costo zero di un'area industriale che altrimenti sarebbe stata solo un costo per la proprietà! Oltretutto, sempre nella relazione al punto 5 L’AMBIENTE E IL PAESAGGIO, si legge: “Gli assi fluviali dell’Uso e del Marecchia costituiscono le maggiori emergenze ambientali e paesaggistiche del territorio. Per questo vanno privilegiati tutti gli interventi, anche minori, di riqualificazione ambientale e di fruizione turistica e del tempo libero, che interessano queste aree. Il POC individua le modalità del ripristino ambientale delle cave esaurite, per esempio ex cave Globo e aree Scrigno, e il recupero a livello ambientale e di fruizione dei laghi Azzurro e Santarini. Inoltre si dovrà avviare la progettazione per il riuso, come percorso pedonale e ciclabile, della ex ferrovia Santarcangelo-Urbino” Nella tavola buzzi compare chiaramente la strada di gronda, che tra l’altro è funzionale proprio allo sviluppo produttivo di quell’area? Come si concilia con il riuso della ex ferrovia Santarcangelo Urbino e la visione turistico-ambientale prevista? Lasciamo per ultimo un altro esempio della mancanza di progettazione strategica che sottende questo POC, ovvero l’ AREA EX CORDERIA, un’area molto vasta che va a completare l’urbano; qui la riqualificazione non c’entra nulla ed è una espansione pura e semplice che non riflette alcuna idea di città. Però è un’area molto vasta, una delle poche ancora libere a ridosso del centro urbano e sarebbe stato il caso, volendo proprio utiizzarla, di non lasciarne uso e destinazione ad una proposta dei privati, anche un po’ disarticolata; se proprio si deve intervenire, si doveva prevedere concorso di idee per la progettazione invece di procedere con una logica prettamente quantitativa, che dispone un po’ di commerciale qui, un po’ di commerciale là, un po’ di residenziale in un altro angolo e il verde dove resta vuoto. Qui non c’è, come nel caso della Buzzi Unicem, un esistente su cui intervenire, che vincola le possibilità; qui basterebbe progettare bene, immaginare una funzione per la città, invece ci si imita a posizionare cose d