lunedì 23 aprile 2012

L'Ultima Riconversione

Da Sarkò al marito di Ségolène L'ultima (ri)conversione della sinistra italiana E la destra Tremonti-Ferrara s'è fatta hollandiana Sic transit gloria mundi, cinque anni fa Sarkò veniva acriticamente esaltato anche a sinistra in Italia, oggi accade che Giulio Tremonti e Giuliano Ferrara (su twitter) elogino Hollande. E naturalmente la gauche italienne non può farsi mancare l'ultimo mito d'esportazione, dopo esserseli pappati tutti: Blair, Zapatero, persino, a suo tempo, Jospin, e ovviamente Obama. Solo che il problema di questi miti è che, innanzitutto, nascono e muoiono ormai alla velocità della luce. Poi è oggettivamente difficile appassionarsi a Hollande, sarebbe come essersi entusiasmati in Inghilterra per Gordon Brown, la sinistra più grigia, burocratica e meno fascinating che ci fosse in giro, una vera, totale antitesi del blairismo. E oltretutto, nella conversione (peraltro sommessa, stavolta) della sinistra riformista italiana da Sarkozy a Hollande c'è anche l'indice di una qualche, diciamo così, indecisione di linea. Cinque anni fa il tandem (in questo caso) Veltroni-D'Alema cantava le virtù dell'ex delfino di Chirac, l'uomo della rupture, per una serie di ragioni che già oggi appaiono consegnate all'oblio: pareva loro il paladino di un vero maggioritario, l'uomo deciso che sapeva fare governi aperti a personalità esterne (Bernard Kouchner agli esteri), il coraggioso che al limite poteva andare oltre lo stantìo dilemma destra-sinistra. Oggi una sinistra italiana in cerca come mai di bussole perdute vede nell'ex marito di Ségolène Royal l'alfiere di una contro-svolta più "di sinistra", appunto: lotta contro le banche corresponsabili della crisi finanziaria, un grande, keynesiano programma di spesa pubblica per far ripartire l'economia e la crescita, un'idea di Europa che non sia puramente germanocentrica e merkeliana... E insomma, così s'aggiunge caos al caos. Le parole lo testimoniano. Sarkò entusiasmava Veltroni e piaceva a D'Alema, nel 2007 il lìder Minimo (come lo disegnava "Tango", il giornale satirico di Staino), constatando la sua rapidità nel formare il governo, andava dicendo «magari avessimo noi la possibilità di fare come Sarkozy, sarebbe una rivoluzione», nessuna trattativa estenuante con alleati da zero virgola. E Veltroni scorgeva nel presidente della «rupture» un uomo-simbolo del bipolarismo: «La grande lezione di Sarkozy è questa; io spero di poter vivere un giorno in un Paese in cui il bipolarismo sia fatto in modo da permettere a persone di rilievo di far parte del governo a prescindere dagli schieramenti». Oggi Bersani s'affretta a far sapere che la vittoria di Hollande metterebbe in moto «delle spinte e incoraggerebbe il nostro progetto, aggregando altre forze nel senso della costruzione di un centrosinistra di governo». Nichi Vendola, nientemeno, dà un'intervista alla Stampa in cui si avventura nell'auspicio post-capitalista, «spero che il voto francese, premiando Hollande, inverta la tendenza segnando la via d’uscita dal liberismo». E quel-che-resta-di-Rifondazione è indecisa se ricavare fiducia da Hollande o laudare il trionfo di Melenchon. Ecco: come passa il tempo e la gloria mortale. Per questo occorrerebbe una certa cautela, foss'anche solo nelle esternazioni. Chi è stato jospiniano, zapatista e nel 2004 zapaterista, poi divenne blairiano, o sarkozista, e ora riemerge d'incanto hollandista; gente che era stata nel giro di pochi giorni cardosiana e poi lulista (sostenitrice persino di Lula!), ora torna a un'idea (meno esotica) di vecchia sinistra europea. Aveva ragione per una volta D'Alema quando, in un discorso alla London School of Economics, a pochi giorni dal voto inglese che premiò Cameron, sostenne che bisognava «smettere di guardare all’estero, Blair, Obama, Zapatero. Alla fin fine tutti cadono». Ma come sempre c'è ricaduto anche lui, e ora è qui a farci sapere che «in Europa sperano tutti nella vittoria di Hollande, anche i governi di centrodestra che non hanno il coraggio di dirlo». Tutti, tranne forse chi vorrebbe un'originale, coerente sinistra italiana. 


 twitter @jacopo_iacoboni
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