domenica 5 luglio 2015

Su Notte Rosa e Catellan

Cinque della mattina. Ad un incrocio di Marebello dei ragazzi tentano di staccare un cartello dalla segnaletica stradale. Sono dell’Alto Adige, si capisce perché al vociare in lingua tedesca associano dei bei bestemmioni in perfetto italiano, se non fosse per l’erre moscia in “Porco”. Il segnale non si stacca, sono troppo ubriachi per riuscirci. Barcollano, caracollano e quando mi si avvicinano vedo che anche gli occhi sono persi nell’assenza di equilibrio. Non sanno dove sono alloggiati, o meglio, non se lo ricordano più, mi chiedono di un albergo il cui nome finisce con la “A”. Storie della “Notte Rosa” penserete voi. In realtà no, questo succede per tutta l’estate, perlomeno in quello che è rimasto dell’estate. Una volta, si sa, la stagione cominciava a Pasqua e finiva a settembre inoltrato. Ora la stagione dura due mesi e c’è pure chi si vanta per aver riempito il primo fine settimana di Luglio, a prezzi scandalosi e di una clientela che nessun albergatore, se non costretto dalla crisi, prenderebbe mai in albergo. La Riviera è grande e stipata di alberghi. E’ stata pensata quando chiunque si poteva fare almeno 15 giorni di vacanza. Da allora il turismo è cambiato completamente, ma non il modo di gestirlo. Una cospicua parte dei 1250 alberghi di Rimini, ad esempio, sono l’ideale per una clientela che usa il letto solo per svenire e gli frega poco di essere alloggiata in un museo del modernariato. Il perché di questa situazione è noto ai più, ma si fatica a dirlo a voce alta. Un’azienda regolare, un’azienda che guadagna, continua a reinvestire su se stessa. E’ normale che sia così perché certi investimenti sono una sostanziale detrazione dalle tasse. Ci sono solo due motivi per cui un’impresa non dovrebbe farlo: o chi la gestisce è stupido e dunque preferisce spendere in tasse, o i guadagni reali non sono dichiarati. Vi sono stati momenti in cui la Riviera era così piena per tutta l’estate che anche a prendendo un albergo in affitto, pagando la metà in nero, c’era da farci un bel guadagno (altroché azienda a conduzione familiare). Quei tempi sono decisamente passati, gli unici che possono dare 60 mila euro in nero per un due stelle che non supera le quaranta camere sono dei criminali bisognosi di riciclare denaro e il parco degli Hotel è rimasto fermo ad una polaroid degli anni ’80. Non basta. Come abbiamo detto, la clientela è diventata poco pretenziosa, se non nell’opportunità di compromettere seriamente fegato e neuroni. Un’altra delle conseguenze è che, oltre che sull’arredamento, si può risparmiare chiudendo un occhio anche sul personale, atteggiamento che genera veri e propri fenomeni di schiavismo. Esistono agenzie interinali rumene che permettono di scegliersi personale ai piani senza tutti i pretenziosi diritti dei lavoratori italiani, tipo quello di essere pagati. E’ un cane che si morde la coda. Meno qualità, basso livello della clientela, ancora meno qualità. A chi spetta rompere il circolo vizioso? Non agli albergatori, che evidentemente reagiscono alla crisi implementando politiche di risparmio, anziché l’investimento. Tantomeno alle associazioni che, in fin dei conti, sono composte da reazionari che difendono la categoria, anziché stimolarla ad una sana autocritica. I clienti, la cui identità specifica cambia a seconda di quello che offri loro, proprio non possono ed allora…. Eh sì, tocca proprio alle amministrazioni. Un altro selfie da qualche migliaio di € per il Sindaco. Un altro selfie da qualche migliaio di € per il Sindaco. Esistono (esisterebbero) vari modi per affrontare il discorso. A Rimini si è scelto il più pernicioso, quello di un Primo cittadino con la scimmia della notorietà, per cui ogni azione deve essere un’occasione da selfie. Poco male in inverno quando alla peggio bisogna sopportarlo con un caschetto in testa che fa finta di dirigere i cantieri, scatenando l’effetto Village People. D’estate purtroppo vuol essere lui l’anima della festa e blocca l’intero impianto turistico su due o tre occasioni che portano vantaggio solo ai soliti noti, saziano il suo appetito mediatico e lasciano fuori bravi imprenditori ed enormi zone della città, come Rimini sud… o Rimini nord, visto che per lui Rimini è solo il Grand Hotel, il Porto, Il Ponte, il Teatro. L’iniziativa Selfie di quest’anno è l’uso di gigantografie dell’artista Maurizio Cattelan. Da un catalogo del 2010, chiamato Toiletpaper, sono state scelte delle immagini su cui è stata apposta la scritta “Saluti da Rimini”. Le immagini sono poi state messe in posizioni strategiche (il Grand Hotel, il Ponte, Il Porto… che ve lo dico a fare). A qualcuno sono piaciute, ad altri no, ma non è questo che determina il successo o l’insuccesso dell’iniziativa. Secondo noi di Citizen, la città di Rimini è così piena di persone che non hanno la minima idea (né gli importa) di chi sia Cattelan che prendere immagini da un suo catologo è assimilabile ad arredarsi una casa con litografie dell’Ikea. Il fatto che gli estimatori di Cattelan possano scegliere Rimini per delle esposizioni estemporanee appare decisamente improbabile. Un diverso effetto si sarebbe ottenuto usando Cattelan per quello che è in realtà, ossia il provocatore che in Polonia ha esposto una sua opera in cui veniva rappresentato Papa Wojtyla centrato da un meteorite. L’unico problema sarebbe stato che, chiedendo all’artista di applicarsi intenzionalmente su Rimini, il risultato non sarebbe piaciuto all’Amministrazione… perché da queste parti di materiale per provocare ce n’è parecchio e sono tutti guai PD.
P.S. “Dimmi di cosa ti vanti e ti dirò di cosa sei privo“. [Carlos Ruiz Zafón]
@DadoCardone Citizen