venerdì 21 agosto 2015

Non è il mio giardino

Democrazia: una bella parola seminata da tutti e raccolta da pochi, così come la politica professata da tutti a beneficio dei pochi. Democrazia e politica sono due aggettivi spogli e nudi di sé e del loro significato, così come lettera greca al contrario avrebbe voluto. Democrazia è da lungo tempo il – non luogo – dove scegliere, quanto la politica il – non esercizio – del confronto; i mezzi dell’ uno e dell’altro argomento sono affidati alle corporazioni ed alle congreghe alle quali ognuno di noi appartiene : volente o nolente, coscienziente o inconsapevole. Da tutto questo generiamo vergognose dottrine confezionate e cucite addosso come un abito di alta sartoria: ne più, ne meno. Sommariamente conta assai poco discutere o disquisire sui pensieri altrui quanto sulla doxa pubblica, quando la sola tua verità è più vera della mia, per quanto in realtà è il solo mio interesse ad essere superiore al tuo. Quando uno Stato od una città vengono amministrati dalla sola volontà dei pochi, quando la maggioranza dei cittadini non partecipa più ad una scelta democratica nel proprio voto, allora vuol dire semplicemente che gli interessi dell’intera collettività sono completamente disattesi. Abbiamo sostituito l’ aggettivo – democrazia - con – Ahh ciò!! – e la politica con – Amho di! – : chiari fonemi riminesi quando li pronunci, senza bisogno di ulteriori traduzioni lessicali ; dicono già tutto. Ognuno rincorre il proprio twit, il proprio blog, la propria pagina facebook preferita, per convincersi che la propria denuncia e accusa è l’unica vera e possibile sentenza che possa scagionarlo da un qualunque vizio o peccato capitale. E così tutti quanti, continuiamo ad indottrinarci del nostro unico sentimento semplice e primitivo: il mio interesse. Se tu non fai parte di un qualunque - circuito di interesse - , sei fuori. Peccato che per interesse non si attenda a ciò che incuriosisce sapere e conoscenza, ma quanto a ciò che materialmente si ottiene in vantaggio e favori per se e pochi altri. Ho già passato oltre metà della mia vita in questa città, per vedermi sempre le stesse congreghe stracciarsi le vesti in piazza in nome del bene comune e dell’ interesse collettivo, rimescolandosi il giorno dopo ad un nuovo gonfalone e ad ogni nuova corporazione, ma sempre gli stessi sono. Riciclati, rifatti, ricostituiti nelle sembianze e negli abiti e ambiti più diversi, ma sempre quelli sono. Chi? Quelli che da sempre propagandano politica da salottino o da bar; quelli che ti rispondono sempre : - Mhu mèè??!! Amho ciò! An so stè me! - . E tu li che resti con il tuo senso di colpa guardandoti allo specchio e ti rispondi : - A so proprì un pataca mè ! - Il sentimento diffuso doverebbe essere – diffidare - , e non più – rassegnazione – o peggio – disperazione -. Non vorrei più sentire parole e slogan che richiamano qualcuno, ma intenzioni che richiamino a qualcosa di concreto e soprattutto vero. Non mi interessa quante cose si vogliano fare, ma facciamone una decente tendente al possibile. Se anche a questa vetta non siamo capaci ad aspirare, altro non ci resta che attendere il crollo delle coscienze. 
Ernesto Reali