martedì 15 gennaio 2019

Agenzia di Viaggio Migrante

Ci sono i viaggi di seconda e di prima classe. Quelli dei barconi che partono dalla Libia e vengono soccorsi in mare. O quelli delle barche a vela che approdano direttamente sulle coste siciliane o calabresi, com’è successo per i 51 migranti curdi di Torre Melissa. Il tariffario varia, a seconda delle distanze, della sicurezza delle imbarcazioni e dei tempi di attesa. Ed è facilmente reperibile sui social network, Facebook e Instagram in testa, dove i trafficanti si comportano come veri e propri imprenditori. Con tanto di pubblicità delle tratte, sconti e promozioni per donne, bambini e anziani, e anche “pacchetti famiglia” in saldo. Tutto alla luce del sole. Come è venuto fuori dalla ricerca “Surf and Sound. The Role of the Internet in People Smuggling and Human Trafficking”, condotta dal gruppo Ecrime dell’Università di Trento, guidato da Andrea Di Nicola. È bastato mettere un annuncio, con un profilo falso per ogni social, su una delle tante pagine o gruppi pubblici. E con l’aiuto di un collega di madrelingua araba, i ricercatori si sono finti immigrati illegali. Dopo poche ore, sono stati inondati dai contatti di trafficanti e scafisti. Alcuni dei quali si definiscono proprio come “agenzie di viaggio”. Pensano a tutto e offrono pacchetti completi: non solo il viaggio, via mare, aereo o terra, verso l’Europa, ma anche falsi passaporti e informazioni utili sui visti e le procedure per la richiesta di asilo una volta approdati. «Il fenomeno dei barconi, così come lo vediamo in tv, costituisce solo una delle tantissime modalità dell’immigrazione irregolare», dice Gabriele Baratto, tra gli autori della ricerca. «Tra le altre modalità più usate, c’è quella più costosa delle barche a vela o degli yacht turistici, che contengono meno persone e sono anche più difficili da intercettare da parte delle autorità, che spesso valutano il galleggiamento delle imbarcazioni per individuare le irregolarità». Il fenomeno dei barconi costituisce solo una delle tantissime modalità dell’immigrazione irregolare.  Molti dei profili social dei trafficanti sono facilmente accessibili usando semplici parole chiave in arabo: “viaggi per l’Europa”, “visti”, “Schengen”. Gli annunci indicano di solito un generico punto di partenza, qualche informazione sul prezzo e un numero di telefono. E da lì poi ci si sposta alla comunicazione telefonica tramite Messenger o Whatsapp. I nomi delle pagine variano spesso, per evitare di essere individuati. E anche se i trafficanti cambiano di continuo schede telefoniche, è facile recuperare in poco tempo i contatti online. «Internet facilita la fase di reclutamento e partenza», ammette uno dei trafficanti intervistati. Quello che emerge è la profonda conoscenza delle norme nazionali e internazionali da parte delle organizzazioni criminali. Oltre che la capacità di adattamento al cambiamento delle rotte. Chiusi i Balcani, dirottano sulla Libia. Chiusa la Libia, ci si sposta in Marocco o Tunisia verso la Spagna. «Hanno un’ottima conoscenza delle legislazioni e del sistema dei controlli», conferma Baratto. «E adattano le rotte al variare dei contesti geopolitici». Uno di loro in una precedente ricerca commentò: “Voi alzate pure i muri. Io tanto cambio rotta e chiedo prezzi più alti proprio perché c’è il muro”. «L’Europa è come uno scolapasta», dice Baratto. «E l’ondata migratoria è l’acqua che passa attraverso». Un vero e proprio “mercato criminale”, insomma, con una gerarchia che va dai profili più alti fino alla bassa manovalanza. Le nazionalità sono differenti a seconda delle tratte e delle tappe. Il primo reclutatore, di solito, è della stessa nazionalità del migrante. Poi si passa di mano in mano, anche con trafficanti improvvisati. Come fu per i tassisti serbi al confine con l’Ungheria. O i piccoli pescatori e agricoltori greci quando era attiva la rotta balcanica. «Le organizzazioni criminali si comportano come veri e prori imprenditori», spiegano i ricercatori. Su una delle pagine Facebook intercettate, era presente anche il pulsante “call now” per contattare con un solo clic i trafficanti e chiedere informazioni sull’acquisto di documenti falsi. In altri casi i trafficanti comparivano su video in diretta per rispondere alle domande in real time, in modo da poter organizzare il viaggio in pochi minuti. E ogni social ha la sua specificità. Su Instagram si trovano facilmente immagini di navi o aerei che pubblicizzano, in inglese o in arabo, la vendita di viaggi e documenti falsi, seguiti dai numeri di telefono da contattare. Il viaggio dalla Libia all’Italia può costare dai mille ai 4mila euro, ma le madri con i bambini hanno sempre un prezzo scontato, 1.700-2000 euro. Ci sono le promozioni per gli anziani, i minori sotto una certa età e i “pacchetti famiglia” Il tariffario è molto variabile. Per i viaggi su “yacht turistici” dalla Turchia ad Atene, il costo è di 2.200 euro. Per il viaggio via terra da Istanbul, con due ore di cammino, si scende a 1.700 euro. Per un viaggio aereo, con documenti falsi, da Atene alla Germania si chiedono 2.500 euro. Con 3.500 euro, i trafficanti assicurano anche un posto dove dormire. Per i viaggi più lunghi, dalla Turchia all’Italia, su una “barca commerciale”, come quelle che trasportano grano o altri prodotti, si chiedono 3.800 euro. Ma c’è anche la possibilità di un aereo dalla Turchia verso i Paesi europei a 6.500 euro. Negli annunci delle offerte, vengono descritte le caratteristiche delle imbarcazioni, con tanto di lunghezza e capienza. E ci sono anche gli sconti: il viaggio dalla Libia all’Italia può costare dai mille ai 4mila euro, ma «le madri con i bambini hanno sempre un prezzo scontato, 1.700-2000 euro. Una persona che ne porta almeno altre cinque o sette può addirittura viaggiare gratis», dicono i trafficanti. È così che, chiudendo gli accessi regolari, il mercato dell’immigrazione illegale è finito nelle mani di organizzazioni criminali esperte e sempre in evoluzione. «La domanda di emigrazione esiste», spiega Gabriele Baratto. «Se non c’è offerta legale, se ne appropriano le organizzazioni criminali, come avviene in qualsiasi altro mercato». E come ogni business, ognuno ha la sua reputazione. «La professionalità di un trafficante e del suo network è dimostrata dal successo dei suoi viaggi», scrive il gruppo di ricercatori di Trento. «E questo accresce la fama e la reputazione tra i potenziali clienti lungo le rotte». L’Italia, si sa, non è solo Paese di approdo. Nelle intenzioni di molti migranti, è soprattutto un Paese di passaggio per viaggi che poi continuano verso il Nord Europa. Una volta arrivati sulle nostre coste, c’è anche chi si occupa del “pacchetto completo” per attraversare il confine. E a volte sono coinvolti anche trafficanti di nazionalità italiana. Se accedere ai profili Facebook è molto semplice, le indagini delle forze dell’ordine, in compenso, si dimostrano molto deboli. «Una volta individuato uno di questi profili», dice Baratto, «gli agenti necessitano di una forte collaborazione internazionale per arrivare a chi lo gestisce. Cosa difficilissima. Anche perché questi criminali si muovono con estrema velocità». Nello “scolapasta” europeo, insomma, tappare i buchi sembra quasi una missione impossibile. E finché l’unico modo per arrivare in Europa saranno le rotte illegali, a vincere saranno le “agenzie di viaggio” multinazionali dei trafficanti. 
Redazione