sabato 26 settembre 2015

Conferenza Stampa di Dreamini

Fiera di Rimini e Privatizzazione. Menzogne e Vere Soluzioni
Di recente in Consiglio Comunale è stata approvata una delibera dal titolo: "Indirizzi per l'Avvio del Processo di Privatizzazione di Fiera di Rimini SpA Mediante Relativa Quotazione al Mercato AIM". La propaganda politica più becera e scadente sembra così avere contaminato anche il linguaggio degli atti amministrativi. Per onestà verso i cittadini proprietari della Fiera di Rimini infatti, il titolo della delibera avrebbe dovuto richiamare le vere motivazioni per cui il Comune va in cerca di fondi: e cioè perchè non sa come ripianare diversamente i debiti contratti con banca Unicredit per la costruzione del Palacongressi. Per questi debiti la banca detiene in pegno la maggioranza delle azioni della stessa Fiera che si dice di volere privatizzare. Per meglio dire, se non si riprendono i pagamenti delle rate del mutuo, sospesi perchè non si sa dove trovare i soldi necessari, la banca diventerà azionista di maggioranza di Fiera di Rimini SpA, togliendola dalle mani di noi riminesi. Così, se il titolo della delibera fosse stato scritto con un linguaggio corretto e rispettoso verso i cittadini proprietari, per esempio con un: "Vendita di Partecipazioni Azionarie di Rimini Fiera SpA per il Reperimento dei Fondi Necessari alla Ristrutturazione del Debito di Rimini Congressi Srl", gli stessi potrebbero facilmente chiedersi: "Di chi è la responsabilità di tutto questo? Perchè dobbiamo vendere azioni della Fiera per pagare le rate del mutuo del Palacongressi? Ma non era stato detto che il Palacongressi avrebbe generato utili tali che si sarebbe pagato da sè l'investimento per la sua costruzione?". Le risposte sarebbero piuttosto semplici: la responsabilità è principalmente di Lorenzo Cagnoni, il maggiore fautore dell'investimento di circa centoventi milioni di euro per il Palas. Quel Lorenzo Cagnoni che ha sempre dichiarato che il business del Palacongressi avrebbe portato utili, e che invece sta portando un mare di perdite, tanto da costringere i cittadini riminesi a vendere i gioelli di famiglia per ripagare un debito contratto per sua volontà. In un qualsiasi gruppo sociale che miri alla propria sussistenza in condizioni di prospera stabilità, un manager che ha commesso un errore di questa portata sarebbe immediatamente allontanato dalla proprietà dell'azienda. In quel di Rimini invece, viene mantenuto nella propria posizione dall'azionista di riferimento, il Sindaco e Presidente della Provincia Andrea Gnassi. Lorenzo Cagnoni continua quindi a dettare la linea, e continua da anni a propinare previsioni economiche che puntualmente si rivelano sbagliate, con grave danno non certo per lui, ma per tutti i cittadini proprietari del sistema che dirige e che lo retribuisce lautamente (anche se non è dato sapere quanto, considerato che ha sempre impedito che questa informazione diventasse di pubblico dominio, nonostante le richieste formali di Consiglieri Comunali). Del resto, che l'investimento sul Palacongressi sia fallimentare, lo testimonia indirettamente anche l'advisor KPMG che, nella sua relazione commissionata dal Comune di Rimini ed allegata alla delibera, scrive di come il Palas non sia di interesse per il mercato. In altri termini, nessuno sarebbe interessato all'acquisto, perchè nessuno riterrebbe possibile ricavare utili dalla sua gestione, tranne Lorenzo Cagnoni naturalmente, e probabilmente solo in occasione delle sue "sparate" alla stampa. Viene da domandarsi allora per quale recondita ragione il Sindaco Andrea Gnassi sia tanto succube di Lorenzo Cagnoni da lasciare che egli continui a dettare la linea manageriale di Fiera e Palacongressi, dopo che quest'ultimo ha dato dimostrazione certa e fattuale di non esserne capace. Forse, è per la semplice ragione che il potere politico ed economico che ha consentito la sua elezione, e che ha eventualmente in mano il suo futuro politico, era ed è tuttora rappresentato dal ristretto numero di notabili che sedevano al Bar Cavour il giorno della proclamazione dei risultati elettorali delle elezioni amministrative 2011, e cioè Lorenzo Cagnoni, Vasco Errani e Maurizio Melucci, assieme a pochi altri. La presunta privatizzazione (una possibile vendita di non più del 10% + 10% delle quote azionarie ed un aumento di capitale di circa dieci milioni di euro), in realtà una ristrutturazione del debito, tocca alcuni aspetti importanti per la nostra città dal punto di vista politico e soprattutto per quello economico. Va subito ricordato come il Consiglio di Amministrazione di Fiera di Rimini SpA sia il luogo riminese in cui il consociativismo ha trovato la sua massima espressione, è sufficiente scorrerne i nomi per appurare come sinistra e destra si siano spartite una delle torte più ricche per quanto riguarda le poltrone. Si può ricordare il motore immobiliare comunque acceso per la realizzazione delle infrastrutture, così come il passaggio di proprietà dei terreni su cui sono stati costruiti i padiglioni dopo un posizionamento strategico in tal senso. Infine, si può notare come destra e sinistra si siano divise anche il business delle forniture di beni e servizi, con circa venti società partecipate che lavorano in regime di monopolio per Fiera di Rimini SpA. Se vi sono motivazioni economico-consociative dietro le sconfitte elettorali del centro destra negli ultimi anni, sicuramente queste possono essere ritrovate in buona parte presso i padiglioni fieristici. Fatte queste considerazioni, si può concludere che la finta privatizzazione parziale sia un modo per evitarne una vera totale, mantenendo intatto il blocco di potere politico - economico che controlla la città, blocco in grado non solo di decidere chi deve sedere nelle poltrone più appetibili e chi deve eseguire forniture di beni e servizi in un indotto importante, ma anche e soprattutto chi deve essere il Sindaco e Presidente della Provincia. A tal proposito va notato come il gruppo di potere politico - economico dominante sulla città sembra non avere ricavato nessun insegnamento dalle recenti disavventure giudiziare relative alla pietosa vicenda Aeradria. Pur essendo praticamente tutti indagati e presumibilmente vicini al rinvio a giudizio, tutti tranne il sempre puro e immacolato Melucci (chissà perchè, poi), sembrano continuare a sfidare la pazienza del potere giudiziario. La doverosa prudenza amministrativa, le norme civilistiche in materia di bilancio, la recente disciplina legislativa sulle false comunicazioni sociali, le perdite seriali nella gestione e, non ultimo, il giudizio tranciante di KPMG circa l'appetibilità sul mercato del Palacongressi, avrebbero dovuto indurre il management ad una corposa svalutazione del valore di bilancio del Palacongressi stesso, specie in vista di una quotazione in borsa. Invece nulla, il valore del Palacongressi viene mantenuto praticamente intatto, come se l'ormai manifesto fallimento dell'investimento possa essere venduto impunemente come un successo, non solo all'opinione pubblica imbonita e assopita con schiere di comunicatori retribuiti, ma anche alla platea dei Pubblici Ministeri riminesi che, negli ultimi mesi, sembrano mostrare una rinnovata attenzione ai fatti di interesse pubblico - economico ed una iniziativa maggiore nel campo rispetto al recente passato. La finta privatizzazione ha dunque lo scopo malcelato di mantenere nelle loro posizioni i veri padroni della città, a fronte del loro fallimento dal punto di vista della programmazione economica per cui sono pagati, fallimento a danno però non loro, ma di tutti i cittadini che ne sono i veri datori di lavoro. Non è solo questo l'effetto della prossima finta privatizzazione, purtroppo. Considerate le condizioni di vendita delle quote azionarie e quelle dell'aumento di capitale, quali investitori potranno mai essere attratti? Solo quelli istituzionali e politicamente affini probabilmente, come per esempio la Regione, oppure quelli privati che, in cambio, si aspettano dei favori di tipo economico. Il recente acquisto da Rimini Fiera SpA dei terreni prospicienti il Palacongressi da parte di Conad per sedici milioni di euro, e soprattutto il successivo ed apparentemente inspiegabile e repentino spostamento del Mercato Ambulante che verosimilmente ne comprometterà il giro di affari, sembrano alimentare forti dubbi in tal senso. Nel primo caso poi, va notato come l'ingresso di investitori istituzionali, che già detengono partecipazioni in altre realtà fieristiche regionali, potrebbe compromettere una futura possibile vera e totale privatizzazione della Fiera di Rimini. Un gruppo internazionale che fa di quello fieristico il proprio business principale per centinaia di milioni di euro anno, per quale ragione dovrebbe acquistare le quote di maggioranza di una fiera in cui vi sono soci concorrenti, che siedendo nel Consiglio di Amministrazione possono accedere ai loro piani strategici? La mossa assume insomma anche le vesti di una operazione atta a pregiudicare gli spazi di movimento di una amministrazione di colore diverso dall'attuale, che intenda spazzare via l'ormai disastroso dirigismo pubblico, in un settore che potrebbe essere affidato, con opportune e rigide clausole contrattuali, al privato qualificato. Infine, a completare un quadro già sufficientemente fosco, va messo in evidenza come nella delibera di Consiglio Comunale e nei documenti allegati non vi sia traccia dell'attività di scouting, ossia di contatto e dialogo con eventuali soggetti interessati all'acquisto delle quote azionarie. Non è chiaro quindi se l'incarico all'advisor KPMG non sia esaurito e questi stia ora svolgendo questa attività, oppure se si tratti semplicemente di silenzio sulla questione. E' un aspetto su cui deve essere posta la massima attenzione da parte del Consiglio Comunale, che deve dettare le linee essenziali del bando di vendita con apposita delibera, perchè i bandi ad personamsembrano essere accompagnati da una certa sfortuna in tempi recenti, non si vorrebbe davvero vedere l'ennesima indagine penale aperta pochi giorni dopo l'assegnazione del bando, come per il caso dell'aeroporto. Una soluzione definiva ed ottimale dei problemi del sistema fieristico-congressuale potrebbe venire da una vera e totale privatizzazione di Fiera di Rimini SpA. Eventuali timori circa l'eventualità che il soggetto privato possa negli anni portare in altre piazze eventi di prestigio e fondamentali per la loro ricaduta sul territorio, potrebbero essere tranquillamente fugati con opportune e forti clausole contrattuali di vendita. La privatizzazione totale di Fiera di Rimini Spa è sicuramente controversa, e può essere giusta oppure sbagliata, opportuna oppure inopportuna, anche e soprattutto in funzione della qualità del management pubblico che la classe politica locale ha saputo esprimere negli anni. Considerato il sostanziale fallimento dell'investimento di oltre 120 milioni di euro per il Palacongressi con i relativi problemi di mantenimento in mani locali della proprietà della Fiera, e soprattutto il disastroso fallimento di Aeradria, non possono esservi dubbi su quale sia la soluzione da adottare per i prossimi anni.