giovedì 10 settembre 2015

Sanzioni e inni nazionali

Parole e musica di George Soros. Era assolutamente facile prevedere, e lo abbiamo fatto due giorni fa, quello che avrebbero scritto i giornali “atlantici” sulle ultime mosse di Putin nella crisi siriana: la colpa dei milioni di profughi non è dell’Isis, ma del Presidente russo in quanto i siriani “fuggono da Assad” e non dagli integralisti decapitatori. Questa bella e intelligente tesi campeggiava oggi sulle prime pagine della Stampa, Corriere della Sera, Sole 24 Ore. Stranamente un po’ più prudente, l’ammiraglia renziana Repubblica che però riporta le “minacce” alla Russia del Ministro degli Esteri italiano Gentiloni (alzi la mano chi si ricordava che l’Italia avesse un Ministro degli esteri). Nessun giornale ovviamente si sbilancia nel dire che una buona metà della valanga di clandestini che si sta abbattendo sull’Europa non è siriana e nemmeno libica ma viene direttamente dall’equatore. Chi abita a Rimini lo può vedere tutti i giorni passeggiando in centro nonostante il carliniano “pungiglione” non veda nulla. Forse perché gira di notte e questi sono davvero molto scuri. Men che meno si può dire che una grossissima fetta dei profughi, e qui, per controllare, basta andare al pronto soccorso dell’Ospedale Civico, viene dal Kosovo giusto giusto ”liberato” da noi e dagli americani nel decennio scorso. Questa notizia poi è davvero “top secret” e diffonderla può essere un reato. In questo panorama molto parziale di ordinaria follia giornalistica del 10 settembre 2015 e in attesa dell’11 settembre, spicca qualche notizia sempre di questo panorama, ma che fa almeno sorridere. Nelle sanzioni contro il feroce orso russo sono entrati gli inni nazionali. Infatti negli ultimi giorni in numerose competizioni vinte da atleti di Mosca le bande musicali sbagliano sempre a suonare gli inni. Al posto dell’attuale inno russo ritornato in servizio nel 2000 e che ricalca quello sovietico (nella musica ma non nei testi) nelle premiazioni di questi giorni viene spesso suonato l’inno (un brano di Hlinka) che fù l’inno russo nel decennio di Eltsin. Il più bel periodo dal punto di vista occidentale della storia russa quando l’ultimo attachè dell’ambasciata americana contava più del primo ministro. E Tim Garton Ash “faceva” personalmente la politica economica dell’ex impero del Male con i risultati che molti ricordano. Peccato però che i russi di oggi la pensino diversamente.
Woland
P.S. Tim Garton Ash, per chi non lo sapesse, è un “medio guru” di Wall Street consulente personale della famiglia Eltsin e in particolare di Anatolj Cjubais che dopo un periodo di oscurità sta in questi mesi conoscendo un ritorno di popolarità con la prevalenza dei Neoconservatori negli ultimi tristi anni della presidenza Obama.