martedì 22 settembre 2015

Il Cancelliere: Il Molo Grigio

“Io andrò da lui ma lui non potrà mai venire a me”. Sam II 11.13.
Con quest’ultimo breve richiamo si conclude la metafora che il Cancelliere ha voluto trasmetterci. Questa volta l’abbiamo capita anche se, quasi, è forte la tentazione di rifiutarla. Vediamo da ultimo cosa ci scrive. Il Gran Kan Kublai ha sognato una città e la descrive a Marco: “Il porto è esposto a settentrione in ombra. Le banchine sono alte sull’acqua scura che sbatte contro i murazzi. Vi scendono scale di pietra scivolose di alghe. Barche spalmate di catrame aspettano l’ormeggio di quelli che partono e si attardano sulla calata a dire addio alle famiglie. I commiati si svolgono in silenzio ma con lacrime. Fa freddo, tutti portano scialli sulla testa. Un richiamo del barcaiolo tronca gli indugi. Il viaggiatore che parte si rannicchia a prua. s’allontana guardando verso il capannello dei rimasti. Da riva già non si distinguono i lineamenti, c’è foschia, la barca accosta al bastimento all’ancora; sulla scaletta sale una figura rimpicciolita che sparisce, si sente alzare la catena dell’ancora che raschia contro la cubia. I rimasti si affacciano agli spalti sopra la scogliera del molo, per seguire con gli occhi la nave fino a che questa doppia il capo. Agitano ancora un fazzoletto bianco. Mettiti in viaggio, esplora tutte le coste e cerca questa città, dice Kublai Kan a Marco Polo, poi torna a dirmi se il mio sogno risponde al vero. Perdonami signore: non c’è dubbio che presto o tardi mi imbarcherò a quel molo, dice Marco, non tornerò a riferirtelo. La città esiste e ha un semplice segreto: conosce solo partenze e non ritorni.”
 Il Cancelliere