domenica 20 settembre 2015

La Croce Elettorale

C'è un passato remoto, un passato odierno e un passato prossimo al divenire; per il futuro esteso non sono attrezzato, a meno di credere ad un improbabile destino. Eppure tutti siamo protesi al domani, a quel futuro esteso, a quell'istante posto sempre un pò più in la di noi per essere vissuto ora. Proprio quel tanto che basta a farci dimenticare la delusione dell'oggi: solo così si allontanano gli spettri delle colpe odierne. Barattiamo un passato certo per un futuro improbabile, illusi di ricavarne un profitto vero. Questo il risultato : un nulla di fatto. Ormai non so più catalogare neppure le mie colpe, quanto quelle dei miei concittadini; sempre ammesso che quest'ultimi siano disposti ad accettarle per la propria parte: ne più ne meno, ad ognuno le proprie. Ad iniziare dalla croce laica: quella che raffiguri nel segreto dell'urna, ma che poi ti trovi a portare sulle spalle. La differenza fra i due singoli momenti, è che il primo è causa, ed il secondo è il conseguente effetto, quindi a ritroso noi siamo effetto della causa. Non possiamo pensare di compiere un'azione senza che essa non ne provochi un effetto; questa regola è universale e vale per qualunque sistema fisico e non: non ci scappi proprio fuori da questa cosa. Di nuovo devi ritornare all'inizio del tutto : il passato è causa, il futuro è effetto. Qual è la cosa che al meglio devi meditare? La causa o l'effetto? Sono propenso alla prima, per non subire la seconda. Quando profili quella croce nel segreto dell'urna, la dovresti davvero meditare e sentirtela addosso prima di inscriverla sulla tua testa come il - titulus crucis - : per questo motivo si decise che il simbolo chiaro e inequivocabile della tua volontà potesse essere solo una croce. Un segno di sacrificio, di responsabilità, ma anche di amore e condivisione. E' un concetto universale valido per laici e religiosi: indistintamente. In quella croce e su quella croce determini causa ed effetto del tuo amore e del tuo sacrificio. Proprio per questo motivo non puoi delegare, e non puoi sottrarti a ciò che il tuo gesto scaturisce nell'effetto: le conseguenze restano inesorabilmente tue. Basta sollevare la testa e guardarsi attorno, fra i muri del tuo quartiere e le increspature della spiaggia per accorgersi dell'effetto di quella croce che ti porti sulle spalle; non cè bisogno di guardare fra le stelle più lontane per trovarne risposta. Ma tutto ciò non basta, se davvero tutto l'effetto del peso di quella croce ricadesse esclusivamente su di te; forse ne accetteresti la pena come intima colpa, ma così non è. Quel peso e quella croce, la addossi anche a chi ti è prossimo: ai tuoi figli, ai tuoi cari, ai tuoi stessi amici di sempre. A tutti questi cosa rispondi di solito? - Amho di! E' un fonema che spesso ripeti come un mantra quotidiano, il quale letteralmente non si traduce in niente, ma è intriso di un significato universale e tombale nel suo divenire. E' come arrivare al confine del mondo conosciuto, oltre il quale non esiste altra soluzione, altra parola, altra azione possibile. - Amho di! - E' l'accettazione dell'effetto, quanto la stessa presa di coscienza di quella causa che così presto hai dimenticato, eludendo la tua stessa colpa. - Amho di! - E ritorni a caricarti quella croce sulle spalle, senza chiederti se quel sacrificio valga così tanta pena per così poco amore. - Amho di! - E' un infelice baratto fra le tue illusioni e la verità che neppure hai voluto vedere fra le strade del tuo quartiere e le facce desolate dei tuoi figli: neppure loro ci credono più. Ci troviamo così fra un - Amho di!- e un - Amho ciò! - ; fra una causa ed il suo effetto; fra una croce figurativa e una croce vera; ora non cè neppure più il tempo per disquisirne con arte retorica su cosa e come, su quando e se. Ora ci sono solo macerie da raccogliere, e neppure basterà questo: il crollo definitivo deve ancora avvenire; siamo nel pieno della fase - tremor -. Possiamo puntellare, contenere, circuire i danni all'interno di un confine preciso, ma non evitare il crollo. Possiamo e dobbiamo salvare il salvabile. Ora e adesso: domani è già tardi. Lo possiamo fare alla nostra prima occasione, e nella nostra quotidinità con uno stop univoco a tutti e tutto : stop ai sindaci-visionari, stop alle finte metropolitane, stop ad una sanità vasta, che di vasto ha solo i numeri di un business plan inciso sulle carni della sofferenza. E ancora stop alle “marchette di quartiere”, fatte di promesse elettorali che si ripresentano con il solito camion di - brèsha - scaricato nell'ennesima buca di strada. Stop al crollo dei ponti come fossero punizioni divine, invece di semplice e conclamata incapacità dirigenziale. Stop ai favoritismi costruiti con lettere di patronage firmate con soldi e speranze dei cittadini. Stop a dirigenti, amministatori delegati arrivati da non si sa dove, nominati da non si sa chi, ma ben pagati dai soliti noti : "Nun!". Noi! - Adès eh basta! - Una tempo si diceva così per mettere la parola fine. Pochi giri di parole, ma fonemi chiari e limpidi : - Adès eh basta! La forma dialettale spesso aiuta nella chiarezza di intento e di principio, perchè non ha bisogno di ulteriori traduzioni e spiegazioni retoriche di sorta. In questo vi esorto cari riminesi: a riprenderci un pezzo di vita rubata; vi esorto a restituire ogni nostra singola colpa a chi, per anni, ha deciso sopra le nostre teste; vi esorto infine a chiedere conto in pubblica piazza, e non nelle segrete stanze del finto municipio, a tutti coloro i quali hanno partecipato a questo sfacelo. Ognuno dovrà rispondere del proprio: promesse incluse. Ed ora, scendete da quella croce ed espiate ogni vostra colpa. 
 Ernesto Reali