giovedì 22 dicembre 2016

Poche idee, ma non confuse

Vivendo a Rimini ossia in Italia, la cui capitale è Roma, ed avendo a disposizione molto tempo causa dipendenza INPS, e memoria per gli accadimenti passati, causa tipica memoria dei vecchi, visti certi accadimenti politici, alcune considerazioni le vorrei condividere con voi. Ovviamente non hanno la pretesa di essere la verità, ma solo di fungere da stimolo alla discussione, che non sia solo la stantia ed inutile “pusghetta” contro chi “comanda” in quel momento; anzi vorrebbero essere una analisi, che potrebbe pur essere sbagliata, su chi si prepara a candidarsi a guidare la cosa pubblica. Non farò nomi per non offendere nessuno, perché non è mia intenzione; inoltre alla fine di questa esposizione, vedrete che in tanti riconosceranno tanti altri per ogni definizione. Da ciò è ovvio che non si riferisca a nessuna persona in particolare. Ritengo che il peccato originale, non emendabile da nessun battesimo, risieda nelle parole civico e civismo, siano esse usate in ambiti locali o nazionali. Il civismo solitamente è nato da un’idea di una persona o al massimo pochissimi individui. Più spesso nasce se non a ridosso, al massimo pochi anni prima di una competizione elettorale. Ciò comporta che per avere forza accolga al proprio interno di tutto; ritengo che ciò possa avvenire sia deliberatamente che involontariamente da parte di quei pochi che fondano tali movimenti. Ovvio che anche i partiti politici, strutturati, nazionali possano incorrere negli errori dei movimenti civici, ma l’esistenza in vita per anni, con ingrossamento delle fila dei militanti che avviene costantemente nel tempo, a mio avviso, crea quell’autodifesa, quegli anticorpi idonei a limitare i danni (sottolineo il limitare i danni e non evitarli) derivanti dalla presenza di chi vede nell’impegno politico, non l’occasione per fare il bene della società, ma per tutelare, ingrassare o perfino creare, i propri interessi personali. Ovvio che mi si possa replicare che anche i partiti politici nazionali si sono resi negli anni protagonisti di intrallazzi, collusioni con il malaffare e la malavita organizzata; che pure partiti politici nazionali hanno elevato a ruolo di amministratore pubblico persone prive di esperienza, titoli e formazione a tal fine, ma percentualmente negli ultimi anni ho la sensazione che paradossalmente coloro che si apprestavano e si apprestano a sostituire una classe dirigente spesso malandata ed impresentabile, siano peggio del male che vorrebbero curare. Avvocati, o più precisamente dottori in legge, privi di esame di abilitazione che siedono in poltrone dove si dovrebbe decidere come contrastare l’illegalità e le mafie. Dottori, che così scrivono di essere nel proprio curriculum, ma che in realtà bene che vada possiedono una laurea breve, quando addirittura non ne sono provvisti; altro non è che “captatio benevolentiae”, se non un vero e proprio tentativo di truffare o turlupinare l’altrui fiducia. Esperti che si definiscono tali solo per avere incontrato nella loro vita, per puro caso, il lavoro di “esperti reali”. Esperti che sono più di bell’aspetto che esperti. Così se hai avuto lo zio ricoverato in ospedale, abbiamo un ottimo candidato politico che si definisce profondo conoscitore della sanità e della sua gestione. Se uno possiede un’auto e con essa ha percorso un’autostrada, pretende che gli venga riconosciuto il titolo di esperto nei trasporti, e se è andato una volta fare la spesa, ecco che abbiamo un ottimo ministro del Commercio. Moralizzatori e castigamatti dei malcostumi, però solo altrui, spesso solo eroi da tastiera, che appena possono approfittano di ciò che fino ad un attimo prima hanno condannato; i più esperti, per preparare l’opinione pubblica, semmai anticipano le loro mosse con articoli giustificativi sui giornali, da riportare poi sui vari blog nazionali, in cui si invita ad approfittare di tutto e tutti, per non essere “cornuti e mazziati”. Abbiamo amministratori pubblici che rinunciano ad eventi o lavori, per timore di infiltrazioni del malaffare, ammettendo così di non avere le capacità di espellere la malavita dalla “cosa pubblica”. Poi scopri che ne avevano ben donde, avendo loro stessi rapporti con questi personaggi. Ci sono gli indagati, in Italia o all’estero, per reati finanziari, ma che si permettono di scrivere di come dovrebbe comportarsi il bravo amministratore, e se la magistratura indaga, il problema è la magistratura, non loro. Ma per apparire più belli in fondo basta definirsi sostenitori o promotori di qualcosa contro la mafia, proprio nel territorio che si vuole andare a colonizzare. Ci sono i cinquantenni senza lavoro, con una laurea che non ha consentito di trovarlo, con poca voglia di sporcarsi le mani, che ringraziano Dio per aver trovato un tour strapagato in Europa. Abbiamo evasori che non dichiarano affitti estivi od i propri redditi, ma che vogliono “libera” la propria città. Per non ricordare poi i volta gabbana, coloro che hanno più spesso cambiato bandiera che respirato. Queste figure, queste macchiette ricordano tanto “i ladri di Pesaro”, litigiosi, ma uniti se c’è da perseguire il proprio interesse personale. Ripeto, questi soggetti per me li si ritrova sia nei partiti politici che nei movimenti civici nazionali o locali di varie città, tutti infatti riconosceranno qualcuno o qualcosa, ecco il motivo per cui il mio è un discorso generale e non specifico, teso solo a stimolare una discussione che spero costruttiva. Voi che ne pensate ?
Pepito Sbazzeguti