mercoledì 21 dicembre 2016

Rimini Futura

E’ noto che a Rimini non c'è memoria storica che caratterizzi un’identità collettiva, un amore e rispetto per i monumenti che i predecessori ci hanno lasciato. Molto fece la guerra, ma tanto fecero gli amministratori pubblici che operarono nel successivo periodo. Oggi a tanti anni di distanza da quell’epoca, il fenomeno persiste e si manifesta non tanto nel demolire come in passato, ma nel ristrutturare malamente quel poco che miracolosamente si è salvato. Hanno ragione i personaggi riminesi che realmente si interessano di cultura, nel dire che “Non si possono trattare i monumenti storici come fossero quinte teatrali o scenari per il circo Barnum”, lo spiegano motivatamente e con cognizione di causa. Perché secondo i tuttologi che abbondano nell’Amministrazione, che non hanno bisogno di imparare nulla da nessuno, il presunto rilancio della Città dovrebbe passare per la cementificazione del Teatro, per le assurde piazze sull’acqua presso il Ponte di Tiberio, o per arene nel fossato del Castello che fossato non sarà; con la conseguente “sparata” dei 900.000 visitatori internazionali all’anno, fatta dal Sindaco. Un dato come al solito messo lì senza alcun supporto, ma facile da dimenticare nel tempo e impossibile da verificare. Una sorta di Disneyland romagnola, tramontato l’epiteto della famosa “capitale del divertimentificio”. L’altro aspetto della vicenda è che quanto sta accadendo, avviene in un ambiente ovattato da un doppio silenzio. Quello dell’Amministrazione che fa e disfa democraticamente nel massimo riserbo, per non avere fastidiosi disturbatori; e quello della Città che si risveglierà a cose fatte e che, pare di capire, di ciò non si preoccupa affatto. Un altro esempio? Il parco del mare. Ha ragione Renzi quando invita i riminesi a svegliarsi perché stanno vendendo il lungomare; forse lo farà per provocazione ma non potendo sapere nulla di quanto sta succedendo, potrebbe essere anche vero. Ecco cosa continua ad esprimere la Città. 
S. De Vita