martedì 27 dicembre 2016

Gli Anni Folli

C’è una mostra in una parte del teatro cittadino, sfuggita miracolosamente alla saga delle betoniere e più fortunata della residua area soggetta ad una ricostruzione poco filologica: Rimini negli anni 20, il decennio folle. Consiglio vivamente di visitarla, non con spirito nostalgico, ma in modo asettico valutando attraverso le fotografie la città di quel periodo. Ci si rende conto di ciò che Rimini era, con quale attenzione si dedicasse al turismo, allora nascente, ed alla qualità che si perseguiva. Altri tempi, ma soprattutto altre Amministrazioni che davvero si dedicavano a quel nuovo fenomeno che avrebbe poi fatto la fortuna della Città. E’ vero; da allora ad oggi i tempi sono cambiati, come pure i gusti e i modi di vivere degli italiani. Ma vedendo la situazione attuale, ci si rende conto che non vi è stata alcuna evoluzione per anticipare o perlomeno stare al passo con i tempi, o per mantenere un filo logico con quella eredità. E così specie dagli anni ’70 in poi, staccata la spina, chi ci ha amministrato ha saputo esprimere e ridurre la Città che vediamo oggi. Senza un progetto organico, con continui improbabili tentativi e temporanee ricette fai da te scopiazzate qua e là, che avrebbero la pretesa di rilanciare Rimini ai passati fasti, e che neppure il “triangolo delle Bermude” (leggi Fulgor, finto fossato malatestiano e Teatro Poletti) potrà fare. Sempre tornando alla mostra sembra poi che qualcuno, di Garampiana abilità, voglia far passare quel periodo in contrapposizione alla attuale e presunta rinascita cittadina. Paragone del tutto improprio e stonato, forzato solo dalla fantasia pubblicitaria della quale siamo ormai, purtroppo, assuefatti. Perché se quegli anni furono “folli” per ciò che stava, nel nostro caso, accadendo alla città ed al suo turismo, poi ne seguirono altri, ma folli in modo negativo. Una riflessione dopo avere ancora una volta, e con piacere, visitato il Foyer del Teatro; considerata la maestria e la grandezza, il Poletti, oggi, da serio professionista, avrebbe sicuramente ritirato la sua firma dal progetto.
 S. De Vita