giovedì 20 luglio 2017

Magrini&Dintorni

Per i pochi (?) che non lo sanno, Magrini è il segretario provinciale del Pd. Ufficialmente fa riferimento alla corrente di Orlando, ma nello stradario riminese il suo capo (da sempre) è Melucci. Molto meglio. Maurizio Melucci storicamente, come tutti nei Ds eccetto i radical chic come Chicchi e (dopo) Gambini faceva parte del correntone dei D'alema, Bersani e Errani. Per non vergognarsi troppo hanno scelto di camuffarsi dietro ad un personaggino come Orlando. L'odio dei renziani per la sotto-corrente, eccetto Zerbini, per cui è molto più gratificante un buon pranzo, è totale. Prima la sopportavano, convinti di avere trovato un vincitore di europee e..banche, oggi l'astio cresce in proporzione all'indebolimento di Renzi. C'erano, in tempi antichi due "personaggi" nel Pci (locale) che venivano additati come untori di sfighe. La fine di Renzi è più brutta. Torniamo al segretario in quota a Melucci. Bravo ragazzo, sempre agli ordini, un buon caporale, a cui per esigenze temporali e tattiche sono state consegnate stellette in..comodato. Attribuire a Juri Magrini la responsabilità della sconfitta è come incolpare la Vescovi di non avere vinto. Ambedue hanno espresso quanto potevano o permettevano loro di fare. Ha perso il Pd di Renzi, non le comparse in una scenografia rigettata dai cittadini. Queste sono le ragioni di fondo, le due badanti giornalistiche accompagnano sempre più riluttanti il partito che garantisce loro la sopravvivenza, come profughi dell'autonomia di pensiero, ma si odora nelle edicole che sta cambiando l'aria. Lo si vede dall'aumento del cerone al Cavaliere, sono riusciti a rianimarlo come un eterno Fidel..Castro. Cui prodest l'attacco a Magrini? Una risposta semplice perfino per il mio amato Morollino. Le elezioni politiche in primavera saranno un banco di prova. Intanto in settembre avremo la Rimini di Cagnoni a 5 Stelle. Bel colpo Presidente, meglio tenerlo buono Grillo, se ne intende di ..Borsa. Chi conosce leggermente il breviario del partito ha capito che il mestatore è (sempre) A Te Faz Arlotti, se non altro per la sua antica e corrisposta acredine con il citato (troppo) Melucci. La battaglia, come del resto anche negli altri partiti o sedicenti movimenti padronali, è una lotta per le agognate poltrone. Quelle che hanno fatto diventare così acido l'amico Camporesi. Se le elezioni regionali fossero andate diversamente forse Grillo non sarebbe stato così..truce. Rimani, caro Luigi uno dei pochi che poteva rappresentare degnamente uno zibaldone di fenomeni e arrivisti, con qualche timida ma scomparsa eccezione. A Te Faz si era legato mani e piedi a Renzi, per lui era l'occasione della vita scesa da un cielo democristiano. Nessuno era in sintonia con il bulletto come Tiziano. La battaglia è tutta qui, in un partito con una eredità troppo pesante per essere affidata a Franceschini, Zanda e..Gentiloni.