venerdì 21 luglio 2017

Un giorno di ordinaria follia giudiziaria

Riceviamo e pubblichiamo...contenti
Parte 1. Presso la sezione lavoro del tribunale di Rimini si è consumata la 5° udienza del processo avviato da Maria la ladra (nome di fantasia) contro il suo datore di lavoro: la catena di supermercati discount DI.CO. Maria era da 13 anni una dipendente modello, pluri decorata con avanzamento di carriera che immagino le siano stati assegnati con il rito della spada, come si conviene nel blasonato mondo delle cooperative. Eh si perché DI.CO., acronimo di Discount Coop, era di proprietà della COOP, quella della “La Coop sei tu chi può darti di più” che poi è la stessa di quello che al telefono disse “abbiamo una Banca” quando si tentò la scalata della Bnl. Era perché nel 2013 con un magheggio di finanza creativa industriale all'italiana la DI.CO. viene ceduta al gruppo TUODI’, e per contro il gruppo TUODI’ vende alla Coop le catene dei marchi Despar, Eurospar e Ingrande. È chiaro No? La concorrenza, quella ammantata dalla forma cooperativa cede a un suo concorrente privato, l’azienda che gli faceva concorrenza e per contro il concorrente, lo stesso concorrente privato, vende alla cooperativa COOP tre marchi sempre di supermercati. Un’operazione che, visto gli esiti, richiederebbe quantomeno il parere della task force di intelligence romagnola sulla banda del gioco delle tre carte o delle campanelle. Essi perché mentre la Coop è sempre quella di “abbiamo una banca”, la DI.CO. intanto è in concordato preventivo in attesa che qualcuno se la compri. Così succede che Maria dopo 13 anni di onorata carriera viene messa alla porta perché “Si è appropriata indebitamente di una vaschetta contenente 8 piccoli cavolini di Bruxelles ingialliti, destinati alla distruzione”. Insomma questa sfortunata reaconfessa si era permessa di rubare la monnezza del suo padrone. Monnezza non proprio e rubato nemmeno, perché in realtà quei cavolo di cavolini non erano marciti ma semplicemente si erano imbruttiti e secondo il disciplinare del datore di lavoro erano semplicemente invendibili e quindi andavano rimossi dalla mostra e scaricati dal magazzino al rusco: cosa che Maria aveva fatto con la diligenza che le appartiene. Non Solo! Maria, cresciuta professionalmente a pane ed etica cooperativa, aveva preso quei maledetti 8 cavolini di Bruxelles col beneplacido dei colleghi e del direttore del supermercato in onore a quel sano principio che il cibo non si spreca. Quindi di appropriazione si tratta, indebita vedremo. Vedremo si. Perché dal febbraio 2016 due avvocati impegnano un tribunale della Repubblica snocciolando sentenze, statuti pre e post fornero, ognuno stancamente affranto dalla pochezza del contendere che però vale il posto di lavoro di una persona che intanto da quasi due anni è rimasta a casa “per giusta causa o presunta tale”. Mi domando se tante risorse pubbliche non sarebbero meglio spese in un’indagine, anche solo del garante della concorrenza e mercato, su un’operazione di finanza industriale creativa che di fatto ha trasformato Maria da dipendente modello a Maria la ladra semplicemente perché oggi Maria è un peso che vale meno di 8 piccoli cavolini di Bruxelles, ingialliti. 

Giorgio Cerasani