domenica 9 luglio 2017

Proviamo

A riflettere. Quando il turismo a Rimini era largamente la prima industria e la Fiera, senza Palas, ancora non distribuiva indotti e dividendi da favola vicentina, si poteva parlare di una "primitiva" scienza che non aveva eguali, ma molti imitatori. Non era composta solo da improvvisazione e fantasia, dettate dall'improvviso scoppio della bolla di richieste, creammo, pur con tanti errori, un sistema vincente. Il ruolo della promozione si integrava con l'intrattenimento per migliorare il Prodotto Città. I due attori principali del modello, il pubblico e privato, sembravano viaggiare in sintonia. L'uno offriva servizi importanti atti a coprire richieste che si dilatavano in estate (cinque mesi), l'altro composto da una imprenditoria arrembante, tendeva ad aumentare la qualità dell'offerta. Premessa neanche tanto lunga per chiedere di smettere con la "stronzata" che vuole dipingere (ancora) Rimini come la capitale della notte, perfino rosa. E' stato un mondo marginale anche nel periodo di massimo splendore turistico, richiamarlo è ridicolo. Gli avventori sono ..indigeni della provincia. Quando eravamo un riferimento nel mondo turistico esistevano impostazioni, accettate da tutti, tese a riconoscere diritti ed interessi, partendo dalle più banali questioni. Esempio: i fuochi d'artificio. Era consuetudine lanciarli verso le 22, permettere di divertirsi ma concedere anche il giusto riposo. Altro esempio (non banale): gli eventi venivano spalmati su tutto il territorio, con certosina attenzione agli equilibri e soprattutto impostati sulla promozione e..gratuità. Troppo facile e recidivo andare sul porto, inventare un evento sostenuto da 10 o 100 venditori di birra ed affini che, al netto della propaganda di regime, non portano nessuno, ma tolgono agli esercizi, costretti magari a pagare 30/40 mila euro d'affitto, i clienti rimasti. Lamentarsi dell'arrivo dei kebab non ha senso, la colpa è di questa politica demenziale. Il classico strumento di riferimento di un tempo erano i comitati turistici, gestiti forse in termini troppo collettivi, ma ricordo che era buona regola per bagnini o albergatori non andare ai banchi della distribuzione per non creare indebite concorrenze. La quantità di questi eventi veniva gestita con parsimonia, onde evitare lo svuotamento delle tradizionali passeggiate e dei tanti esercizi (allora) presenti. Qualcuno potrà dire che i comitati esistono ancora, ma i più sono direttamente gestiti da bagnini. E' la festa del bagno fino al..bando. Si ripete il più classico dei vizi riminesi, invece di correre assieme, si frega il concorrente. Venivano definiti Sagre, non si usava il "together", il pesce era offerto e la ciambella, vino e cocomero erano doni diciamo popolari. Le uniche manifestazioni alternative accettate, erano quelle di grandi aziende che organizzavano eventi per reclamizzare il proprio marchio, senza vendita di nessun tipo di prodotto. Uno spaccato sintetico che dovrebbe indurre a riflettere. La Notte Rosa, regina di queste feste, viene ormai liquidata dagli amici riccionesi come il congresso degli ubriaconi da lungomare. Partita dal filone delle Notti Bianche di veltroniana memoria, subito cancellata dai romani, a Rimini è diventato obbligo sindacale non dormire per almeno 6/7 notti all'anno. La sagra degli eccessi. Un apparato pubblico spaventoso ma funzionante, con spese pazzesche per garantire cosa? Perfino Melucci ha sentito il dovere di chiedere quanto ci costa. Non ha mai rivelato però il consuntivo dell'Anno che Verrà. 

PS Al confronto era roba da educande.