lunedì 6 agosto 2012

Non è la Siccità

Il nostro fiume Mareccha, e non solo lui in provincia, è oggi per grande parte un bacino secco e ostile alla vita. Ciò accade nonostante che vi siano precise disposizioni di legge nazionali e regionali risalenti già agli anni ottanta che ne prescrivono la protezione e conservazione. E' infatti proibito e considerato reato attingere dal fiume in modo tale da compromettere il deflusso minimo vitale. La condizione odierna del nostro fiume è dovuta ai numerosi punti di prelievo agricolo, industriale e per uso civile che lo interessano; quelli autorizzati sono oltre cento. Della situazione delle nostre risorse idriche fluviali e della condizione di mancata conservazione della integrità idrica del bacino del Marecchia sono tutrici e responsabili gli enti e le Autorità di Bacino oltre il servizio Ambiente della Provincia. Ora gli agricoltori denunciano il danno che hanno dalla siccità e invitano a sfruttare ulteriormente il fiume Marecchia chiedendo deroghe ai prelievi. Inizia quella che si può considerare una vera e propria battaglia dell'acqua; agricoltura contro uso civile e turistico. Principale vittima il nostro fiume, l'entità che la legge prescrive di preservare. Le soluzioni per mitigare i problemi e superarli esistono e porterebbero grande beneficio ambientale ed economico. Sono soluzioni proposte ormai da diversi decenni ma che sono sistematicamente ignorate, se non derise. Infatti il nostro territorio è ricco di acqua che potrebbe essere utilmente utilizzata. Il solo depuratore di Sanata Giustina produce oltre 100mila metri cubi di acqua al giorno, tanto più in estate con l'ingente flusso di turisti. I depuratori della valle del Marecchia sono nelle stessa condizioni, producono acqua che si può utilizzare sul posto e canalizzare, preservando e integrando così le acqua preziose del nostro fiume che sostengono e alimentano le falde. Le acque del depuratore riminese con poco sforzo si possono raffinare e poi arrivare ad irrigare fino a San Martino dei Mulini che risulta essere ad una altitudine di meno di 40 metri, rispetto ai 23 di Santa Giustina. Da qui tutti i territori agricoli fino al mare, a destra e a sinistra del fiume Marecchia. La considerazione ultima vale per ogni depuratore presente sul territorio provinciale. I vantaggi sono numerosi: si ha acqua disponibile a basso costo; l'acqua rilasciata nei canali e nei campi permette anche un naturale rifornimento delle falde per usi più nobili; non si disperde acqua depurate in costa che è responsabile del fenomeno dell'anossia che danneggia le qualità delle nostre acqua di balneazione oltre ad impoverire il nostro mare. Per questi motivi si dovrebbero rivedere le politiche del ciclo integrato delle acque che oggi prevedono la concentrazione della depurazione della valle del Merecchia e nord della provincia nel depuratore riminese e la successiva dispersione delle acqua depurate in mare. Queste politiche non tengono conto delle disposizioni di legge che prevedono la conservazione dei flussi nei nostri corsi d'acqua. Altra questione riguarda il Canale Emiliano Romagnolo, da considerare come possibilità per il nostro territorio solo dopo avere ottimizzato l'uso delle ingenti risorse idriche che oggi disperdiamo e buttiamo con grave danno per l'ambiente. Quei 90 milioni di euro previsti per il canale potrebbero ben meglio essere utilizzati dal Consorzio di Bonifica per recuperare l'acqua riminese che oggi c'è in abbondanza e non sperare nel futuro in quella del Po che già oggi non c'è.


ivan innocenti