domenica 8 gennaio 2012

L'Eccezione

Nel Paese in cui le eccezioni sono regole e per pesi uguali si usano misure diverse, non vi è da stupirsi se la normalità diventa enormità e un motivo di condivisione si trasforma in motivo di scontro. Al netto di una componente di spettacolarizzazione francamente lampante (per fare gli incroci dei dati sulle autovetture, basta essere capaci di far funzionare decentemente l’anagrafe tributaria), per location e tempistiche prescelte, l’azione di controllo svolta dall’Agenzia delle entrate il 30 dicembre scorso a Cortina è di quelle che dovrebbero costituire la parte assolutamente prevalente degli interventi e delle attività dell’amministrazione finanziaria. Niente accessi in aziende, negozi e studi professionali per verificare a prescindere la documentazione contabile, disconoscere la deducibilità di un po’ di costi e “generare” un po’ di ricavi figurativi al valore normale; niente applicazione automatica di strumenti statistici con la pretesa di invertire l’onere della prova sulla sola base delle loro risultanze. Niente di tutto questo: si va sul territorio, si toccano con mano le situazioni reali, si annotano le incongruenze e da lì si attiva il percorso di selezione dei soggetti nei cui confronti avviare verifiche. Meno automatismi e attività impiegatizia tra quattro mura, più riscontri diretti sul territorio e attività investigativa: lo diciamo, critici, quando troppo spesso l’amministrazione finanziaria fa il contrario; lo confermiamo, convinti, quando ogni tanto lo fa. Senza dimenticare, per altro, che era il 30 dicembre anche per chi faceva i controlli ed è rimasto in alcuni casi fino alle 6 del mattino: avercene di pubbliche amministrazioni capaci di perseguire la propria mission con questa flessibilità organizzativa. Ed è qui, però, che arriviamo al punto da cui si origina il più che comprensibile e condivisibile malessere anche in chi evasore fiscale non è: possibile che la pubblica amministrazione più efficiente di questo Paese sia l’unica che non ha come compito istituzionale offrire dei servizi ai cittadini, ma controllare che paghino per dei servizi offerti in modo, appunto, assai meno efficiente? Possibile che, per rimettere in equilibrio il bilancio dello Stato, si faccia leva per due terzi sulle entrate e solo per un terzo sulle uscite? Possibile che, quando a rischio fallimento sono aziende private, i dipendenti finiscono in cassa integrazione, mentre, quando a rischio fallimento è lo Stato, parlare di esuberi nel pubblico impiego rimane un tabù, anche se i risparmi di spesa potrebbero essere usati per rilanciare l’occupazione nel settore privato? Possibile che i conti correnti dei cittadini debbano essere resi accessibili e trasparenti come in nessun altro Paese,ma che nemmeno una commissione ad hoc riesca a dire, in modo altrettanto accessibile e trasparente, quanto guadagnano parlamentari, consiglieri regionali e componenti apicali delle pubbliche amministrazioni? Vi è per altro di che essere certi che la gran parte di coloro che il 30 dicembre a Cortina ha adempiuto ai propri doveri d’ufficio la pensi allo stesso modo e si senta, a buon diritto, sbattuto in prima linea a combattere una battaglia per una classe politica inadempiente che, oltre tutto, è pure pronta a sparargli contro per opportunismo elettorale.Così come vi è da essere certi che, chi ha con professionalità e sobrietà svolto il proprio compito a tu per tu con i cittadini, poco avrà gradito un comunicato stampa in cui bastava far parlare i numeri e in cui sono stati invece inseriti incisi dal sapore ironico e per nulla istituzionale che non aiutano affatto il loro lavoro e trasformano pericolosamente in player della comunicazione politica un ente tecnico dotato di poteri investigativi e coercitivi ormai formidabili. Alla fine, il problema rimane quello che, più di tutti, proprio i commercialisti italiani onesti e i dipendenti dell’amministrazione finanziaria non prevenuti conoscono e comprendono: sconfiggere l’evasione fiscale è possibile, ma sconfiggerla nell’invarianza complessiva di tutto il resto, dai privilegi della politica, alla ridondanza e numerosità dei livelli di rappresentanza, passando per i mega stipendi dei vertici della pubblica amministrazione e per la totale inadeguatezza degli strumenti e dei poteri in materia di lotta alla corruzione e agli sprechi, significa gettare le basi per un conflitto sociale, più che per una giustizia sociale.Sarebbe bello riuscire a dirlo insieme al Paese. Noi, per parte nostra,inaudita altera parte, è già da un po’ che ci proviamo. 
enrico zanetti direttore di Eutekne.info
inkiesta.it