martedì 18 settembre 2012

Dopo Grillo

Grillo è la conclusione di questa parabola di distruzione dei partiti e con essa della trasformazione del cittadino da partecipante a audience. Grillo nega di essere un capo partito, ma dice di essere un megafono; lui porta la voce di tutti, è il portavoce di una massa di persone, come se la massa non avesse diverse idee, come se non fosse composta di una pluralità di voci, interessi, persone. La politica come megafono è l’incoronamento del plebiscitarismo dell’audience. Il Movimento 5 Stelle rifiuta l’organizzazione, ha soltanto la rete, e la rete come sappiamo non ha organizzazione articolata per incarichi e responsabilità, è volontaria e orizzontale; vi si entra e si esce in ogni momento, e soprattutto non ha piramide, ha soltanto gente che da dentro casa propria (nello spazio privato per eccellenza) sta a parlare e chiacchierare, e che soprattutto è strutturata secondo identità: non si entra nei siti di coloro con i quali si dissente. I siti sono “nicchie” identitarie. Questo è il partito solo rete: la santificazione del partito liquido. È un mondo orizzontale, un reticolato di persone che stanno in orizzontale e rifiutano il verticale, il quale c’è, ma solo in quanto megafono. Grillo rappresenta la trasformazione che una democrazia può subire quando non ci sono più i partiti: da democrazia di cittadini organizzati secondo la loro opinione a una democrazia della massa disorganizzata che si identifica ed è fondata da gente identificata nel megafono. Gente invece di popolo, massa invece di cittadini diversi. Lo stesso partito non partito, lo stesso partito-dis-organizzazione (che è questo movimento chiamato cinque stelle) sconterà prima o poi il paradosso della sua esistenza e della sua identità perché nel momento in cui produrrà eletti che entreranno nelle istituzioni dello stato questi o si faranno partito essi stessi o staranno lì per se stessi individualmente, fuori da ogni controllo, senza dover rispondere a nessuno. E sarà un problema enorme per la democrazia. L’organizzazione, il partito, ha una funzione non soltanto di formazione di una classe dirigente, ma anche di controllo sugli eletti. Ecco perché è una grandissima istituzione democratica. Sono i partiti, l’equivalente dei corpi intermedi di cui parlava Montesquieu, che svolgono una funzione di limitazione, controllo e sorveglianza del potere. Ma se questi strumenti di controllo vengono meno? L’elezione da sola non controlla il potere, lo limita soltanto nel tempo, perché si va a votare ogni quattro, cinque anni, ma nel frattempo non ci sarà alcun sistema di controllo degli eletti, che quindi risponderanno solo a se stessi, poiché, come sappiamo, non abbiamo un sistema di mandato imperativo.
nadia urbinati