sabato 30 maggio 2020

I Cuchel

Oggi mentre stavo correndo senza mascherina, né elicotteri guardie improvvisate, quelle tanto care a De Luca, e droni a seguirti nell'esercizio della libertà d'esercizio civico vero, mi sono imbattuto nell'agonia di un gabbiano. Bello, grande... Annaspava a riva poco prima della battigia. Ho tentato di fingere indifferenza, passare oltre. Ho accelerato la corsa... Poi son tornato indietro e sono rimasto seduto affianco a lui. Ho immaginato in quei momenti di infinita tristezza fossi al capezzale di un capo indiano. Era lì solo come un gatto che si nasconde... Il suo ambiente è il territorio invaso dai visi pallidi, nei suoi occhi bellissimi che mi fissavano imploranti un volto diverso. Nessuno dei suoi. Gli ho detto: "Non sono Dio. Non posso salvarti. Posso solo condividere con te questo momento". Non mi ha fatto pena. Mi ha fatto sentire vivo! A casa la moglie mi dice che sono nervoso. Ha ragione. È sempre difficile vedere spirare un essere vivente. Poi un gabbiano. Ciao Jonathan ... Mi hai insegnato ancora una volta la solitudine della libertà. Spero che ti ricorderai del tuo amico uomo grande capo dell'immensità del cielo. Io come te sono un Cuchel: "a viag cuntra vent (spint sempre più indre dalla bufera) e a no paura d'la bufera". 
P. S. Non è una metafora. 
Roberto Urbinati