mercoledì 6 maggio 2020

La Consegna

Avevo una consegna da fare, e scendo di sotto in cortile. Primo Maggio oggi. L'aria fuori dalla porta di casa era già profumata: credo i tigli poco lontano, nel Parco senza nome che si trova a metà di via delle Rimembranze e che è già fiorito, come quello di fronte a casa. Decido di prendere la bicicletta e parto. Riconosco gli odori della città, è la cosa che amo di più ed è uno dei ricordi consueti più belli del periodo in cui viaggiavo solo in scooter o da ragazzo: avevo imparato a riconoscere l'odore delle varie parti di Rimini, mi piaceva che variasse man mano che procedeva lungo la mia strada. Nel silenzio della strada sento il rumore dei miei passi sull'asfalto, nel tepore di questa giornata di piena primavera. Devo andare verso viale Principe Amedeo, che per i riminesi è il viale nobile. Dal centro cittadino va diritto verso il mare, interrotto dalla ferrovia e dal sottopassaggio del grattacielo, per poi proseguire fra due linee ininterrotte di alberature alte e ville di quella borghesia che ai primi del Novecento si spostava dal centro della città verso il mare, a cui si aggiungevano le ricche famiglie delle città vicine, da Bologna e persino da Milano. In fondo a questa via c'è il Grand Hotel, e una volta era l'unica spiaggia attrezzata, quella che i Conti Baldini, nella metà del 1800, decisero di offrire alla nobiltà europea che scopriva il viaggio di piacere veros i bagni di mare. Poi la città si estesa, e così la spiaggia colonizzata dai turisti: dieci chilometri a destra e dieci a sinistra di questa via, e questa è la Rimini che voi conoscete. Mi ferma una pattuglia di Carabinieri. Silenziosa, annoiata. Chiede i miei documenti, l'autocertificazione. Controllano tutto, fanno un paio di telefonate. Grazie per il suo servizio mi dicono, e mi fanno ripartire. Grazie a voi rispondo. Ho deciso, nel tornare verso casa, di allungare il tratto consueto passando prima per il molo di Rimini. Il Primo Maggio nei miei primi ricordi era sul porto. C'erano le giostre, e gente, e la luce che ha la primavera a Rimini, si veste di festa e di estate, ne prende i colori e i suoni, ed è solo un poco più fresca, l'azzurro del cielo è più intenso e variabile. Le bancarelle con tutto quello che poteva entusiasmare un bimbo: e la piadina e il profumo della cipolla alla piastra e della salsiccia, e la musica. Veniva anche la ruota: poche lire per fare un giro e vedere il porto dall'alto infilarsi con il suo braccio dentro la città a frugare, e con gli alberi delle barche uno di fianco all'altro, ondeggiare al muoversi leggero del mare in una giornata calda, calma e senza vento. Al sole e al caldo di quando sono uscito si sostituisce un vento leggero ma teso, senza rinfrescare troppo. Porta il profumo del mare, forse anche qualche goccia. L' odore della sabbia bagnate e del sale, delle alghe. Arrivo sul molo e si fa più forte l'odore di salsedine, si mescola a quello dei tigli e alle conchiglie e al pesce che da qualche parte si sta decomponendo. È un odore ferroso, pieno di gusto, arriva a folate leggere portato dal vento che prima ha battuto la spiaggia, ha spostato qualche duna, si è gonfiato e ha respirato sul mare. La plastica al sole del tendone del pattinaggio, il suo sentore forte che sa di sole, di estate, di divertimento. Ancora qualche nube, il sole inizia a scomparire. Così silenzioso, così vuoto il molo. Il mare si muove piano, un peschereccio ha il motore acceso, vedo una persona apparire e scomparire a bordo. Se mi guardo intorno, lungo i viali del mare, lungo la strada che costeggia il porto e passa a fianco della Capitaneria, del faro in marmo bianco, guardo al di là del braccio del porto verso il muraglione della darsena, quel pescatore è l'unica persona che vedo. Un gabbiano, poi un altro passa radente l'acqua, muove qualche schizzo e poi vira verso l'altro. Sento il loro verso, sono una decina e si parlano fra loro: sembra che non si preoccupino del fatto che io li stia ad ascoltare. 
Zerbini Samuele
 #europamoltoamore #rimini