domenica 5 aprile 2020

La Distanza dalle Cose

La distanza dalle cose consuete ed amate, il tempo il cui presente si allunga e deforma nel non ancora e nelle proiezioni future, la sofferenza dell'assenza del fluire mi porta a desiderare un oggettivo legame con le consuetudini amate. Un sassolino raccolto in una valle alpina, la foto di un antico amore ormai dimenticato, un profumo. Sì, desidero un profumo e un colore e un sapore che mi riporti ad un qualsiasi momento del mio viaggiare. Questo è il caffè alla Vietnamita, che ho bevuto da solo la prima volta, in un ristorante orientale di Londra, vicino ad Oxford Circus una sera che aveva piovuto. E poi ancora, con una persona amata lontana e segreta, e poi ancora. Percola l'acqua bollente e perde il suo vigore, attraversando lo strato compatto di caffè. Qualche onda di vapore profumato si alza man mano che le gocce cadono nel bicchiere. E nel bicchiere, vestito di bianco, sul fondo riposa come una sposa alla fine della festa il latte condensato. È la festa del matrimonio fra la povera latta di questa caffettiera, il caffè in polvere sottile, e il latte condensato dolce denso. Quando è pronto si toglie, da sopra il bicchiere, questa latta di caffettiera e si avvicina lento alla bocca. Il profumo è delicato ma ti punge lì, dove i ricordi sono le mattine a casa dei nonni e i rumori dalla cucina, la caffettiera a rumoreggiare sulla stufa economica, o quelle giornate dove c'è troppa neve e bevi il caffè per noia e per passare il tempo. È un caffè da meditazione. Da bere mentre si parla con un'amica e non le si dicono tutti i segreti, ma quasi. Così sono a Londra, così in Londra sono in tutti i luoghi che amo, e il caffè è solo un buco della serratura, il suo marrone profumato d'oro e di sole mi porta a vagare sui treni che ho viaggiato, nei vagoni ristorante o nei caffè delle stazioni. Il caffè che bevevo in una casa slovena di un profugo bosniaco mentre suonava alla radio una canzone degli anni ottanta e lui non smetteva di versarlo e sua figlia non smetteva di parlare con me e i suoi occhi erano il mare di Rimini e della Croazia. Era il tempo perduto in un aeroporto in attesa di un aereo in ritardo, che mi riportava in Italia. In un caffè vietnamita questa sera mi tengo stretto fino all'ultima goccia la verità che sembra raccontare, in una lingua sconosciuta. 
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Samuele Zerbini