mercoledì 17 dicembre 2014

Guerra alla Russia: come finirà?

 Caro Lugaresi, rispondo alla tua domanda su quel che avverrà o meglio: potrà arrivare nei prossimi giorni e settimane sul “fronte russo”. Domanda innescata anche da una simpatica provocazione dell’amica Elena Cipolletta che scrive: “Il Cancelliere aveva previsto tutto, ma adesso?” Preferisco non citarmi (ormai lo fai sempre tu anche troppo…) ma sono convinto che le previsioni che avevo fatto di uno scontro durissimo si avvereranno prima ancora di quanto anche i pessimisti prevedono. In effetti, il crollo della moneta russa a seguito delle sanzioni e della manovra americano/saudita sul prezzo del petrolio era facilmente prevedibile. Una tra le svariate opzioni di guerra americane. Ma va inquadrata in quello che da molti anni credo sia il vero contesto delle relazioni U.S.A/Russia, contesto che anche commentatori validi sembrano non capire, o perlomeno cercano, in buona o malafede, non credere possa arrivare a conseguenze così estreme. Invece ci arriverà. Parto da una frase che a trent’anni di distanza ricordo ancora, praticamente a memoria, del Senior Editor della “Rivista Italiana Difesa” Ezio Bonsignore. Siamo nel 1984. Egli scrisse che lo scontro U.S.A./U.R.S.S. (ma non cambia se leggiamo U.S.A/Russia) è uno scontro non ideologico ma “di civiltà”. E nonostante scrivesse su una rivista certamente non pro-russa o (allora) pro-sovietica, profetizzò che “anche se la Russia diventasse il Paese più democratico del mondo e gli Stati Uniti una monarchia feudale e ereditaria, essi saranno sempre nemici, e la guerra non finirà mai”, fino alla scomparsa di uno dei contendenti. Ho sempre pensato che Ezio Bonsignore avesse (anzi ha, perché è vivo e vegeto, grazie a Dio) ragione. Questa analisi, che ho sempre tenuto a mente, deriva dalla semplice constatazione sempre fatta all’epoca da Bonsignore che l’U.R.S.S./Russia controlla una parte immensa del territorio e delle ricchezze mondiali, inoltre, e questo lo dico io, ritiene di poter svolgere una politica autonoma e non semplicemente vassalla rispetto a quella degli Stati Uniti o, ancor più esattamente, delle oligarchie finanziarie di cui gli Stati Uniti sono il potente e attivissimo braccio armato “globale”. L’equivoco di una coesistenza pacifica tra una potenza che vuole e non può che essere totalmente egemone e un’altra che lavora per un mondo multipolare, cioè fatto di stati sovrani, non può che portare ad una guerra tra le due con il tentativo della prima (sicuramente più potente, sia militarmente che finanziariamente) di distruggere la seconda. Anche con l’aiuto di uno stuolo imponente di stati vassalli (Europa, Petrolmonarchie del Golfo, Canada, Australia, Giappone, ecc.) Questo già spiega gli avvenimenti di questi ultimi mesi, degli ultimi giorni e di quelli che verranno. La volontà della potenza egemone non è, come potrebbe pensare qualche ingenuo, puramente e semplicemente classificabile come “cattiva”. La morale, se c’entra, c’entra fino a un certo punto. Almeno nell’analisi storica e dobbiamo farcene una ragione. Ciò che conta, nel rapporto tra stati -specie per gli anglosassoni e i tedeschi- è la pura forza. “Dio sta sempre coi battaglioni più grossi” diceva Federico il Grande. Quindi la “straordinaria” aggressività Usa è puramente e semplicemente una necessità assoluta di un sistema che, come l’antica città di Roma, rispetto all’intero Impero, assorbiva oltre metà delle ricchezze. L’odierno sistema Imperiale ha le stesse finalità e ha quindi necessità primaria e inderogabile di “espandersi e controllare” fino agli estremi limiti del mondo. Pena la decadenza. Bisogna intendersi naturalmente su cosa si intenda per “espandersi e controllare”. Per gli Stati Uniti l’interesse è semplicemente quello di controllare i flussi di ricchezza, non le popolazioni che ormai sono tenute a bada dalle singole élites finanziarie nazionali, direttamente facenti capo a Washington attraverso i mezzi di comunicazione. Queste èlites sono mantenute e protette oltretutto per poco più di trenta denari. Su questo argomento ricordo e raccomando come lettura il n. 4 di Limes dell’anno 2004 intitolato “L’Impero senza Impero”. Lì il lettore che volesse approfondire, quel che non posso fare io in un paio di paginette, avrà agio di farlo, divertirsi ed imparare. Quindi la lotta tra Stati Uniti e Russia è una lotta mortale tra due modi di vita e due civiltà e non finirà con un “compromesso” come qualcuno pensa, ma solo attraverso la fine dello Stato Russo in quanto tale. Questa, ovviamente, è l’opinione americana peraltro nota agli specialisti da almeno un decennio che quindi pone alla Russia l’alternativa tra soccombere o resistere. E’ chiaro che soccombere significa in una prima fase costituire un “governo” (come lo chiama Luttwak, ieri su Libero, “filo-occidentale”) che disarmi la Russia, la faccia ritirare da tutti i luoghi di influenza e, sostanzialmente, nella gerarchia feudale insita nel sistema dell’Impero la faccia ritornare quella che era ai tempi di Eltsin: un puro fornitore a basso prezzo di materie prime. Con la sua brava oligarchia di comando indigena e al servizio dell’Impero. Né più né meno di un’Italia o di una Estonia qualsiasi. Tuttavia la cosa non finirà lì. Questa volta gli Stati Uniti non intendono dare nemmeno in astratto una possibilità di ripresa al nemico. Cosa che è avvenuta col trapasso di potere Eltsin/Putin e la rinascita della potenza Russa. Quindi il grande spazio russo dovrebbe essere diviso in alcune decine di micro-Stati (soprattutto la Siberia) già ipotizzati e con i confini tracciati nella “teoria Breshinski” cui si ispirano soprattutto i nord europei che in questo quadro si ritagliano la parte del leone. Quindi quello che rispondo ai lettori e a Te, è che: o si realizzerà in breve la speranza di Luttwak di un golpe anti-Putin o, più esattamente, “antinazionalista” e la Russia accetti il suo destino, prima di Stato vassallo, poi di sminuzzamento territoriale, e perdita totale di sovranità. Oppure resisterà fino alla fine, ma dovrà farlo sapendo che il prezzo da pagare sarà più alto di quello della guerra ’41/’45. Concludo con una piccola annotazione su quello che è forse stato l’errore più grave commesso dalla leadership russa: dare un qualche peso alla cosiddetta “Europa”. Lo ha ammesso ieri lo stesso Ministro Lavrov. E devo dire che è stato un errore grave. L’Europa non esiste, poiché ormai nuovi Stati dell’Est, totalmente controllati dagli Stati Uniti, hanno largamente sovrastato gli interessi dei vecchi Stati dell’Unione scesi fortemente di rango tra gli stessi vassalli. Oramai la politica “europea” è dettata da Varsavia, Baltici, Svezia e Gran Bretagna con l’unica incognita della Germania che, apparentemente, sembrerebbe giocare un ruolo moderatore, ma credo non abbia mai dimenticato la sconfitta del 1945. Con ciò ha fatto la sua scelta di campo. E non certo pro-Russia. Quindi niente Merkel. Vi sono punti deboli nel sistema americano per la distruzione programmata del secolare nemico? Pochi, direi. Ma vi sono. Molto costosi però in termini di sacrifici. Nell’attacco Usa si nota una certa fretta dovuta al timore, evidentemente, che gli sconvolgimenti geopolitici creati comunque da questa guerra possano destabilizzare i vassalli europei oltre il tollerabile. Come in effetti avviene. Non che gli U.S.A. se ne interessino molto (di vassalli), ma oltre un certo segno non possono andare. L’altro punto debole o più esattamente incognita è rappresentato dalla possibile reazione militare Russa dovuta alle tradizioni e all’orgoglio nazionale.Tutta la filosofia bellica degli Stati Uniti creata dal Pentagono è basata sulla scommessa del non uso dell’arma nucleare. Su queste basi la loro vittoria è certa, poichè se la guerra rimarrà sul piano economico e militare. convenzionale la sproporzione di forze è troppo evidente, e i fatti di queste ore lo dimostrano. Diverso è se la scommessa degli strateghi del Pentagono si rivelasse sbagliata. Com’è perfettamente possibile. Poiché nessuno in Russia (salvo ovviamente le nuove èlites filo occidentali invocate da Luttwak…) può più farsi illusioni su quello che sarà la fine del loro Stato e della loro civiltà al termine di questa guerra, si potrebbero creare scenari militari diversi, e allora l’Europa, anche quella del nord che spinge per la guerra (convenzionale) potrebbe cambiare idea, trovandosi direttamente coinvolta. Purtroppo ho dovuto riassumere concetti complessi e che derivano da fonti vaste e discusse in poche pagine e me ne scuso. Tuttavia sei stato così gentile che ho cercato di spiegarti il mio punto di vista. Sicuramente non ortodosso, ma così è… Con stima.
 Il Cancelliere

P.S.
La foto di Giulietto Chiesa l'abbiamo messa noi. La prima vittima dell'Impero del Bene.