martedì 24 gennaio 2023

Giustizia nel Pallone


Non è sinceramente agevole, per chi ha masticato e celebrato diritto e giustizia per decenni, comprendere e commentare quel che è maturato, nelle menti dei componenti della Corte d’Appello Federale nello spazio di poche ore, quel nerissimo venerdì 20 gennaio 2023. Questa data deve essere ricordata non solo da chi si occupa di calcio, ma anche e soprattutto da coloro che ancora vedono nella Giustizia (quella vera, quella con la G maiuscola) il momento di equilibrio tra rispetto delle regole e adeguatezza delle sanzioni e delle procedure, tra la necessità di reprimere le violazioni e la doverosità del chiaro loro accertamento. Possiamo dire che questi principi basilari siano stati osservati e rispettati dalla Corte e dalle procedure che la stessa ha rigidamente voluto interpretare? Prima di dare una risposta al quesito, è opportuno rammentare alcuni aspetti grotteschi di questa vicenda giudiziaria. Innanzitutto, siamo passati da un processo già chiuso e che solo la Procura Federale avrebbe potuto chiedere di riaprire (quindi, con una Corte Federale impossibilitata ad agire motu proprio), ad un appuntamento giudiziario, dedicato in primis a verificare tale possibilità, trasformato in un vero e proprio processo (anche) di merito, celebrato sostanzialmente in grado unico e senza la reale possibilità per le parti accusate di porre in essere una seria attività difensiva (ad esempio, fornire prove per testi o per altra via contrarie a quelle dell’accusa). Non solo, ma in questo contesto kafkiano l’organo giudicante si è dimostrato “più realista del re”, quasi raddoppiando le sanzioni richieste da quella Procura che, come ho sottolineato, avrebbe anche potuto non attivare il potere della Corte di riaprire i giochi. 
Piero Calabrò