martedì 11 ottobre 2016

Chi mischia (veramente) le mele con le pere?

La "Piazza" fa paura. Se non ne siete ancora convinti, leggetevi i giornali di questi giorni avendo la premura di non comprarli, ma chiedendo al bar la copia del giorno prima (l'informazione è una cosa seria, lasciate che sia il Governo Renzi a foraggiare chi non la fa). Le centinaia di persone che sabato scorso hanno riempito la Piazza antistante il balcone del Sindaco, in difesa del sistema comunale che gestisce gli asili e le materne pubbliche, hanno fatto scattare l'allarme rosso. Ed un simile pericolo non può essere affrontato muovendo solo i pedoni, salariati con i gettoni di presenza in Consiglio Comunale. In una polis matura, giunti a questo punto, occorrerebbe iniziare a rispondere sul tema, evidenziando le reali volontà politiche che spingono verso una soluzione rispetto ad un'altra; invece risulta più diretto affossare le ragioni della critica, infangando l'opposizione. La campagna contro la persona di Luigi Camporesi è oggettivamente gretta e strumentale. Se un politico della minoranza propone una sua lettura delle motivazioni e delle dinamiche che muovono il governo della città, sarebbe auspicabile venga affrontato con puntuali argomentazioni. Avanzare illazioni sul suo curriculum professionale e didattico, non risponde ad esigenze di trasparenza circa l'esternalizzazione tramite appalto del welfare educativo. La paura di affrontare le critiche mosse da lui e dall'opposizione che rappresenta, rischia di prestare il fianco a limacciose conclusioni nella cittadinanza. Dunque facciamo un po' di chiarezza, riportando la diatriba su costruttive basi razionali. La sussidiarietà educativa tra pubblico e privato a Rimini è già una realtà. Porto ad esempio la presenza ben radicata delle scuole private gestite dalla Fondazione Karis e di altre realtà di natura prevalentemente religiosa. I cittadini che hanno capienti redditi, possono liberamente rivolgersi ai servizi di questi istituti, scontando la ovvia condizione che i costi saranno coperti esclusivamente dalle rette versate; con buona pace del confuso Gennaro Mauro. Il punto è un altro. Il vero cambiamento si sta osservando nel segmento dei servizi educativi erogati dal settore pubblico. Di per sé l'esternalizzazione tramite appalto (se questo è redatto e gestito in modo trasparente e rispondente la legge), non può che migliorare il rapporto tra costi e benefici. Lo potrà fare se mette in competizione il maggior numero possibile di soggetti concorrenti. Ora la domanda è molto semplice: perché scontiamo come certo "l'evento futuro" che l'appalto sarà vinto da soggetti aventi la veste giuridica di società cooperativa di utilità sociale? Si dirà che non avendo scopo di lucro, hanno il DOVERE di non remunerare il profitto: un evidente vantaggio competitivo, intrinseco la natura stessa di questa particolare veste societaria. Il problema risiede nel fatto che questi soggetti godono anche di eclatanti agevolazioni fiscali. Sui bilanci di questi soggetti, ad esempio, non vi è traccia dell'IRES, scontano allettanti agevolazioni sulle imposte locali ed avendo la manodopera trasfigurata in "soci-lavoratori", i radar sindacali non possono intercettarli; in sostanza: "Ti piace vincere facile?!". Ora mi chiedo: Se i soggetti aderenti a Confcooperative o Legacoop (prossime a fusione) non hanno Spa, Sapa, SRL o altri soggetti economici che possono competere, quali sono i deterrenti che intralciano l'azzardo morale di colludere in cartelli? Chi me lo spiega tra l'Assessore Morolli, i consiglieri Bertozzi e Petrucci? Fate così: provate a chiederlo durante le riunioni di maggioranza e se vi risponderanno che ci pensano i Collegi Sindacali o l'autoregolamentazione interna alle loro Associazioni, aspettatevi un altro intervento.
Montalbano