martedì 4 ottobre 2016

L'Arca Della Alleanza


Ho un timore che mi rende serioso. Promana dalla faglia culturale che si è aperta a cagione del referendum del 4 dicembre. Non meno nell'animo di ciò che ancora può chiamarsi Sinistra, ma non escludo nessuno. Tuttavia parlo del mio passato e delle mie colpe. Non farò battute, né ironie da abaco per contare i voltagabbana in corsa e quelli fuori tempo massimo. La faglia farà sentire i suoi effetti tellurici a prescindere da chi vinca. Il nucleo della questione però sta in un concetto se volete semplice, in un paese complicato. Il seguente: chi vince si prende tutto, chi perde viene escluso o quasi. Vale sui tavoli verdi dei Casinò, non per le democrazie. Anche DC e PCI seppero trovare un equilibrio, con i partiti satelliti. Ma è altra storia. Ecco: ritengo questo sia un effetto molto pericoloso, vieppiù in un Paese che ha visto scemare l'interesse alla politica e crescere in modo esponenziale l'astensionismo, con il potenziale pericolo di catalizzare, accelerare una ulteriore limitazione della partecipazione. Mi sorge il sospetto sia questo il malcelato obiettivo! Anche se così non fosse, basta leggere fra le righe della riforma, presto sarebbe spiegata perché taluno parli di progressivo quanto inesorabile passaggio da una democrazia partecipata ad un oligarchia quasi compiuta. La degenerazione del modello non prevederebbe più il tentativo della maggior inclusione possibile, bensì quello della maggior esclusione del corpo elettorale. Almeno di quello che per ragioni storiche è più preparato, e, di appartenenze di nicchia, sarebbe disincentivato dalla previsione di un premio di maggioranza esorbitante, sproporzionato, siccome previsto dall`italicum, che sacrificherebbe sull'altare della governabilità la partecipazione di chi non si vuole adeguare, destra, sinistra o centro che sia la propria formazione. Cioè le forze minoritarie del paese sarebbero completamente escluse, quelle più incomprensibilmente particelizzate addirittura rese, forse giustamente, mera testimonianza di ciò che fu. Col tempo chi non si riconoscerebbe nei maggiori partiti non solo sarebbe destinato alla panchina, esclusi dal Parlamento, con un misero ruolo di rappresentanza catacombale, esclusivamente extraparlamentare o subparlamentare, con rivoli di società che, in quanto esclusa totalmente dalla partecipazione ed incline a non adeguarsi, potrebbe decidere per vie alternative, sempre più pericolose se l'andamento socio-economico del Paese continua non solo a stentare, ma a peggiorare. Le opposizioni con seggi alla Camera, godrebbero di un potere ma ulteriormente limitato rispetto a quello attuale. Non sarebbero mera testimonianza, ma avrebbero minori strumenti, capacità e forze per influire e pervadere l'opera della maggioranza. L'unica assemblea veramente elettiva rimasta rischia di trasformarsi, non in un bivacco per un manipolo di facinorosi, bensì nella sterile longa manus del governo, atta alla ratifica degli atti dello stesso e con un potere di impulso dalle leggi impoverito. Ecco e concludo perché Calamandrei auspico` nello spirito dei Costituenti di porsi dalla parte della minoranza, in una presunzione di minoranza per redigere gli articoli delle comuni fondamenta. Non entro per questioni di tempo nello stile, nel metodo usato, unilateralmente governativo, con voto di mera fiducia/e da parte del Parlamento...., oltre a quelle di merito. Il tempo è tiranno.
Roberto Urbinati